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Tema del 19 maggio 2000

Finanza in Rete

Borsa online e New Economy

Il rapporto tra il Web, l'economia e la finanza sembra essere la scommessa su cui il mondo degli affari sta puntando

di Antonio Leonardi, Elena Capparelli, Michele Alberico

Delle tante rivoluzioni scatenate da Internet, quella in campo economico è senza dubbio una delle più importanti e oltretutto, siccome siamo tutti consumatori, tocca anche chi non si interessa direttamente del mondo digitale. Prendiamo spunto da alcuni articoli apparsi sulla stampa sia italiana che straniera nei giorni scorsi. Cominciamo con Repubblica del 3 maggio: "Un milione di ricchi in più grazie al boom di Borsa", un boom alimentato appunto da Internet, come viene specificato nelle prime righe dell'articolo. Lo stesso giorno, Wired pubblicava un articolo secondo cui il numero di milionari Usa è passato da 3,5 a 5 milioni dal 1996 a oggi. Ancora una volta grazie alla borsa spinta in gran parte da Internet. Ma è davvero così? Davvero Internet può trasformarsi in una fonte di ricchezza? Oppure di fronte a tanto entusiasmo è necessaria anche una certa cautela?

"La parola magica sembra essere, dunque, investire in borsa, possibilmente nel mitico Nasdaq, il listino americano dove vengono quotate le società high tech e legate alla nuova economia. E questa passione della borsa ha improvvisamente contagiato anche chi fino a qualche anno fa a comprare e vendere azioni non pensava nemmeno. Merito della facilità con cui oggi è possibile investire in borsa stando davanti al proprio computer? O forse di una sorta di euforia collettiva alimentata dalla speranza di entrare tra quei milioni di nuovi ricchi? Fatto sta che il popolo dei trader online, solo in Italia, ha toccato quota 200 mila ed è in continua crescita. Casalinghe, impiegati, pensionati, studenti che ogni giorno si collegano a uno dei molti siti specializzati e seguono con trepidazione gli indici azionari.

Naturalmente c'è anche un rovescio della medaglia. Improvvisarsi finanzieri non è facile e può essere rischioso. Bisogna saper valutare bene il mercato e accumulare una buona esperienza. Oltretutto, a complicare le cose, c'è che i listini tecnologici come il Nasdaq appunto sono cavalli piuttosto bizzosi. Le oscillazioni molto forti e nel giro di poche ore si possono avere guadagni favolosi, ma anche perdite disastrose. Basta osservare come l'andamento di alcuni titoli abbia risentito, proprio nelle ultime settimane, della ormai famosa sentenza contro la Microsoft, che sembra aver minato più in generale la fiducia e l'ottimismo che circondavano la new economy. Domenico Siniscalco, docente di Economia presso l'Università degli Studi di Torino, e direttore della Fondazione Mattei del gruppo Eni, spiega cosa determina questo effetto "montagne russe":

"Il Nasdaq è il mercato azionario americano dove si scambiano tradizionalmente i titoli delle nuove tecnologie. Tra l'altro è un mercato che non esiste. Non è come Wall Street o la borsa di Milano dove c'è uno stanzone con tutti i broker, ma è un mercato interamente telematico. Oggi c'è una enorme incertezza sulla valutazione delle aziende che operano nel campo delle nuove tecnologie. Sono titoli che hanno fatto "boom" e quindi sappiamo tutti che sono titoli che avranno una forte prospettiva di guadagno. Ma non sappiamo quali sopravviveranno e quali no. Ecco perché questo mercato molto più di Wall Street e delle borse tradizionali oscilla, tra momenti di grande euforia su determinati titoli e momenti di grande frustrazione. Ed è per questo che possiede una volatilità di molte volte o di alcune volte superiore a quella dei mercati tradizionali".

L'irrequietezza dei mercati, il continuo sali-scendi delle borse è legato anche a un cambiamento più profondo che investe non solo il mercato finanziario, ma l'intera struttura economica: la produzione, il rapporto tra le aziende, l'organizzazione del lavoro, i canali di distribuzione. Tutto ciò che chiamiamo appunto new economy. Le regole della old economy si sono sedimentate nel corso di decenni. Quelle della new economy, invece, sono arrivate come un ciclone nel giro di pochi anni. E hanno portato un mondo molto più fluido, dinamico, in continuo cambiamento che a volte persino gli esperti faticano a comprendere.
Andrea Farinet, esperto di new economy dell'Università Bocconi, presso cui tiene il corso di "Economia e gestione dell'innovazione" chiarisce le differenze tra new e old economy:

"Rispetto alla old economy nelle new economy noi abbiamo sostanzialmente due caratteristiche fondamentali. L'utilizzo della tecnologia Internet ci permette un'estensione dei tempi della nostra presenza sul mercato e quindi 24 ore al giorno 7 giorni su 7 noi siamo presenti sulla Rete. L'altra caratteristica è che evidentemente l'organizzazione aziendale per riuscire a sostenere quest'espansione temporale così elevata implica un ripensamento completo della cultura imprenditoriale, della modalità organizzativa, e delle unità di misura che vengono utilizzate per valutare l'andamento di questa azienda".

Tra le protagoniste indiscusse della new economy ci sono senza dubbio le famose dot-com, o punto-com: tutte le società nate nell'era di Internet e il cui indirizzo Web termina appunto con l'estensione .com.
In
questo momento, però, il cielo della new economy si sta un po' rannuvolando. Anzi, ultimamente sono uscite alcune previsioni decisamente pessimistiche: Forrester Research, una delle maggiori società di analisi americane, dice che la maggior parte delle dot-com sono destinate a uscire di scena entro i prossimi due anni. Comunque, anche se la selezione sarà durissima, molti esperti confermano che il cambiamento indotto sull'economia in questi anni è profondo e destinato a durare. Uno di questi è l'economista Jeremy Rifkin:

"Nell'era dell'accesso, i mercati vengono sostituiti dalle reti, mentre al posto di venditori e acquirenti abbiamo i server e gli utenti. Inoltre, anziché nell'ambito di transazioni di vendita, gli utenti possono accedere a ciò di cui hanno bisogno su base temporale, transitoria. Perciò il concetto di proprietà è ancora presente, ma non è più oggetto di scambio. I fornitori noleggiano la proprietà oppure la danno in concessione, e l'utente diventa membro o socio della loro struttura. Nell'età dell'accesso si passa da relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Nessuno vuole essere come la General Motors, con una gran dotazione di strutture fisiche e capitali investiti. Piuttosto si guarda al modello della Nike, che in realtà costituisce una società virtuale, senza fabbriche né attrezzature, e con un numero limitato di dipendenti. Tutto quanto viene noleggiato e dato in concessione. Per la Nike, l'elemento di cui è importante conservare il possesso è la proprietà intellettuale, il nome della marca, l'idea generale, il meccanismo di commercializzazione. Nell'era dell'accesso, sono le risorse culturali a venire trasformate in merci di scambio, a essere messe in vendita sui mercati come aggregati di esperienze pronte all'uso. Sono questi i grandi mutamenti che accompagnano la transizione dal capitalismo all'era dell'accesso. È una nuova fase, come lo è stata quella dell'industrializzazione, e comporta regole di conduzione degli affari completamente diverse. Questo avrà profonde ripercussioni sul modo in cui concepiamo non solo il mondo economico, ma le relazioni sociali, l'attività di governo, persino il concetto di natura umana e di natura in sé".

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