Soru alla conquista dell'Europa
Tiscali
si avvicina ad Aol: in tre anni da zero a 2000 miliardi di
fatturato, raggiungendo il break-even point
Nel giro di poco più di un anno e mezzo siete passati ad essere il
secondo 'Internet service provider' europeo. Il sogno di diventare
numero uno in Europa si sta quasi realizzando?
Continuando a lavorare e continuiamo a sognare. Vediamo come va a
finire.
La svolta: quando ha capito che il sogno poteva essere più
grande e reale?
Non avevamo, certamente, l'ambizione di diventare prima azienda
in Europa. E' una cosa che si è realizzata strada facendo. La mia
idea originaria era quella di diventare numero uno in Sardegna, un
obiettivo ben meno ambizioso di quello attuale. Poi, verso il giugno
del '98 ci siamo accorti che avevamo l'opportunità di fare qualcosa
di importante in Italia. Nei giorni della quotazione, nell'ottobre
del '99, incontrando gli analisti di altre società, ci siamo
accorti che eravamo in gamba e avevamo le idee chiare su come
utilizzare Internet. Inoltre, in Europa, la situazione non era delle
migliori e quindi potevamo provare a esportare il nostro modello in
qualche altro paese. Pensavamo di esportare il modello Tiscali in
qualche altro paese, ma solo successivamente è nata la voglia di
osare.
Qual è il vantaggio di avere un numero di utenti registrati
che si aggira intorno ai 9-10 milioni?
Le economie di scala, sicuramente. Tale business, per costituire
profitto, necessita assolutamente di grossi numeri. Ha bisogno di
poter suddividere il costo degli investimenti fissi e il costo dei
nuovi servizi su una enorme base di utenti. Non è strano che le
uniche società profittevoli, in questa industria, siano le società
americane che hanno davanti a loro dei bacini di utenza enormi.
Noi siamo partiti dall'Italia che, a mio giudizio, non è un
mercato sufficientemente grande per competere bene. L'Europa è
invece sicuramente un mercato sufficiente. In più c'è
un'opportunità storica. In questo momento si sta costituendo
l'Europa, si stanno abbattendo le frontiere geografiche nazionali.
Ed anche le frontiere ideologiche e culturali stanno venendo meno,
di conseguenza c'è un vuoto da colmare.
Cosa rende Tiscali competitiva rispetto agli altri importanti
attori del mercato, come T-Online, Wanadoo, Aol, Terra Lycos,
Mannesman, British Telecom, Seat Tin.it?
Il nostro grosso vantaggio, a mio giudizio, è l'indipendenza,
che consiste nell'essere una società nata come divisione di una
Telecom tradizionale. Indipendenza qui vuol dire non avere eredità
da difendere, non avere preconcetti tecnologici o di mercato.
Internet è totalmente una nuova tecnologia di comunicazione e un
nuovo tipo di servizio. Non centra nulla con tutto quello che è
stato il passato nelle telecomunicazioni. Partire da zero, non avere
nulla da difendere, rappresenta un grande vantaggio.
È pensabile che Tiscali si consolidi, come ha fatto AOL, come
una società editoriale che fornisca contenuti complessi, come nel
caso americano di Time-Warner, o pensate di rimanere un puro
Internet player?
Noi stiamo costruendo, soprattutto, una rete di distribuzione: la
prima rete Internet capace di offrire tre servizi che prima venivano
offerti da tre reti diverse. Storicamente avevamo reti di telefonia,
reti Internet, reti tv via cavo per offrire tre servizi diversi ed
indipendenti: la voce, Internet o dati e la tv via cavo. Noi stiamo
facendo l'unica rete capace di offrire in modo integrato questi tre
servizi, su una stessa rete. Stiamo creando una fortissima
piattaforma di distribuzione dei servizi di comunicazione
tradizionali e dei contenuti editoriali attraverso le tecnologie
esistenti, come il Web, ma anche attraverso le tecnologie del
futuro, vale a dire l'audio e il video streaming. Non pensiamo che
sia necessario essere proprietari di contenuti, visto che esistono
già molte società editoriali che fanno benissimo il lavoro di
produzione di contenuti. Noi saremo una grandissima piattaforma di
distribuzione.
Cosa farà adesso?
Il nostro modello è Aol. Quest'anno raggiungeremo i 9/10 milioni
di utenti attivi. Credo che Aol abbia raggiunto i 10 milioni di
utenti attivi meno di tre anni fa. Se consideriamo che gli Stati
Uniti sono più avanti di noi di almeno 3 anni, rispetto ad Internet
in Europa, vuol dire che siamo sulla buona strada.
Qual è la storia di AOL che vi ha colpito?
Aol vende l'accesso a Internet e incassa circa 15 dollari per
ogni utente attivo, producendo circa 55 minuti di traffico per ogni
utente attivo. Noi oggi "regaliamo" la connessione ad
Internet ma in realtà facciamo pagare Internet attraverso il costo
della telefonata urbana. Per ogni utente attivo ricaviamo circa 6/7
Euro che è poco meno della metà di quello che ricava Aol vendendo
l'abbonamento, ma non facendo pagare la telefonata. Oggi noi
facciamo, in Italia, circa 21/22 minuti di traffico al giorno per
utente attivo. La media di AOL è di circa 55 minuti. Se noi
avessimo 50 minuti di traffico per ogni utente attivo, già anche
dall'accesso, incasseremmo più di AOL. E non ho dubbi che nel giro
di due anni, anche gli utenti europei avranno questo tipo di
utilizzo di Internet. Di fatto, quello europeo e americano sono due
mondi diversi con due tipi di reti di telecomunicazione pensate in
maniera differente: negli Usa non si paga la telefonata, però si
paga l'abbonamento; in Europa, con le reti di telecomunicazione che
sono state create in questi anni, non si paga l'abbonamento ma si
paga la telefonata.
Ci sono, poi, gli introiti pubblicitari.
Aol, oltre ai 15 dollari di accesso, incassa altri 6 dollari
nella pubblicità e nell'e-commerce. Noi, invece, ne incassiamo
1,25-1,50. Gli investimenti in pubblicità in Europa, però,
rappresentano ancora oggi meno dell'1 % del totale degli
investimenti pubblicitari. Vale a dire, i soldi che si spendono per
far pubblicità su Internet, rappresentano circa l'1% di tutti i
soldi che si spendono per far pubblicità. Negli Stati Uniti, questo
numero rappresenta già oggi il 7-8%. Poiché, in Europa, il tempo
che gli utenti stanno spendendo su Internet continua a crescere a
discapito del tempo che gli utenti dedicano alla televisione e alla
carta stampata, non c'è dubbio che anche gli investimenti
pubblicitari su Internet aumenteranno.
L'importante è avere gli abbonati e ottenere da subito ricavi da
questi abbonati. Infatti, già oggi, noi incassiamo, tra accesso e
pubblicità, quasi 8 Euro e credo che tra breve sfonderemo i 10
Euro. Internet gratis non vuol dire non incassare, ma vuol dire
incassare ogni mese 10 Euro per ogni abbonato attivo. Non siamo
molto lontani da quello che era AOL un po' di anni fa.
Il modello di accesso gratuito quindi, potrebbe completamente
sparire e diventare a pagamento, quantomeno per una serie di servizi
a valore aggiunto?
Io credo che sia già oggi a pagamento. È questa contraddizione
che non è ancora chiara; già oggi, in Italia, Internet è a
pagamento. Si paga attraverso il costo della telefonata, si paga a
consumo, si paga per il tempo che si spende online. Poi è probabile
che in un futuro si pagherà non solo la telefonata, ma anche dei
servizi aggiuntivi. Oppure è possibile che in futuro si pagherà un
fisso per il costo del collegamento e dei servizi prima. Io credo
che in qualsiasi maniera evolva il futuro, l'importante è essere
pronti a reagire sulla base delle nuove tecnologie e avere clienti.
Sarà più facile cambiare le modalità di utilizzo degli utenti,
piuttosto che cercarne dei nuovi.
Per quanto riguarda la valutazione delle azioni Tiscali, cosa
può consigliare ai suoi investitori?
Consiglio di investire nei fondi di investimento e lasciare le
decisioni ad investitori istituzionali che hanno tutte le
informazioni necessarie e la capacità di reagire nel momento in cui
le informazioni dovessero essere diverse da quelle aspettate. In
realtà sono interessato alle azioni, nel senso delle cose che
facciamo: sono interessato a fare business, sono interessato a
creare la più grande comunità di utenti Internet in Europa. Se ci
riusciremo, se da questi utenti, invece di 10 Euro, ne incasseremo
20, sarà un business profittevolissimo. Già quest'anno regalando
Internet, di fatto, fattureremo circa 2000 miliardi di lire, circa 1
miliardo di Euro. Non si è mai visto che una società in tre anni,
passi da zero a 2000 miliardi di fatturato, raggiungendo il
break-even point.
Come racconterebbe, in un futuro ipotetico, cosa è successo
nel 2000 alla new economy in Italia?
Ci è stata data la possibilità di essere liberi, la
possibilità di fare impresa senza dover chiedere l'elemosina col
cappello in mano, ossia senza dover chiedere appoggi politici, senza
dover chiedere nulla a nessuno. Abbiamo avuto l'opportunità di fare
impresa partendo da zero, aprendo un'impresa che si confronti con le
grandi società europee, compete alla pari e qualche volta vince.
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