I
computer hanno aperto ai disabili strade nuove, in alcuni casi
insperate, di integrazione sociale e professionale, nello studio, nel
lavoro ed anche nella vita di relazione. Gli ausili sviluppati per
compensare i diversi tipi di deficit sono molti, e coprono
praticamente ogni area di disabilità.
Le
opportunità sono molteplici, ma c'è anche qualche problema. Nella
Rete, infatti, come nel mondo reale, si vanno moltiplicando delle
barriere simili a quelle architettoniche, che sbarrano la strada a chi
ha problemi di handicap proprio come succede nelle nostre città e
dagli ultimi dati sembra che una grossa percentuale dei siti web non
abbia i requisiti per essere definito completamente accessibile. Ma
cosa si intende quando si parla di accessibilità? E quali categorie
di persone possono essere escluse, a causa di una "cattiva"
progettazione di prodotti informatici e telematici? Flavio Fogarolo,
del Provveditorato
agli studi di Vicenza, da anni si occupa del problema:
"Diciamo
che un sito web o un prodotto multimediale, è accessibile quando
chiunque può prendere le informazioni che gli servono. Questa è una
definizione di tipo funzionale anche molto pratica: quando chiunque,
entrando in un sito o usando un cd rom, riesce a cogliere tutte le
informazioni che può cogliere, allora diciamo che il prodotto è
accessibile. È evidente che in certi casi ci sono dei limiti
funzionali. Io non posso pensare che un cieco possa consultare
interamente un cd rom di storia dell'arte sulla Cappella Sistina o
cose di questo tipo. Ma fin dove si può, fin dove c'è la parte
testuale prevalente, fin dove è possibile creare delle storie
alternative, questo deve essere fatto.Essenzialmente diciamo che gli
utenti più a rischio, sia per Internet che per i prodotti
multimediali in genere, sono gli utenti che si servono di attrezzature
particolari,quelli cioè che non possono usare la postazione standard
del computer, fatta di mouse, di tastiera e di monitor. Parliamo dei
ciechi, quindi, che hanno per forza degli accessori alternativi al
monitor, che può essere un sintetizzatore vocale o un display brail.
Parliamo degli ipovedenti, che hanno bisogno in genere, per accedere
al monitor, di configurarlo in modo particolare per le loro esigenze.
E ci sono anche i disabili motori, che difficilmente posso usare il
mouse, e se questo è l'unico mezzo di accesso che il sistema prevede,
vengono evidentemente tagliati fuori.Siamo comunque in una situazione
di estrema trasformazione. Oggi abbiamo in continuazione prodotti
nuovi ed anche nuove tecniche di diffusione dell'immagine. Pensare ad
una norma che stabilisca in modo categorico, così come è stato fatto
per le barriere architettoniche, cosa si può fare e cosa non si può
fare, sarebbe abbastanza difficile e probabilmente impossibile. Nel
senso che le norme
viaggiano in maniera più lenta di quanto non viaggi la tecnologia in
questo campo".
Difficile dunque stabilire
un canone di accessibilità rigoroso. A questo si aggiunga il fatto
che l'Italia, benché sia un paese molto sensibile alle problematiche
della disabilità, non ha mai avuto un preciso pronunciamento da parte
istituzionale sulla necessità di rendere i prodotti multimediali
accessibili a tutti. La conseguenza è che sebbene la Rete sia nata
come strumento al quale chiunque poteva accedere con estrema facilità
oggi le cose vanno peggiorando e anche alcuni dei siti istituzionali,
che più dovrebbero essere sensibili al problema, manifestano dei
difetti di progettazione, come sostiene ancora Fogarolo.
"Prendiamo ad
esempio l'home page del Dipartimento per gli affari Sociali della
Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una pagina abbastanza
complessa, non difficile ma non del tutto accessibile. Ad esempio è
tutta costruita per immagini ed anche il titolo è un'immagine.Questo
significa che se io vado ad ingrandire il carattere, non cambia nulla,
perché questi non sono caratteri, ma appunto immagini. Da notare che
questo sito presenta ben in vista un'etichetta per una versione
"solo testo". Una versione alternativa dove si potrebbero
trovare le stesse informazioni, ma in maniera più accessibile, meno
complessa. Però questa versione solo testo è fortemente incompleta,
cioè di fatto presenta un sito di serie B perché non ha neanche la
metà di quello che si trova sul sito principale: non si trova niente
delle cose più recenti, che poi sono le più interessanti".
Sulla base degli standard
proposti dal WWW consortium progetti di studio sono stati avviati in
molti paesi. Tra le prime esperienze Italiane va citata sicuramente
quella del CNR di Firenze, dove un gruppo di studiosi da tempo lavora
sulla ricerca di uno standard di progettazione universale. Laura
Burzagli e Paolo Graziani sono i diretti responsabili e hanno
pubblicato una sorta di guida alla progettazione universale, con
indicazioni tecniche e esempi, nell'aprile dello scorso anno
intitolata Accessiblità di siti web, problematiche reali e
soluzioni tecniche.
Progettare seguendo certi
canoni di comportamento, a parere degli esperti, non rappresenta
dunque né un limite alla creatività dei programmatori, né un
problema economico per gli editori; la chiave è tutta nella
diffusione di un'informazione corretta.Per un portatore di handicap,
usare il computer in molti casi rappresenta un progresso cruciale - in
Italia, il tasso di disoccupazione tra i disabili è circa 6 volte la
media nazionale e sono più di 100mila i ragazzi in età scolastica
con problemi di handicap - il computer può far molto per cambiare
queste statistiche e le esperienze di persone disabili che lavorano
grazie all'uso di strumenti informatici si stanno moltiplicando.
Se per i privati la scelta
di rendere accessibile un sito può essere volontaria, e motivata da
criteri di efficienza e di civiltà, per le istituzioni si tratta
invece di un dovere. L'onorevole Augusto Battaglia, membro della
Commissione Affari Sociali della Camera e coordinatore del Comitato
Interministeriale Politiche per l'Handicap descrive qual è il ruolo
che le istituzioni rivestono all'interno di questo processo:
"Abbiamo
affrontato queste questioni abbastanza recentemente nell'ambito della
prima conferenza nazionale sull'handicap che si è svolta a Roma nel
mese di dicembre. Abbiamo discusso con i disabili i temi che
riguardano il lavoro, la riabilitazione, l'inserimento scolastico,
l'integrazione sociale, il turismo. Oggi, sulla base delle conclusioni
della Prima Conferenza, è stato elaborato il programma di azione
triennale 2000/2003 che il Governo dovrà presto adottare e che
guiderà l'azione operativa dei diversi ministeri nei campi che
riguardano l'handicap. Il tema delle tecnologie è dunque un tema
trasversale, perché lo dobbiamo affrontare nella scuola come nel
lavoro. Le tecnologie sono sempre un'arma a doppio taglio: possono
costituire una grande occasione di comunicazione sociale, quindi una
nuova opportunità per la democrazia e per la partecipazione di tutti,
ma possono, se non ben utilizzate, essere anche elemento di esclusione
sociale. Ora il problema è quello di indirizzare lo sviluppo della
Rete ed anche la strutturazione dei diversi siti, secondo delle linee
guida che facciano riferimento a criteri di
"accessibilità".
Progetti importanti
dunque, che hanno anche un riscontro a livello europeo. Entro il 2001,
infatti, la Commissione europea e gli Stati membri dovranno impegnarsi
a rendere accessibili ai disabili la struttura e il contenuto di tutti
i siti web, e per farlo avranno bisogno di parametri di riferimento
ben definiti. In attesa che la Rete diventi davvero universale,
chiunque possieda dei siti, oppure lavora nella progettazione di
pagine Internet, può consultare le pagine del Center for Applied
Special Technology, per verificare l'accessibilità dei propri siti
web. Se la risposta è che mancano i requisiti necessari, le
informazioni vanno riorganizzate in modo che al più presto le pagine
diventino navigabili per chiunque. E non si tratta solo di una
questione di efficacia, affinché tutti possano accedere alle
opportunità che la Rete offre, soprattutto i disabili per cui queste
opportunità possono fare la differenza, ma anche una questione di
civiltà e di democrazia.
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