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Rai Educational
03/05/99 

Insegnanti e tecnologie didattiche

 

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Nel 1997 il Ministero della Pubblica Istruzione ha varato un piano per introdurre le nuove tecnologie della comunicazione nella scuola. Il piano si chiama “Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche” ed è articolato secondo azioni diverse. In particolare la prima parte del finanziamento serve per organizzare corsi di formazione per docenti. In questi corsi gli insegnanti imparano ad usare il computer e imparano a servirsene in classe, come aiuto nell’attività didattica con i ragazzi. E certo è importante che gli insegnanti siano i primi ad imparare, ma dovrebbero esserlo anche nel capire che lo sviluppo delle Tecnologie Nanda CremascoliDidattiche, a scuola, significa soprattutto una sostanziale trasformazione del loro ruolo. Non si tratta solo di imparare ad usare uno strumento nuovo - che in questo caso spesso già appartiene all’universo comunicativo degli studenti si tratta, piuttosto, di riconsiderare il significato dell’insegnamento ora che sono aumentate le fonti di conoscenza, di informazione e di espressione in mano agli studenti. Sentiamo il parere di una professoressa Nanda Cremascoli:

"C'è un forte interesse nella scuola relativamente alle nuove tecnologie e particolarmente al tema della multimedialità; ciò è dovuto al fatto che il Ministero della Pubblica istruzione sta dando, in questo periodo, sostegno a questo genere di temi. Molti insegnanti seguono dei corsi, si aggiornano, cercano di fare molte cose.

C'è un problema, io credo, che sta alla base del problema della multimedialità: la maggior parte degli insegnanti è convinta del fatto che l'unica possibile modalità didattica di trasmissione del sapere agli studenti sia la lezione frontale. C'è una forte opinione negli insegnanti legata a questa particolare modalità di concepire la propria professione, di concepire la propria attività con la classe e costituisce il vero ostacolo a qualunque altro atteggiamento nei confronti della didattica. Questo è il problema vero. Gli insegnanti hanno i loro modelli che sono legati alla lezione frontale, alla ripetizione.

Credo che il grande problema della didattica sia in realtà proprio nella formazione degli insegnanti e nel fatto che gli insegnanti siano troppo legati a un modello storicamente determinato di trasmissione del sapere e legato fondamentalmente alla pratica della lezione frontale. Un insegnante che lavora con gli studenti e comincia a vedere risultati diversi è consapevole del fatto che è necessario saper organizzare il lavoro degli studenti, è necessario saper organizzare il loro percorso di esperienze riunite che alla fine costruiscono il risultato. Nel momento in cui gli insegnanti si rendono conto di questo, allora la strada è spianata. Le nuove tecnologie, oltre ai problemi (perché danno anche qualche problema di gestione, in quanto molto belle, ma forse non ancora le macchine ideali di cui avremo bisogno) possono risolvere molti dei nostri problemi".

Giulio GiorelloNella revisione del loro ruolo, quindi, gli insegnanti devono saper rinunciare ad alcuni aspetti che tradizionalmente hanno definito la loro figura. Devono, soprattutto, saper rinunciare a mantenere il ruolo di un’autorità detentrice unica del sapere. Si tratta di un passaggio inizialmente difficile soprattutto per gli insegnanti più legati alla tradizione, ma che, come ci conferma Giulio Giorello, è l’unica strada davvero utile da seguire.

"L'idea che coloro che rappresentano le linee del sapere, e poi si perpetuano attraverso l'insegnamento, si trovino messi in difficoltà dagli sviluppi tecnologici è un'idea molto interessante, specialmente da questo tipo di tecnologia, perché si tratta di una tecnologia che, per certi versi, può essere più micidiale di qualunque arma fisica, abituale. Questi insegnanti, questi tecnocrati vecchio stile, anche grandi o anche prestigiosi dell'impero scientifico, possono trovarsi in crisi.

Il problema, come si può capire, è estremamente complesso ed estremamente però importante, perché, per citare il vecchio Nietzsche, stiamo attenti all'avvenire delle nostre scuole. Avvenire molto incerto e non sempre direi sereno, anche per le condizioni generali dell'istruzione, non dico solo in Italia, ma anche nell'Europa. Ancora adesso si parla di un insegnante o di un esperto che deve dominare la propria materia.

Questo tipo di dominio però può essere messo in crisi dagli strumenti del dominio stesso. Gli strumenti servono per controllare, ma chi controlla gli strumenti? Credo che gli insegnanti, i professori debbano rinunciare a dominare. Qui si tratta di muoversi rapidamente, ed avere la capacità di sapersi togliere, quand'è il momento, una certa sana diffidenza e prudenza. Non so se vi ricordate quella storia dell'insegnante - credo che fosse una storia di Walt Disney - in cui Paperino insegnante fa il dominatore e batte sempre i pugni sul tavolo; poi, i ragazzini gli mettono, dove batte il pugno, un chiodo. Non vorrei che questa fosse la sorte di molti dominatori della cultura, che poi si trovano a sbattere il pugno su un bel chiodo informatico, che non è così fisico, come il chiodo d'acciaio, ma fa male, può fare anche male".

Per affrontare questo percorso, però, è importante che gli insegnanti non si sentano ‘obbligati’ ad usare le nuove tecnologie ma che vi si accostino gradualmente imparando ad apprezzarne l’utilità anche per il loro lavoro quotidiano.

Luisa Anastopoulos"Gli insegnanti - secondo Luisa Anastopoulos - dovrebbero, in ogni caso, mantenere la scelta per le modalità della loro formazione rafforzando così anche le loro motivazioni e ridimensionando la paura di dover essere costretti a lavorare con le nuove tecniche o lasciare gli insegnamenti. Io ritengo che questa alternativa sia errata perché non credo che le nuove tecnologie siano una panacea. Le nuove tecnologie devono essere al servizio dell'educazione e non il contrario.

E' evidente che il multimediale, in generale didattico, sconvolge e rivoluziona i rapporti educativi a livello scolare, ma ho l'impressione che tutto ciò debba svilupparsi in diverse tappe che gli insegnanti potranno scegliere nel loro settore. Il multimediale è anche molto gradevole e può promuovere la multidisciplinareità nella classe e nel sistema educativo, visto che oggi esiste una concezione della scuola in quanto facente parte della società ma che deve anche cercare un'integrazione nella vita attiva, non rimanendone isolata. Penso che le nuove tecnologie abbiano molte cose da apportare e che possono anche sconvolgere il rapporto con la conoscenza. Infatti, il multimediale offre la possibilità agli insegnanti e soprattutto agli alunni di partecipare, per non essere più passivi al processo di conoscenze, per condividere e costruire i lori progetti e per rispondere ai loro bisogni di conoscenze. Mi pare una cosa straordinaria e interessantissima ma ancora una volta non bisogna bombardare e impaurire gli insegnanti. E' qualcosa che deve venire poco a poco al loro livello".

Vittorio MidoroE per finire Vittorio Midoro ci racconta un’esperienza esemplare in questo senso.

"Io credo che come in tutti i settori del lavoro, anche quello dell'insegnante dovrà tener conto dell'esistenza di nuovi strumenti. Non è pensabile che uno studente abbia più strumenti per apprendere che non un'insegnante. Molti insegnanti sono terrorizzati da questo fatto, e a mio giudizio ci sono modi per esorcizzare questo terrore. Innanzi tutto mettendo in primo piano che il problema non è tanto un problema di apprendere la tecnologia. Il problema importante è capire come cambia il ruolo dell'insegnante di fronte ai nuovi modi di apprendere e alle nuove frontiere che si aprono per le discipline e per le iniziative interdisciplinari. In Finlandia hanno fatto un'esperienza in cui i bambini, i ragazzi insegnano agli insegnanti le nozioni base di computer. Sono proprio i ragazzini di dieci-quindici anni ad insegnare ai loro insegnanti come si accende un computer, come si lancia un programma, come si entra dentro un'applicazione. Parlando con i colleghi finlandesi, mi pare che queste esperienze stiano cominciando a dare i loro frutti. Il computer, a mio parere, deve diventare prima lo strumento di lavoro degli insegnanti con cui si scrivono le relazioni, con cui preparano i compiti, con cui si preparano i programmi, e poi deve diventare lo strumento per la didattica, che serve per essere vicini ai ragazzi e per innovare profondamente il modo di imparare".




 

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