Calcio e nuove tecnologie: un'economia sempre più complessa
Le nuove tecnologie aprono nuove prospettive al
mondo del calcio. Maggiore interattività e personalizzazione dei
contenuti. Ma tutto questo avrà un costo per gli operatori. E anche
per gli spettatori. Ne parliamo con Vittorio Veltroni, analista
finanziario e amministratore delegato di Goallar
Il vostro sito, Goal City, è un incrocio tra calcio e borsa,
come avete avuto questa idea?
Cercavamo un gioco che fosse, allo stesso tempo, addictive, cioè
creasse assuefazione, ed educativo. Ha avuto un grandissimo successo
perché abbiamo la seconda media europea più alta di pagine
visitate per visitatore (circa 34) e ha, soprattutto, un audience
molto delimitata: non abbiamo quasi nessuno sotto i 18 anni e
sicuramente nessuno sopra i 44.
Costa stare su Internet?
È chiaro a tutti gli operatori che chi è solo su Internet non
vede il domani. Internet è un'altra piattaforma su cui distribuire
contenuti, giochi, immagini servizi. Ma non può essere l'unica
piattaforma. Su questo aspetto si innesta fortissimo il problema del
branding. Costruire il valore di un marchio solo attraverso Internet
è, almeno in Europa in questo momento, impossibile. Perché sono
ancora pochi coloro che navigano con regolarità su Internet e, allo
stesso tempo, non esiste il tipo di target necessario per imporre un
grande marchio di massa.
Produrre contenuti su Internet comporta costi elevati, come si
affronterà questo aspetto?
I contenuti costano perché sempre di più bisogna dare una
differenziazione. Ormai le notizie sono commodities. Sapere l'esito
delle partite è alla portatata di tutti gratuitamente. La
differenza starà in chi le commenta, come le commenta e nel livello
di affezione con il pubblico. Questo costa perché costano le firme,
la fidelizzazione del costumer, e soprattutto affermare il proprio
brand. Fra l'altro la pubblicità al massimo può coprire il 25-30%
della fonte di reddito di una società che si occupa di calcio in
questo momento.
Può chiarire come si identificano i diritti?
Il concetto è semplice. Finora i diritti sono stai passivi,
cioè lo spettatore guardava la partita o gli highlights dei goal
così come venivano trasmessi. Con le nuove tecnologie interattive,
vale a dire Internet ma anche la nuova generazione della
televisione, probabilmente lo spettatore vorrà diventare in parte
regista. Vorrà scegliere gli hightlights da vedere, come vederli,
secondo la sequenza che preferisce oppure vorrà vedere degli
hightlights storici. Quindi la natura stessa del diritto cambia non
è più un diritto collettivo (la partita o le partite), ma può
diventare anche un diritto individuale (ad esempio, tutti i goal di
un giocatore). Tutto questo porrà seri problemi dal punto di vista
dei diritti.
Quali sono i risvolti?
Poniamo un caso: il diritto di immagine. Se voglio vedere la
Roma, in qualche modo i diritti finiranno alla Roma; se voglio
vedere i goal di Battistuta, i diritti teoricamente dovrebbero
andare a Battistuta a meno che quest'ultimo non abbia chiuso un
accordo contrattuale con la sua squadra per succedergli i propri
diritti. In pratica, giocatori sempre più come cantanti: o cedono i
propri diritti alla casa discografica, nel caso la squadra, oppure
dovranno prenderseli da soli come royalties.
Entriamo nella giungla del diritto d'autore su Internet: il
caso Napster.
Il fenomeno Napster potrebbe applicarsi anche al calcio. Nakata,
se volesse, potrebbe certamente mandare tutti i suoi goal su un sito
cui da è possibile scaricarli pagando una certa somma. I diritti
apparterrebbero a Nakata. Ma probabilmente una parte la dovrebbe
cedere alla Roma o alle altre squadre dove ha giocato.
Internet, televisione, Umts: quale canale funzionerà di più
in futuro?
Internet è un canale che ha una sua prerogativa:
l'interattività. In generale, possiamo dire che funzionerà sempre
di più ciò che è interattivo sia nei contenuti, nei giochi, nella
parte ludica, sia per quanto riguarda le immagini. Si andrà,
quindi, sempre meno verso il giornale e sempre più verso il gioco
l'elettronico.
Convergenza, quali saranno le applicazioni killer nel wireless?
La prima applicazione killer per tutto ciò che è interattivo
saranno giochi, premi, comunità virtuali. Ma la prima vera
convergenza che vedremo sarà tra siti Internet e carta stampata.
Solo dopo arriverà la televisione perché ora non c'è la banda e
non c'è un pubblico abbastanza largo da poter usufruire di una
tecnologia molto cutting age. Vedremo sicuramente prima di tutto
convergenze tra carta stampata e Internet, come già accade con
gazzetta.it. E presto lo vedremo al contrario, cioè siti Internet
che diventano carta stampata.
Molto spesso si reputa eccessiva la presenza del calcio in tv.
Con l'invasione su Internet e sui vari media, la gente continuerà
ad aver voglia di calcio? E soprattutto, sarà disposta a pagare?
Si avrà ancora voglia di calcio, tanta da pagare, solo se i
prodotti saranno nuovi e solo se avranno possibilità di essere
interattivi. Si pagherà soltanto per ciò che si potrà
controllare. Quindi ben vengano soluzioni come fee mensili per
offrire all'utente l'accesso a banche dati e programmabili secondo
le sue preferenze, mal verranno pagamenti di highlights in
televisione o in Internet, se li posso vedere alla tv.
Molte società sportive sono entrate in Borsa: quali sono i
rischi e i fattori positivi?
Tra gli aspetti positivi bisogna considerare, certamente, la
trasparenza dei bilanci e della gestione della società, e
l'iniziativa da parte di alcuni grossi presidenti di rendere più
pubblica la loro compagnia e la loro squadra.
Sicuramente tra gli aspetti positivi c'è anche l'incasso di
grossi capitali?
Da un certo punto di vista è un aspetto positivo, da un altro
può essere un pericolo perché i titoli sportivi sono titolari
umorali. Raramente sono posseduti da tifosi di altre squadre in
quanto molto spesso sono segno di appartenenza. Ad esempio, i titoli
della Roma o della Lazio sono quasi tutti posseduti a Roma.
Forse non è un mercato particolarmente "serio"?
No, è serissimo per via dei volumi che girano e anche per il
fatturato che le squadre possono fare in questo momento particolare
della storia dell'economia.
In genere si investe sulla distanza, ma è difficile per un
tifoso.
Vale il principio Manchester: un'azione che valeva 10, è andata
a 5, poi è risalita, si è riabbassata di nuovo. Eppure è la
squadra più società del mondo.
È più una partecipazione che un vero e proprio investimento.
Dal punto di visto sostanziale, per l'investitore si. Per il
presidente è un modo di essere lui più pubblico, di dividere il
rischio e, allo stesso tempo, massimizzare anche il ritorno di
un'eventuale vittoria.
Cosa accade in Europa?
In Inghilterra sono quotate circa 15 società, mentre in Francia
è vietata la quotazione in Borsa perché si è ritenuto fosse
troppo pericoloso per l'investitore.
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