Verso una informatizzazione della scuola
Michele Fabbri, insegnante e giornalista per Il Sole 24 Ore
sui temi della scuola, valuta molto positivamente le iniziative
dell'OTE
Dopo una prima fase di alfabetizzazione informatica siamo passati
a una fase più avanzata. E' così?
Sì, direi sono un po' due problemi distinti e ben separati:
da una parte, c'è l'alfabetizzazione cioè l'utilizzo
nella didattica per tutti i docenti, che è un processo ancora
in corso; dall'altra, c'è la scuola che decide di informatizzarsi
"in maniera spinta", cioè di utilizzare la tecnologia
proprio come la sua struttura nervosa centrale fondamentale. Da
questo punto di vista i problemi cambiano di dimensione completamente.
Nel senso che ci si imbatte in problemi diversi?
Sì, sono problemi completamente diversi. Mentre nel caso
dell'alfabetizzazione informatica, il problema è integrare
nella didattica quotidiana uno strumento relativamente nuovo, nel
secondo caso, si tratta di organizzare dal punto di vista tecnologico
tutta la filiera delle varie mansioni della scuola. Un esempio banale
è produrre il registro dell'insegnante consultabile in Internet:
questo implica riorganizzare tutto affinché i voti, ad esempio,
possano essere sempre consultati dall'esterno.
Nelle aziende, questo cambiamento tecnologico avviene grazie
a figure professionali nuove rispetto al passato. Nel caso della
scuola, sono gli insegnanti che si danno da fare?
Nella scuola non c'è nessuno che se ne occupa in maniera
specifica. L'OTE è una prima risposta di questo tipo. È
chiaro che questa è una risposta di consulenza, cioè
fornisce "gli strumenti per", ma ci vorrà qualcuno
che diventi il capitano di una squadra specializzata nel fare questo
tipo di lavoro.
Qualcuno d'interno o di esterno alla scuola?
È abbastanza indifferente: ci vuole qualcuno che faccia
da interfaccia, che conosca i problemi tecnologici ma che sia ben
rivolto alle esigenze interne della scuola. Penso sia necessario
uno interno alla scuola, un insegnante perché il fuoco sia
sempre l'istruzione e la formazione.
Sono necessari degli investimenti se si vuole trasformare la
scuola in una piccola azienda o reperire i soldi attraverso sponsorizzazioni,
aiuto con enti locali, forse anche privati.
Ci sono degli investimenti da fare anche notevoli. Ottenere dei
finanziamenti aldilà del mondo istituzionale (dal MPI ai
Provveditorati) rappresenta una delle grandi sfide. Da alcuni risultati
della ricerca condotta dall'OTE risulta che 500 scuole hanno trovato
delle forme di finanziamenti addirittura con i punti della spesa!
Evidentemente non ha trovato grandi risorse sul territorio, ma ci
sono scuola che possono contare su istituzioni e fondazioni bancarie.
È implicito nell'autonomia che ci si debba arrangiare. Il
vero problema, secondo me, è un altro: le direzioni regionali,
che sono la nuova ossatura del Ministero della Pubblica Istruzione,
tenderanno a rendere disomogeneo il tessuto nazionale. In pratica,
laddove managerialità sia inferiore o ci sia una minore capacità
di organizzarsi, la scuola potrebbe risentirne. Quindi è
un aspetto da tenere bene presente
Quale potrebbe essere l'ambizione a cui possono aspirare progetti
come l'OTE?
La grande sfida è nell'incentivare, da una parte, le conoscenze
tecnologiche all'interno della scuola, e dall'altra realizzare una
rete informatica per la scuola. Il fuoco della scuola, però,
sono gli studenti, le loro vite che passano per la maggior parte
del tempo dentro quelle istituzioni; non possiamo pensare che i
nuovi media, le nuove tecnologie riempiano il loro tessuto esistenziale.
Questo vuol dire che deve esserci sempre l'insegnante in grado di
comprendere le potenzialità delle tecnologie, senza perdere
di vista il fatto che la sua attività di insegnamento è
rivolta a un individuo complesso, che ha bisogno di saperi nuovi,
nuove tecnologie ma anche di crescere nella scuola ora più
che un tempo.
Una sorta di umanesimo?
Sì, un umanesimo ben innervato sulla tecnologia.
OTE
Il
Sole 24 Ore
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