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Le brutte occasioni della Rete

Wanda Marra

Su Wasted Web una selezione dei siti meno attraenti di Internet

Lasciandosi andare alla deriva in Rete - si sa - si trova di tutto. Nel tutto, come è normale che sia, ci sono anche una moltitudine di siti effettivamente poco attraenti. Spesso e volentieri, a guardarli da vicino, si vede che si tratta di pagine amatoriali, magari non più aggiornate da anni, testimonianza di una volontà di entrare a tutti i costi nel fantastico mondo del web.
Pur tralasciando l'annosa questione di che cosa significa bruttezza e di quali sono le coordinate per fornire una definizione di tale categoria, pur evitando di entrare in una disputa estetica che va avanti dall'antichità, è vero che - come per tutte le realtà che cominciano ad avere una loro fisionomia - anche rispetto ad Internet la questione del bello e del brutto in qualche modo si pone.

A fornire qualche coordinata ci prova Wasted Web, ovvero letteralmente "Web sprecato", che rimanda direttamente all'idea di "occasione persa", offrendo una selezione aggiornata continuamente di siti brutti, divisi per pagine "ordinarie" e pagine che non fanno onore al dominio spesso illustre che occupano.

Wasted Web sostiene che in fondo i siti brutti si riconoscono subito, "traditi da una ventina di gif animate che saltellano, da font con dimensioni assurde, da una quantità spropositata di banner", da inviti a cliccare di qua e di là, dalla presenza di 200 font diversi, e soprattutto "dall'immancabile contatore di accessi formato gigante e da tempi di caricamento esasperanti".

Non sarà una descrizione teorica compiuta, ma effettivamente riassume abbastanza bene tutto quello che ciascuno di noi spera di non veder comparire mai sullo schermo che ha di fronte e che tende ad evitare con un rapido e quasi istintivo puntamento del mouse. Ma Wasted Web tiene ad avvertire che anche per quel che riguarda la Rete, spesso l'abito non fa il monaco: " il web è fatto soprattutto da questi siti e poi non e' detto che un brutto sito non abbia contenuti validi, anzi, molto spesso accade proprio questo".

Essendo la Rete anche una collezione di curiose irregolarità, di incredibili aporie, la selezione di siti brutti crea prima di tutto un certo divertimento, a chi la fa e a chi ne usufruisce. Come non rimanere sbalorditi di fronte a chi, per esempio, non contento di aver registrato niente di meno che il dominio dio.it, scrive su una home page totalmente sguarnita: "Chi cerca, trova. Anche se quel che cerca, pur essendo in ogni luogo, è invisibile. Come Dio"?
La motivazione di questa operazione sembra, però, assolutamente nobile e lucida: www.dio.it "offre alle più sperdute campagne di solidarietà sociale, quelle che nel migliore dei casi apparirebbero due o tre volte su giornali di terza categoria, uno spazio importante sul Web. Su uno dei siti -questo- più visitati in assoluto".
Peccato che, oltre alle parole di presentazione del progetto sul sito non si trova assolutamente altro. Ma forse la chiave sta nella personalità del suo autore, Claudio Ciaravolo, che si definisce "psichiatra di nascita, napoletano di professione, autore radiotelevisivo, e scrittore, noto in tutto il mondo come voicemaker, inventore cioè di leggende metropolitane": vista anche la evidente differenza qualitativa tra i due siti, non sarà anche quella di dio.it, un'invenzione attentamente elaborata?

Quello appena illustrato è solo un esempio lampante di come su Internet, partendo da un concetto ( "il brutto") si arriva spesso a tutt'altro (in questo caso, la "denuncia sociale"), passando il più delle volte per un problema di strategia comunicativa.

Un'operazione come quella di Wasted Web, allora, può esistere solo come osservazione di tipo sociologico. Sottolineandone l'elemento ludico, immancabile e costitutivo, che rifugge da giudizi definitivi e facile normatività.