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Apocalittici e integrati dell'animazione digitaledi Cristina Cilli L'universo cinematografico contiene già in sé qualcosa di "meraviglioso": la simulazione della realtà. E per far diventare una finzione immaginario collettivo da sempre il cinema è ricorso agli effetti speciali. Quelli che un tempo erano solo effetti ottici, invenzioni artigianali, ispirazioni geniali di un direttore della fotografia o addirittura di un umile attrezzista, oggi vengono sostituiti dai prodigi dei pixel. Le simulazioni al computer permettono di ottenere, in qualche caso, gli stessi risultati di un film espressionista tedesco degli anni Venti ma in tempi più brevi e con costi minori. Un esempio? Nel cinema di oggi spesso le scene di massa sono realizzate con una decina di comparse che, una volta filmate in pellicola, vengono poi animate in 3D fino a diventare una folla sterminata. Eppure, nel 1927, anche Fritz Lang in Metropolis, ha realizzato "la moltiplicazione delle comparse". Nella sequenza del film dove seimila uomini con la testa rasata guardano attoniti la Torre di Babele, le comparse realmente presenti sul set erano meno di mille. La scena venne girata sei volte di seguito e nella stampa finale del negativo della pellicola le comparse diventarono seimila grazie a una sovrapposizione, in fase di montaggio, delle sei diverse sequenze. Oggi gli effetti speciali racchiudono in sé sia effetti ottici che digitali. Ma i veri protagonisti di questa era del cinema sono coloro che ricostruiscono al computer lampi, tuoni, guerre stellari, creature fantastiche dando vita a spettacoli emozionanti che rendono sempre più labile il confine tra fantasia e realtà e creando nuove forme espressive. Gli effetti speciali possono essere utilizzati con grande versatilità: a volte per giocare e ironizzare, altre volte per restituire allo spettatore il massimo di verosimiglianza e drammaticità. A proposito della "filosofia" degli effetti speciali e del loro ruolo nel cinema Stefen Fangmaier, supervisore agli effetti speciali per L'Industrial Light + Magic di George Lucas, afferma: "Gli effetti speciali danno ai registi e agli sceneggiatori nuovi strumenti per raccontare nuove storie. È come avere più colori sulla stessa tavolozza. In altre parole si tratta di liberare la mente, di dar libero sfogo alla fantasia e di ampliare il numero di storie da raccontare. Insomma gli effetti speciali sono solo un modo per espandere le possibilità creative". Fangmaier ha partecipato alla progettazione di Terminator 2 The Judgment day e come direttore degli effetti speciali ha vinto il British Academy Award sia per Twister che per Salvate il soldato Ryan. Il suo ultimo film è La tempesta perfetta, dove barche e attori sono inseriti in un ambiente completamente sintetico fatto di disastri e catastrofi. Secondo il direttore degli effetti speciali dell'Industrial Light + Magic: "come gli attori fingono di essere qualcun altro noi oggi abbiamo la possibilità di avere sullo schermo delle finzioni che non sarebbero state possibili nel passato. Ad esempio un film come La tempesta perfetta non lo avremmo mai potuto realizzare nel modo in cui lo vediamo oggi senza l'ausilio delle nuove tecnologie: si tratta di una storia vera che cinque o dieci anni fa non avremmo potuto raccontare". "Quello che sta cambiando nel mondo degli effetti speciali" - osserva - "è che le simulazioni e le animazioni non sono più solo appannaggio dei film di fantascienza o dei film dell'orrore. Nella maggior parte dei film che vediamo ci sono molti effetti speciali: più di quanto non immaginino gli spettatori". Inoltre, conclude Fangmaier, c'è da considerare l'aspetto economico: "Non si tratta solo dei limiti della macchina da presa, ma anche di un fatto produttivo: a volte costa meno una simulazione al computer che andare a girare una scena in un luogo fisico reale. Gli effetti speciali sono invisibili al pubblico, ma permettono alla produzione di risparmiare." Un altro strumento a disposizione degli animatori di computer grafica è il motion capture. Un attore indossa una tuta dotata di sensori e, mentre si muove in un dato spazio, il computer ne registra la performance. Il passo successivo è quello di animare in 3D i movimenti, dando loro un carattere, un personaggio che può essere un umano, un animale o una creatura totalmente fantastica. "Uno strumento di Satana" secondo Luca Prasso, animatore della Pacific Data Images, "noi come compagnia ce ne teniamo alla larga il più possibile; è come cantare in playback; che gusto c'è ad animare dei movimenti predeterminati? Inoltre si tratta di una tecnica che deve essere ancora messa a punto". Comunque, l'azienda attualmente sta producendo Shreck, il suo terzo film di animazione per la Dreamworks. Il film, che uscirà negli Stati Uniti a maggio, tra i vari effetti speciali si è avvalso anche del motion capture. La Pdi, nata nel 1980 nel cuore della Sylicon Valley come società di computer grafica si è imposta velocemente sul mercato degli effetti speciali per gli spot e per il cinema grazie alla qualità delle sue animazioni ed è diventata famosa nel panorama grazie ai suoi primi cortometraggi innovativi, ironici e dissacratori. Tuttavia, nel mercato globale degli effetti speciali e dei film di animazione completamente generati al computer c'è anche chi ancora si ostina a stare su un set reale fatto di marionette, anzi di pupazzi. Si tratta della Aardman Animation Studios, già famosa per i suoi personaggi di plastilina come Wallace & Gromit. La Aardman produce animazione tradizionale in stop motion, ossia secondo la tecnica del passo uno, secondo la quale per ottenere un secondo di animazione bisogna filmare ben 24 differenti pose del personaggio da animare. L'ultimo successo dell'Aardman è stato l'avvincente Chicken Run. Galline in fuga è stato realizzato da un'équipe di artigiani che ha creato personaggi e scenografie completamente a mano. Si tratta di un incredibile film alla plastilina dove si racconta l'evasione da un pollaio lager. Un lungometraggio d'animazione pieno di citazioni cinematografiche: la più evidente è quella dal film di John Sturges del 1963, La grande fuga, con un indimenticabile e indomabile Steve McQueen che fugge da un campo di prigionia nazista a bordo di una motocicletta. Chicken Run ha richiesto due anni di lavorazione e l'utilizzo minimale di tecnologie digitali, come spiega Tristan Oliver, che ha curato la fotografia del film: "Noi usiamo il computer per aiutare gli animatori a controllare i risultati man mano che il film viene girato. Sulla macchina da presa c'è una minitelecamera che guarda in macchina; inoltre un sistema di fotocamere digitali cattura i movimenti dei personaggi così gli animatori ne seguono costantemente l'azione. Usiamo i computer anche per osservare le diverse prospettive e angolazioni delle riprese. L'animazione dei pupazzi invece non è stata generata da nessun computer". "L'estetica dell'Aardman" - conclude - "è molto vicina alla 'farsa'. Ossia mettere creature impossibili in situazioni paradossali. Credo che non sarebbe stato divertente avere dei topi che volessero tentare un'evasione: i topi sono sottili e veloci, invece le galline sono talmente goffe che nessuno penserebbe mai che possano organizzare una fuga intelligente". L'Industrial
Light + Magic
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