Mercoledi' 6 giugno 2001

Revisione testi a cura della redazione internet di MediaMente

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Intervista a Niki Grauso


Oddio, ho perso il mio nome

Per farsi vedere su Internet, aziende, enti pubblici e privati cittadini devono registrare il proprio nome sulla Rete, nome che viene chiamato "dominio" dagli addetti ai lavori. Ma avete mai provato a collegarvi a un sito Internet con il vostro nome? Potrebbe essere già stato registrato da qualcuno che si chiama come voi, oppure da una società disposta a vendervelo a caro prezzo. Questo fenomeno è un grosso problema del Web e si chiama cybersquatting. Spesso, attorno ai domini si sono scatenate delle vere e proprie guerre, a volte per motivi culturali, spesso per motivi economici.
Nella storia di Internet sono numerosi i casi in cui un'azienda o un personaggio dello spettacolo ha fatto causa a un'altra azienda o a una persona fisica perché si è vista sottratta il nome che riteneva spettarle di diritto. Ma l'importanza dei domini va oltre ai confini delle singole aziende e addirittura delle singole nazioni: ecco perché la Commissione Europea chiede a gran voce il dominio "eu", che significa l'affermazione di un'identità europea, al pari di quella americana.

Questione politica, la battaglia tra Usa e Europa.
Fino al '97 la gestione tecnica e strategica dei domini Internet mondiali è stata appannaggio degli Stati Uniti. Poi le cose sono un po' cambiate ma la nascita dell'Icann come struttura no profit e teoricamente super partes non ha certo messo fine a una guerra cyber-politica per il controllo sugli interessi strategici nel mondo della Rete. In questo contesto, Bruxelles lancia il dominio "eu", la firma Web di Eurolandia, che significa l'affermazione di un'identità europea, al pari di quella americana e in concorrenza con essa, nel mondo del commercio, dell'offerta di servizi e della comunicazione on line.
Ed è notizia recente, la Commissione europea ha recentemente approvato la Proposta di regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio concernente la messa in opera del dominio Internet di primo livello .EU
Il dominio ".eu" - secondo la Commissione - contribuirà a fare chiarezza e consentirà di evidenziare la specificità europea in molti settori. Inoltre, la sua introduzione al momento del passaggio alla moneta unica avrà un grande valore simbolico.
L'introduzione di un dominio ".eu", poi, potrà costituire un'opportunità importante per liberarsi a poco a poco dalla supremazia americana sui nomi a dominio.

La questione economica e quella culturale.
Il dominio non è più solo un indirizzo da digitare nel browser per collegarsi a un sito, ma è un fattore fondamentale per ogni impresa online. Avere un dominio azzeccato, facile da ricordare, che faccia presa sul pubblico, può segnare la differenza tra il successo e il fallimento. Ma cosa succede quando una multinazionale ha la stessa denominazione, ad esempio, di un gruppo di artisti? E' il caso di Etoy, un gruppo di sette artisti, nato nel 1994, che scelgono il Web come strumento per diffondere la loro arte. Ma hanno un nome troppo simile alla multinazionale del giocattolo Etoys, che li vuole schiacciare. Ne nasce una guerra "in nome dell'arte", giocata interamente sul Web, che si conclude con la vittoria dei più deboli, e con una multinazionale che, chiedendo scusa, si ritira su tutta la linea.

I casi famosi
All'inizio degli anni novanta, un giornalista della rivista americana Wired ha registrato a suo nome il dominio Internet www.mcdonalds.com e ha obbligato la corporation del panino a pagare tremila dollari per poterlo utilizzare. La popstar Madonna ha dovuto faticare non poco per riappropriarsi del dominio, registrato precedentemente da Dan Parisi, celebre produttore hard core della Whitehouse.com. Alla fine, sostenendo che il dominio Internet le appartiene in quanto è detentrice del copyright sul termine "Madonna", ha vinto il ricorso presso l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Wipo). Anche l'attrice Julia Roberts ha ottenuto dalla stessa Wipo l'assegnazione del proprio dominio, in precedenza registrato da Russell Boyd, noto per avere registrato numerosi domini con i nomi di celebrità internazionali, e che aveva tentato di venderlo ad un prezzo superiore ai 2.500 dollari.
Diversa la vicenda di Sting che prima si è visto respingere la proprietà del sito Sting.com che apparteneva ad una persona con il cognome omonimo di Sting. Ma poi è riuscito a rinconquistarsi il suo dominio che è passato sotto la proprietà della "Steerpike" azienda di proprietà della famosa rock star.
E poi c'è la vicenda di Sex.com, il portale "hard core" più famoso del mondo che, però, per quasi cinque anni, ha fatto ricco un gestore abusivo che è stato condannato a restituire tutto al legittimo proprietario: 65 milioni di dollari (oltre 130 miliardi di lire), il risarcimento danni per indebita sottrazione di uno dei domini Web più importanti della storia di Internet.