Un mese di guerra
23 marzo 1999: non c'è più tempo per trattare, la Serbia rifiuta gli
ultimi tentativi di mediazione dell'Onu per risolvere il
problema dell'indipendenza del Kosovo.
Il giorno dopo, il conflitto esplode nei cieli jugoslavi. Gli aerei Nato partono dalle basi italiane e colpiscono i primi
obiettivi usando la tecnica della guerra intelligente. Immediatamente lo scontro si
profila come la più grave crisi internazionale dalla fine della guerra fredda: il 26
marzo Mosca, annuncia che non abbandonerà i fratelli serbi. Mentre l'Onu ratifica
l'intervento Nato, Milosevic non mostra segni di cedimento. Due giorni dopo, parte la fase
2 dell'attacco: cominciano i bombardamenti a tappeto sulle strutture civili e strategiche
come i ponti.
Il 29 cade il primo jet americano e arrivano le prime stime sui profughi.500.000 kosovari hanno varcato i confini con la
Macedonia, il Montenegro e l'Albania: la maggior parte sono stati deportati dai Serbi. Il
30 marzo la Russia avvia la sua azione diplomatica, il primo ministro Primakov va a
Belgrado, ma non ottiene risultati. A Pasqua non ci sarà nessuna tregua. Intanto, a
Belgrado e nelle principali città serbe, i civili si offrono come scudi umani per
difendere i ponti e le fabbriche. La Cnn riporta i
racconti dei profughi sulle atrocità perpetrate dai soldati serbi sui civili. Il 4 aprile
la Bbc diffonde le prime
immagini sull'orrore del Kosovo; ormai la guerra si gioca sempre di più sul fronte
dell'informazione: la televisione serba continua a fare propaganda, e la Nato cerca di
parlare direttamente alla popolazione con un messaggio di Clinton. Il 6 aprile Milosevic
proclama una tregua unilaterale: Clinton e gli alleati la ritengono una mossa
insufficiente. Il giorno dopo le autorità Yugoslave diramano un comunicato in sui si
stima che le bombe Nato hanno causato 300 morti tra i civili e 3000 feriti.
Il 12 il segretario generale dell'Onu Kofi Annan fa una nuova proposta di pace, questa volta è ancora Milosevic a rifiutare. Il giorno
dopo un missile Nato colpisce, accidentalmente, un treno: è una strage, a cui ne seguirà
un'altra. Il 14 aprile una bomba sganciata da un aereo colpisce un convoglio di profughi
kosovari, i morti sono 75. Nel frattempo Stati Uniti e Russia cercano il dialogo ed i
tentativi di mediazione dell'Onu continuano, ma senza effetto. La guerra continua da quasi
quattro settimane e non è escluso l'intervento di truppe di terra.
Tommaso Russo |
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