No global ante litteram
Cristina Pini
Hippy, Provos, Punk: la contestazione prima di Internet
All'inizio degli anni Sessanta un generalizzato movimento metropolitano
- rappresentativo di una nuova soggettività critica nei confronti
delle costrizioni di vita e di lavoro proprie dell'organizzazione
social-capitalistica industriale - inizia a serpeggiare nel mondo.
È un nuovo movimento comportamentale e linguistico centrato sul
libero gioco dell'espressività. Un movimento che prevede una libertà
dai condizionamenti unita a una gioia di vivere estremizzata ed
eccessiva. Dagli "Hippy americani" ai "Provos olandesi" passando
per il "Free Speech Movement" di Berkeley, ovvero il primo movimento
capace di introdurre il sit-in quale metodologia di lotta pacifica,
che indiscutibilmente diede inizio alle proteste studentesche in
occidente. Sono gli inizi di quel filone "alternativo" che arriverà
poi ad adottare Internet come strumento di comunicazione cosi detta
"antagonista". All'inizio erano piccoli gruppi che si estesero attraverso
l'impegno attivo in pratiche di scontro, per lo più pacifiste e
sottilmente ironiche, verso i modelli costituiti dalle autorità.
Gruppi capaci di farsi carico di nuove responsabilità di critica
globale per ridefinire il concetto di libertà. Soggetti fino ad
allora esclusi dalla vita collettiva oppure ridotti a ruoli ristretti
di soggezione iniziano a far sentire la propria voce ponendo a garanzia
dei concetti di pace e di speranza una pluralità e una diversità
di percorsi; e il cui fine primo è la lotta all'autoritarismo di
qualsiasi forma. E sotto forma di espressioni e linguaggi "diversificati"
arrivano a descrivere forme particolareggiate di malesseri e di
conflitti, espressioni radicali di un rifiuto attraverso una comunicazione
"estremizzata" del disagio interiore e di quella volontà preminente
di non voler separare dal proprio sé il flusso di sentimenti, bisogni
e desideri delegandoli alla classe governante. Le acquisizioni delle
conoscenze e delle tecnologie dell'economia dominante vengono sottoposte
a una prepotente valutazione critica; i media tradizionali della
comunicazione - la stampa, la radio e la televisione - vengono diffusamente
criticati per le manipolazioni evidenti e costanti a cui sottopongono
notizie e personaggi ma anche per gli invadenti inviti al conformismo
e alla conservazione dello status quo.
Tra i movimenti antagonisti e alternativi al sistema costituito
quello dei Provos - i "provocatori' - in Olanda, è stato una delle
prime fonti di contestazione espresse in Europa. Il gruppo antiautoritario
e non-violento (la non-violenza era un elemento essenziale della
lotta di quegli anni, quasi a contrapposizione della violenza imperante
del potere), composto da una stravagante raccolta di artisti visionari
e anarchici - nella metà degli anni '60 - instaurò per le strade
di Amsterdam un singolare esempio di "Repubblica Anarchica", reclamando
un diritto e un piacere nel non voler inseguire i modelli di consumo,
attraverso una pratica di disobbedienza civile tramite la fantasia.
Il loro celebre "piano delle biciclette bianche", il loro voler
mettere a disposizione della cittadinanza di Amsterdam un numero
di biciclette - bianche per essere riconosciute anche di notte -
collettive, iniziò non poco a preoccupare il governo e la polizia.
Il concetto era semplice e geniale, dare la possibilità al cittadino
di utilizzare un mezzo singolo e allo stesso tempo comune, mezzo
privo di alcun lucchetto, simbolo della proprietà privata. La bicicletta
diviene così strumento di lotta al piano consumistico e arma contro
la proprietà privata capitalista. Il successo appare immediato,
e il consenso pubblico non tarda ad arrivare; consenso palesato
anche dalla grande affluenza nei luoghi di raccolta delle biciclette
che sono invasi dai cittadini che offrono le proprie biciclette.
A evidenza dell'enorme successo del piano è la successiva risposta
delle autorità e della polizia che repentinamente arrivano al sequestro
di svariate biciclette; a giustificazione dei sequestri una presunta
istigazione al furto, non essendo le biciclette chiuse a dovere.
Uno dei primi avvenimenti, questo, esemplificativo del concetto
di pericolosità del gratuito in una società dove la proprietà privata
è imperante.
Movimenti di controcultura successivi si esplicitano verso la metà
degli anni Settanta con la comparsa del movimento Punk, alla base
del quale è un senso profondo di autodistruzione e di nichilismo
strettamente connesso alla convinzione della mancanza di prospettive
in una società egoista e reazionaria, movimento che affonda le sue
radici nella cultura sottoproletaria inglese e iniziato come genere
musicale di contestazione e di rottura. Il rifiuto ideologico della
società viene espresso in tutto lo stile di vita degli adepti al
gruppo, soprattutto attraverso un abbigliamento capace di trasmettere
appieno il loro profondo disagio e attraverso un'estetica alternativa
quale suprema espressione della ribellione al modello di vita borghese
e alle convenzioni sociali. La ribellione verso tutti quegli stereotipi
che impongono la bellezza del corpo quale massima espressione della
società contemporanea, li spinge quindi a marchiarsi - soprattutto
fisicamente - come diversi, tramite una sorta di rito tribale, espresso
soprattutto nei tagli e nelle cicatrici procurate con la lametta
- tra i simboli estremi della ribellione -, assieme ai capelli colorati
e a piercing e tatuaggi in qualsiasi parte del corpo. E proprio
il movimento Punk segna l'inizio della fattiva occupazione di spazi
metropolitani in disuso e abbandonati, spazi abitativi adibiti a
luoghi dove è possibile esprimere con forza la propria opposizione
politica a quel sistema sociale ritenuto oppressivo nei confronti
delle minoranze. È l'inizio dei centri sociali autogestiti, luoghi
dove collaudare e realizzare sperimentazioni politiche, economiche
e culturali differenti e alternative.
Occupazione abusiva e individualismo anarchico, quindi, caratteristiche
principali di uno stile di vita - che impone un netto rifiuto della
società esterna - chiamato successivamente 'squatting', 'squatter'
da 'to squat' - occupare -, termine coniato dagli inglesi
nel XVIII e XIX secolo per indicare i primi coloni australiani che
occupavano abusivamente un terreno e ripreso dallo scrittore statunitense
Clifford Simak per definire in alcuni dei suoi racconti di Science-Fiction
tutte quelle persone che avevano abbandonato gli aspetti della tecnologia
moderna e che sopravvivevano di caccia abitando case abbandonate.
Aggregazione collettiva e di protesta che con il tempo lascia emergere
aspetti legati all'inevitabile sfruttamento della tecnologia - in
contrapposizione con la visione fantastica legata ai racconti Sci-Fi
di Simak - attraverso l'uso capillare degli strumenti informatici
quale unica garanzia della concreta diffusione di tutti quei documenti
- politici, creativi, musicali e artistici - legati al mondo degli
squatter e dei centri sociali. Internet, ancora una volta, unico
e grande mezzo di divulgazione, Internet quale unico strumento per
il raggiungimento di finalità comunicative - politiche e sociali
- che necessitano di un mezzo libero, incontrollato e anarchico
come solo la rete delle reti riesce a essere.
|