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di Wanda Marra

La difficoltà di comunicazione creata dalla tecnologia: recensione al libro di Andrea De Carlo

Telefonate, SMS, e-mail: in Pura vita, l'ultimo libro di Andrea De Carlo appena uscito per Mondadori, sono una sorta di paratesto, una narrazione che si muove parallelamente a quella della storia "principale", sovrapponendo una realtà "assente" ai gesti, alle parole, al vissuto dei protagonisti, un uomo e una ragazza.

Lui, il padre, fa lo storico e la sua vita sentimentale è sul punto di andare in pezzi, lei, la figlia, ha sedici anni, ed è in quella fase della vita nella quale sembra che la forza delle opinioni possa cambiare il corso delle cose. Mentre parlano di tutto, cercando ciascuno le risposte alle proprie domande, questa seconda realtà diventa pressante, si concretizza quasi "materialmente".

D'altra parte, lui, Giovanni, per sua stessa ammissione ha la "sindrome del visitatore", non capisce bene le forme, né le ragioni del luogo dove è capitato, attraversa le situazioni senza veramente sceglierle né rifiutarle. È allora perfettamente naturale che anche durante questo viaggio reale, insegua - o forse venga inseguito - da un'altra storia, da un altro vissuto: la sua relazione con M., donna appassionata, intelligente, vivace, piena di iniziativa ed opinioni, che gli chiede - senza tregua - una scelta progettuale, adulta.

Non è una relazione facile, né felice, quella di Giovanni e M. E le parole sembrano non servire a nulla, se non ad esacerbare le posizioni, ad accrescere l'amarezza. Lei continua a cercare una soluzione definitiva, anche di rottura, sottolineando tutto quello che non va, cercando incessantemente di condurre l'altro su posizioni chiare e riconoscibili. Lui ribadisce l'imperfezione e l'imprevedibilità della vita, alternando teorie filosofiche a slanci affettivi tanto istintivi quanto effimeri, creando continuamente nuove occasioni di contatto, per rifiutarlo ogni volta che si fa meno astratto e inevitabilmente più conflittuale.

Questo gioco si auto-mantiene e si amplifica grazie alle infinite possibilità di comunicazione: le telefonate, gli Sms, le e-mail. Ognuno di questi contatti non si esaurisce in se stesso, non si sedimenta nelle coscienze dei due attori in campo, ma semplicemente diviene la premessa ad un altro contatto, che tenta di correggere il tiro del primo, di aggiungere altri elementi alla riflessione, di mettere in luce aspetti che appaiono indispensabili. Ma il dubbio che la loro funzione sia in realtà tutt'altra, sfiora più di una volta la mente di Giovanni:

"Ma gli viene anche in mente come il suo cellulare e quello di M. sono stati a lungo un'estrema risorsa nei loro litigi ricorrenti, dopo che lui aveva girato l'angolo di strada con la valigia a rimorchio senza voltarsi o l'aveva guardata guidare via veloce come se fosse l'ultima immagine di lei che doveva restargli nella vita. Gli viene in mente come in tutte le loro simulazioni molto realistiche di gesti definitivi hanno tenuto conto di avere in tasca o nella borsa una possibilità ulteriore di raggiungersi e convincersi e cambiare idea, tornare indietro".

Effettivamente sembra essere proprio così: in ogni momento di solitudine, in ogni pausa di assenza di sua figlia, Giovanni continua a cercare di stabilire una comunicazione con M., senza che questo significhi una scelta, ma solo per placare l'ansia, per impedire da una parte l'allontanamento, dall'altra quell'intimità che solo la vicinanza a se stessi, conquistata nella solitudine e nel raccoglimento, rende possibile. E continua a compiere una serie di gesti in maniera meccanica, quasi fossero ineluttabili:

"Apre il computer portatile sul letto, batte sui tasti. Se ci pensa, queste attrezzature di comunicazione gli sembrano un intralcio e una debole garanzia, come dispositivi di sicurezza, che possono provocare gravi danni collaterali. Si chiede se senza i telefoni cellulari e i computer portatili sarebbe costretto a uscire allo scoperto di una scelta univoca con M. Si chiede se dovrebbe buttare via tutto e decidere in termini di puri contatti diretti, invece di restare sospeso in un campo oscilla tra l'esserci e il non-esserci"


Andrea De Carlo ha scritto una serie di romanzi, molti dei quali divenuti bestseller (Treno di panna, Einaudi,1981; Uccelli da gabbia e da voliera, Einaudi, 1982; Macno, Bompiani,1984; Yucatan, Bompiani,1986; Due di due, Mondadori, 1989; Tecniche di seduzione, Bompiani, 1991; Arcodamore, Bompiani,1993; Uto, Bompiani,1995; Di noi tre, Mondadori, 1997; Nel momento, Mondadori, 1999) nei quali spesso fotografa l'impossibilità di vivere una vita univoca, di seguire un percorso lineare, di compiere scelte definitive.

Pura vita sembra uno splendido racconto di come le meraviglie della tecnica possano insinuarsi nella vita di ciascuno, per annacquarla, per riempirla non di possibilità, ma di una sorta di "rumore" di fondo che rende impossibile in realtà cogliere le occasioni di vita. È una parabola di come la possibilità di potersi parlare in ogni momento, di poter esternare in tempo reale le proprie riflessioni diventa spesso una trappola mortale che impedisce l'interiorizzazione e la comunicazione.