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Shoplà, l'e-commerce secondo la banca


Le imprese che operano nel settore del commercio elettronico incontrano una serie di problemi legati agli ingenti investimenti necessari per operare in Rete. Un recente studio Commstrategy ha, infatti evidenziato che la migrazione delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, verso i supermercati virtuali appare determinata da tre fattori chiave: debolezza del marchio, scarse possibilità di gestire all'interno servizi come logistica e fatturazione, e l'impossibilità di offrire in modo efficiente informazioni, contenuti e servizi a valore aggiunto ai consumatori online.
Un ruolo determinante viene quindi assunto dagli e-mall, e in particolare quelli detti di seconda generazione, ossia portali e supermercati virtuali di derivazione bancaria, che si occupano dei servizi di marketing e gestione delle transazioni. Intervistiamo ora Guido De Vecchi, amministratore delegato di Shoplà , società costituita da Banca Intesa e Elsag

Voi provenite dal mondo bancario, come mai avete deciso di intraprendere la strada del commercio elettronico?

Shoplà è un'iniziativa che rientra nella strategia di e-LAB, la sub-holding Internet del gruppo Banca Intesa, che era entrata in diverse aree di business tra cui trading online attraverso IntesaTrade, Fundsworld, la piattaforma di fondi non del Gruppo offerta da Banca Intesa. Shoplà si inserisce nelle iniziative di commercio elettronico che vedono Banca Intesa lavorare su due macroprogetti: Shoplà, rivolto al consumatore finale e un progetto business-to-business rivolto alle aziende su cui stiamo lavorando. La logica di questa scelta è che da diverso tempo molte aziende ci parlavano dei loro progetti, telecom company e media company che volevano allearsi con un gruppo bancario. Banca Intesa si proponeva come gestore delle transazioni e ciò che ha più colpito i nostri partner era l'affidabilità del nostro brand, la nostra base clienti e il numero di filiali del Gruppo. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di scendere in campo da soli, alleandoci ad una grande software house come Elsag.

Si tratta in ogni caso di un settore a rischio: pensate che le sinergie con tutti i vostri sportelli possono compensare questo rischio?

Assolutamente sì. Obiettivamente gli investimenti iniziali per una piattaforma che gestisca questo tipo di portale, non sono investimenti straordinariamente importanti: parliamo di alcuni miliardi, non di decine di miliardi come nei casi di piattaforme che debbano gestire transazioni tra aziende. In secondo luogo, utilizzando la rete bancaria del Gruppo e la nostra base clienti, da una parte abbiamo un abbattimento delle spese di marketing, dall'altra parte abbiamo un bacino di 10 milioni di clienti ai quali per primi rivolgiamo i nostri servizi.

Voi avete ereditato un vecchio brand "Go Italy" che andava molto bene. Dall'8 gennaio adesso quali sono i vostri numeri?

Non è che non andasse molto bene. Chiaramente la Elsag, come software house, non aveva l'accesso al mercato del consumatore finale. La piattaforma era molto solida, per questo abbiamo deciso di fare una joint venture con loro. Abbiamo ereditato una piattaforma che aveva 70 clienti, oggi siamo più di 600 clienti dopo 4 mesi dal lancio. Questo dato ci fa essere molto più che entusiasti dell'iniziativa intrapresa.

Per quanto riguarda il fatturato del primo semestre?

Siamo attorno al miliardo e mezzo mensile.

Dal vostro punto di vista, l'e-commercio è in un certo senso in crescita.

È assolutamente in crescita ed è fopndamentale l'abbinamento di strutture offline, cioè di reti che gestiscono e promuovono l'iniziativa e un buon brand online.

Sembra che buona parte dell'economia online e offline del futuro ruoterà intorno alle banche: non si rischia che senza l'appoggio di una grande banca non si riesca a fare business in Italia?

Mi ha fatto abbastanza effetto veder riconosciuti i brand bancari come affidabili. In tutte le ricerche di mercato che abbiamo fatto, il brand di una banca è uno dei pochi che è garante per la fornitura di servizi di terzi.


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