Tema dell'11 febbraio 2000
Società e videogame
Il lato oscuro del videogioco
I videogiochi sono sempre più al centro
dell'attenzione dei media poiché, lentamente ma inesorabilmente,
si sono conquistati sempre maggiore spazio nella vita quotidiana
di milioni di persone
di Ermanno "Gomma" Guarnieri, Michele Alberico,
Elena Capparelli
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Incassi da record e scene da delirio collettivo, ma anche violenza
gratuita, sangue a fiumi, casi di identificazione, di dipendenza e di
epilessia. La storia dei videogiochi è recente, e significativamente
molto legata a quella dei personal computer, ma se c'è una costante
che li accompagna è una sorta di "lato oscuro", una specie
di cattiva reputazione che li segue da quando furono inventati, quasi
a complemento della loro enorme popolarità. Eppure ci sono alcuni
aspetti poco conosciuti della storia dei videogiochi, e seguendone lo
sviluppo è possibile comprendere le ragioni che hanno spinto
generazioni di genitori a guardarli con sospetto e generazioni di
giovani a pensarli con adorazione.
Già i primissimi giochi per computer avevano un grandissimo potere
di attrazione e fascinazione sui giocatori. Nottate passate insonni di
fronte a uno schermo, ore di lavoro buttate all'aria completamente
assorbiti da un un'atmosfera creata artificialmente. Quante volte vi
sarà sentito di sentire storie di questo tipo. Ma non è solo
questione di fascinazione. Esiste un altro aspetto che costantemente
viene messo in discussione quando si parla di videogiochi, ovvero il
loro contenuto.
Secondo J.C. Herz, studiosa di fenomeni culturali legati al
computer e famosa per il suo libro Il popolo del
joystick, una certa
dose di cosiddetto "panico morale" intorno ai videogiochi è
sempre esistito. La sua tesi è che fu l'atmosfera all'interno delle
sale giochi, a creare una reazione sociale molto forte. Nel 1981, si
scatenò una vera e propria campagna criminalizzante contro i giochi e
i locali pubblici che li ospitavano che portò alla chiusura di molte
sale, soprattutto in provincia. Secondo la ricercatrice, le sale
giochi erano costituite da ambienti affollatissimi e fumosi, molto
scuri, con muri spesso tinteggiati di nero per non creare riflessi di
luce nei monitor, popolati da giovani paralizzati e attoniti davanti
agli schermi e, soprattutto, con una composizione sociale assai
bizzarra, fatta di ricchi e poveri, bianchi, neri e chicanos, che si
mischiavano in una grande sfida collettiva dove l'appartenza di classe
non contava più, e dove la cultura dei giovani "borghesi" e
di "strada" si compenetravano fortemente. Per J.C. Herz la
stessa intolleranza si era già verificata negli anni Cinquanta con la
diffusione delle sale da flipper dove i giovani di buona famiglia si
mischiavano con i bulli alla James Dean, circondati a loro volta da
loschi figuri e perditempo di varia natura. Questa situazioni
generarono la stessa irrazionale apprensione di genitori e istituzioni
varie che portarono alla chiusura delle sale da flipper o da
videogiochi, in quanto tali luoghi venivano visti come veri e propri
luoghi di perdizione. Negli Stati Uniti, ora, le sale giochi non
esistono più e le postazioni pubbliche dei videogiochi si trovano nei
più asettici locali dei centri commerciali di quartiere dove le
classi sociali si mischiano raramente. Oppure la gente gioca al chiuso
della propria casa evitando lo "scontro pubblico" che J.C.
Herz definisce socialmente importante perché fatto di "sudore e
corpi veri". Ciò che Herz vede nel prossimo futuro è un ritrono
della voglia di scontro vero, attraverso i Lan-parties e gli scontri
su Internet, dove soggetti di diversa estrazione sociale si vanno a
scontrare. Un'arena dove conta solo la propria abilità nel gioco.
Ma cosa sono i Lan-party? Manifestazioni solitamente underground
nel corso delle quali gruppi di ragazzi si riuniscono in uno
scantinato, tirano su una rete di computer e giocano fino all'alba a
volte dormendo accanto ai computer, pronti a ricominciare non appena
gli occhi si sono riposati.
Nei Lan party ci si scontra dal vivo, gomito a gomito, urlandosi
magari da una postazione all'altra. L'altra frontiera del gioco in
multiplayer è Internet che da qualche tempo ha iniziato a pullulare
di arene virtuali. La stragrande maggioranza dei giochi di successo
per PC infatti, non può più fare a meno di avere funzioni per il
multiplaying, quando non è esplicitamente concepita per il gioco di
più partecipanti.
Secondo
Francesco
Antinucci, ricercatore del CNR e autore di
Computer per un figlio, edito da Laterza nel '99, i videogiochi sono
una attività prettamente sociale:
"Quella dell'isolamento e dei videogiochi è una favola
persistente e tenace dovuta a un fatto molto semplice: le persone
adulte tendono a cogliere solo la superficie di questa attività,
cioè di fatto vedono fisicamente un ragazzino davanti a uno schermo
di computer e lo vedono solo. In realtà, quella attività non ha
alcun senso al di fuori di un'attività sociale. Il gioco che il
ragazzo sta facendo è interamente dettato da una cultura sociale.
Giocare con quelle modalità, arrivare a risolvere determinati
problemi o difficoltà, è una azione scambiata in continuazione con i
propri coetanei. È un portatore di socialità, una socialità
leggermente diversa perché non avviene in simultanea ma in differita,
ma è costante. Io non ho mai visto un ragazzo che fa un videogioco da
solo senza renderne partecipi gli altri. I media, invece, enfatizzano
altri aspetti dei videogiochi perché si tratta di una tecnologia
nuova, come nel celebre caso del ragazzo che si è identificato in un
personaggio di un videogame, ma ci sono molti casi clinici in cui è
dimostrato che gli elementi scatenanti la patologia sono stati altri.
Io ricordo sempre due aneddoti interessanti: uno è che quando Goethe
pubblicò le Affinità elettive ci fu un'ondata di suicidi in Europa
la cui colpa fu data al libro. È una cosa che oggi ci fa sorridere.
L'altra è la letteratura legata alle cronache di fine '800 relativa
agli effetti terribili che poteva causare la diavoleria moderna del
viaggio in treno".
Ogni passaggio tecnologico dunque, è segnato da perplessità e
ritrosie. Lo stesso in qualche modo avviene per i videogiochi e per i
computer in genere. Probabilmente il computer a differenza di altri
strumenti è un facilitatore ed un potenziatore di esperienze; se
questo da solo basti ad imporre maggiori cautele è difficile
dirlo.Ciò che dà vita ed energia ai videogiochi non è la grafica,
né la fascinazione degli strumenti o la potenza di un processore ma
è la passione di chi vi partecipa e il loro effetto è tanto più
forte quanto più ci si lascia coinvolgere. Come fermarsi? Quando
giocate, dice un vecchio proverbio, è bene stabilire le regole,
stabilire una posta ma soprattutto stabilire quando finisce il gioco.
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