17/03/99
Lavoro, tempo libero
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Possiamo davvero sognare uno sviluppo tecnologico che saprà generare una società
libera dal lavoro, dall'obbligo di correre in ufficio, nel traffico, la mattina presto?
Prendiamo, per esempio, il telelavoro, cioè quella modalità di lavoro svolta per esempio
da casa propria. Per tele-lavorare ci si serve, abitualmente, di un computer. E, di
solito, anche di un telefono. Ora, ci chiediamo: il telelavoro, tenendoci a casa, ci farà
davvero risparmiare tempo di lavoro e guadagnare, invece, tempo libero? O al contrario
comporterà solo rischi, come, per esempio, il rischio di isolamento, un isolamento temuto
da molti studiosi di queste nuove forme di lavoro? Questioni di tal genere sono al centro
del dibattito sul rapporto tra lavoro e nuove tecnologie e restano, per ora, ancora
questioni aperte. Ecco cosa ne pensa Stefano
Rodotà.
"Ci sono molte inchieste sul telelavoro di persone che, perfino, rimpiangono gli
spostamenti, le ore passate su un autobus, su un treno suburbano, perché erano un modo
per muoversi, per vedere altre cose, per incontrare persone, mentre il non muoversi da
casa può diventare una forma di isolamento. Naturalmente qui c'è sempre il discorso: ma
se io passavo due o tre ore al giorno sui mezzi pubblici, guadagno due o tre ore, che
posso impiegare utilmente per rafforzare i miei legami sociali. E qui c'è il tempo
libero, ma ci sono altre questioni. Per esempio: nel momento in cui il lavoro invade lo
spazio familiare che cosa accadrà? Ci saranno nelle nostre case, di ridotte dimensioni,
minori spazi proprio per la organizzazione familiare, ci sarà il rischio di maggiore
esposizione di tutta la famiglia ai rischi dell'attività lavorativa? (
)"
Giovanni Cesareo concorda con Rodotà
sugli effetti negativi che può comportare l'ingresso del lavoro nelle pareti domestiche:
"Io credo che questo sia un rischio molto forte e molto reale, perché in realtà con
il telelavoro c'è un intreccio fra il tempo così detto libero e il tempo di lavoro. Già
il fatto che si lavori a casa e si lavori sistematicamente a casa, questa cosa fa
prevedere una conseguenza di questo genere. Naturalmente, finché il telelavoro è
qualcosa che favorisce il decentramento delle aziende, allora questo è già diverso,
perché naturalmente invece di essere tutti in un ufficio si è in più uffici, ma il
luogo di lavoro è separato dal luogo di non lavoro. Se invece l'intreccio avviene nella
casa, be', noi abbiamo già oggi delle immagini, per esempio della donna che lavora al
computer con il bambino in braccio. E questo ci dà già un'idea di che cosa può
accadere".
Quindi è soprattutto il telelavoro da casa che preoccupa gli esperti. Perché è
proprio in casa che più si rischia di rimanere 'intrappolati' in un tempo di lavoro
dilatato, che non finisce mai e che travolge tutti gli ambiti della vita privata. Eppure,
quello che ci aspettiamo è esattamente il contrario: ovvero che le tecnologie,
soprattutto le nuove tecnologie informatiche, ci aiutino a migliorare la qualità della
vita, riducendo il tempo di lavoro o, per lo meno, permettendoci di gestirlo al meglio. O
addirittura liberandoci per sempre dall'obbligo di lavorare come sogna il nostro
cibernauta Franco "Bifo"
Berardi:
"Io faccio un sogno ed il mio sogno è che di qui a non so quando sia finita
questa idea ossessiva secondo cui bisogna lavorare. Il mio sogno consiste essenzialmente
nell'attesa di un mondo nel quale il valore principe sia quello dell'ozio, sia quello
della pigrizia, un mondo nel quale andare in pensione a trentacinque anni sia diventata
una regola, un mondo nel quale lavorare due ore al giorno sia assolutamente legittimo e
normale. Ecco, il mondo che io mi aspetto dalle tecnologie, dalle tecnologie di
comunicazione, dalle tecnologie della virtualità, dalle tecnologie dell'automazione, è
un mondo nel quale i preti, i governanti, i sindacalisti si rendano conto del fatto che
quando chiedono lavoro ci fanno soltanto del male". |
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