La Città Invisibile
di Tiziana Alterio
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Irlanda, Dublino, Bologna, San Diego, Washington. Cinque punti
distribuiti sul pianeta e cinque persone con un'esigenza in comune:
comunicare. Era il 1993, quando ancora di Internet a stento si
parlava. Un gruppo di italiani trapiantati all'estero e legati al
mondo dell'Università e della ricerca scientifica si incontrano in
una comunità virtuale. Nel 1994 quello stesso gruppo inizia a pensare
a qualcosa di più strutturato: una vera e propria organizzazione.
Nasce la Città
Invisibile. Uno strano oggetto virtuale - diranno poi alcuni dei
fondatori - dotato di un proprio statuto e di una propria
organizzazione interna. Scopo dichiarato quello promuovere un uso
democratico della telematica.
Gennaro Zezza, attuale presidente della Città Invisibile
testimonia l'unicità di questa esperienza:"La citta' invisibile
e' una associazione che e' nata su Internet ed ha operato sempre su
Internet, nel senso che i suoi soci si sono incontrati dal vivo
fisicamente per mettere a punto i dettagli organizzativi, ma dalla sua
nascita e per tutta la sua vita ha sempre operato esclusivamente sulla
Rete prendendo tutte le sue decisioni sulla Rete anche se poi avevano
conseguenze nella vita cosiddetta reale".
Quartiere generale della città invisibile è Bologna. Nient'altro
che un computer all'interno del service provider DsNet manteneva e
mantiene tutt'oggi i collegamenti con tutte le altre postazioni sparse
nel mondo. All'interno di questo computer ci sono gli archivi delle
discussioni tra i soci, tutte le decisioni che nel corso degli anni
sono state prese utilizzando strumenti di democrazia elettronica. Vi
sono registrati inoltre tutti i meccanismi di funzionamento
dell'associazione.
In questa comunità tutto avviene telematicamente. In
un'organizzazione virtuale la fisicità scompare. Non è necessario
incontrarsi. Si parla e si discute in Rete. Per votare e prendere
decisioni in un luogo telematico si usa il meccanismo del
silenzio-assenso. Il silenzio del socio equivale ad un consenso
rispetto alla decisione da prendere. Per il resto esistono gli organi
tradizionali che esistono in una organizzazione normale. Il
presidente, l'assemblea dei soci, un coordinamento e quant'altro serve
per far funzionare un'associazione.
Lucio Picci, uno dei fondatori della Città invisibile, spiega come
viene gestito il controllo dell'amministrazione:"Il potere nella
città invisibile è esercitato in modo sostanzialmente diverso
rispetto ad una organizzazione tradizionale. Nelle organizzazioni
reali vi è un'assemblea di soci che una volta l'anno elegge un organo
direttivo al quale viene affidato una delega e per un certo periodo di
tempo è in grado di prendere delle decisioni per conto di tutta
l'organizzazione. Questo avviene in parte anche nella Città
invisibile ma c'è una novità di fondo. Grazie ad una possibilità di
interazione continua che la tecnologia offre l'assemblea è in grado
di intervenire sulle decisioni in Rete che il coordinamento eletto
sempre tramite un voto elettronico propone all'associazione. Quindi i
soci nella città invisibile hanno un potere in più rispetto a quello
che avrebbero nelle normali organizzazioni.
Dal 1994 ad oggi molte sono state le attività della città
invisibile, dalla promozione dello sviluppo delle città digitali in
Italia al sostegno al mondo del volontariato interessato alla Rete
come mezzo di comunicazione. Attualmente sta per partire un nuovo
progetto denominato città digitali.it, un sito rivolto allo sviluppo
della telematica su basi locali legato in particolare alle città
digitali e alle reti civiche. Il sito e' già attivo su Internet e si
stanno ultimando gli aspetti organizzativi e tecnici per partire
ufficialmente a fine gennaio del 2000. L'idea è quella di instaurare
un servizio rivolto alle amministrazioni segnalando quelle che sono le
iniziative innovative promosse dalle singole città italiane.
La vita delle organizzazioni virtuali è legata ad una serie di
aspetti che non seguono più i modelli canonici di comunicazione.
Diverse le regole, diversi i principi su cui si fonda. Il voto
elettronico, per esempio, è un meccanismo differente di espressione
del consenso. Un meccanismo sempre di più utilizzato non soltanto
dalle organizzazioni virtuali ma anche da quelle tradizionali. Il
primo esperimento in Europa di votazione elettronica è stato una
votazione che ha avuto lo scopo di eleggere le commissioni
giudicatrici dei concorsi per docenti e ricercatori universitari
italiani: 77 seggi elettorali, 191 postazioni di voto in tutta Italia
e 42.830 elettori.
Il seggio telematico è stato gestito centralmente dal Cineca, un
consorzio Inter universitario che raccoglie 15 Università e che
dispone dei più avanzati sistemi per il calcolo scientifico. Al
Cineca, come illustra il direttore del consorzio Marco Lanzarini,
affluiscono i voti di tutte le Università Italiane:
Quando si reca a votare il docente riceve un certificato elettorale
che contiene i suoi dati anagrafici. Questi dati sono immagazzinati in
questo sistema che chiamiamo ufficio elettorale centrale. E' il
sistema che identifica tutti gli elettori e che una volta che
l'elettore è stato identificato consente di esprimere le preferenze
che vengono ad essere depositate nell'urna centrale. Questo sistema
contiene i voti espressi da tutti i docenti che hanno potuto votare in
80 seggi elettorali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il
voto elettronico mantiene la caratteristica di voto anonimo e segreto
come il voto tradizionale su carta. La differenza principale rispetto
al sistema precedente è che lo scrutinio di tipo elettronico avviene
in un tempo molto più rapido. Mezza giornata, per esempio, rispetto a
più di un mese che era il tempo impiegato prima.
Un sistema, quello del voto elettronico, che consente anche
l'eliminazione di quintali di carta. Il voto diventa semplicemente una
sequenza di bit che immediatamente arriva nell'urna centrale che
provvede allo scrutinio finale. Operazione che avviene quasi
contestualmente al voto degli elettori.
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