Ogni giorno riceviamo
informazioni, notizie, immagini: le stesse che ricevono, contemporaneamente, gli altri
europei, gli australiani, i giapponesi, gli americani. E, componendo un numero più o meno
lungo, possiamo comunicare con qualcuno che vive all'altro capo del mondo. Questa
situazione che accomuna ormai molti abitanti del pianeta è indicata normalmente con il
termine di "globalizzazione dei media e delle comunicazioni".
Quali sono i mezzi attraverso i quali avviene questo fenomeno? Quali sono gli attori
che organizzano la produzione e la circolazione delle informazioni? Ma, soprattutto, è un
fenomeno effettivamente mondiale?
Fin dagli anni Sessanta, le organizzazioni internazionali si sono poste il problema
dell'uso degli strumenti di comunicazione di massa per favorire lo sviluppo nelle aree del
mondo più povere. Delle esperienze in questa direzione si erano già avute in Sud America
fin dal 1948 quando, in Colombia e in Bolivia, un prete, Joaquin
Salcedo, creò una stazione radiofonica per dare consigli ai contadini dei villaggi
andini. "Radio Sutatenza" univa la pratica religiosa alla propaganda dell'ideale
di autogoverno sociale e produttivo. Nei decenni successivi, in Sud America, le esperienze
di comunicazione orizzontale soprattutto di tipo radiofonico si moltiplicarono: tutte si
prefiggevano non solo di far crescere la coscienza civile ma anche di favorire lo
sviluppo. Nel corso degli anni Ottanta il sistema di comunicazione si è globalizzato,
soprattutto sul piano televisivo, grazie all'esplosione di programmi prodotti negli Stati
Uniti come le prime telenovela, Dallas e Dinasty e in seguito tutta la sequela di serial
prodotti nel Nord America, in Brasile, in Egitto, in India. Questi programmi hanno
monopolizzato l'audience a livello mondiale. La comunicazione planetaria è così
diventata globale anche se ha perduto la funzione di alfabetizzazione, divulgazione e
integrazione che aveva avuto nell'epoca precedente.
Elemento centrale del processo di globalizzazione delle
comunicazioni e dei media sono state le "reti", composte da cavi e da microonde.
Oggi la diffusione delle informazioni avviene soprattutto attraverso i satelliti: essi
permettono di collegare i diversi territori e i diversi continenti che partecipano alla
rete globale. Quelli che, per la prima volta, sono stati utilizzati a questo scopo nel
1965 facevano parte del consorzio Intelsat costituito in origine da 11 paesi.
Oggi, dopo quasi 35 anni, partecipano a Intelsat più
di 140 paesi.
Con i satelliti è possibile, dunque, comunicare attraverso qualsiasi forma di messaggio:
dati, televisione, messaggi vocali. Ed è possibile comunicare tra due qualsiasi punti
della Terra.
Uno dei nodi più importanti della rete globale di comunicazione via satellite si trova
in Italia, nella Piana del Fucino (in provincia dell'Aquila) ed è gestito dalla società Nuova Telespazio.
Dal centro spaziale del Fucino passano tutti i segnali via satellite che
partono dall'Italia e che raggiungono più di cento Paesi. Nello stesso centro si svolgono
anche le attività di supporto e di controllo dello stato di salute dei satelliti. Qui,
infine, il nostro pianeta viene tenuto sotto costante osservazione attraverso satelliti ad
orbita bassa. Telespazio, la società che gestisce il centro spaziale del Fucino, è
nata nel 1961 grazie alla felice intuizione degli allora azionisti Rai, Italcable e Stet.
La prima operatività iniziò utilizzando una sola antenna. Oggi il Centro Spaziale del
Fucino conta circa 70 antenne, disseminate su oltre 15 ettari di territorio.
La stazione del Fucino serve anche allo smistamento delle telefonate internazionali
attraverso i satelliti, la cui vita dipende dal centro di controllo dove diversi monitor
esplicano, ognuno, una particolare funzione.
"Dal Centro Spaziale del Fucino - ha detto Amedeo Natali, direttore di Telespazio
- effettuiamo il monitoraggio di circa venti satelliti: si tiene sotto controllo lo stato
di salute del satellite e si interviene, attuando anche manovre abbastanza delicate, per
mantenere il satellite nelle sue condizioni nominali.
Attraverso l'impiego di satelliti si riesce, con tempi e costi più contenuti rispetto a
soluzioni con mezzi terrestri, a realizzare un minimo di infrastrutture di
telecomunicazioni utili anche per i Paesi in via di sviluppo. Un Paese che ancora non
fosse dotato di una infrastruttura significativa di rete terrestre può, usando sistemi
satellitari, fare un salto per recuperare il gap negativo che ha oggi. E' in questo senso
che va letto il programma "Rascom", finalizzato a realizzare nei prossimi anni
un sistema satellitare con copertura del continente africano".
Il progetto "Rascom" realizzerà sia collegamenti nazionali all'interno di
uno stesso Paese sia tra un Paese e l'altro in tutto il continente africano. Grazie allo
sviluppo delle reti satellitari, i Paesi generalmente esclusi avranno, dunque, la
possibilità di partecipare più attivamente alla comunicazione globale. Ma tutto questo
è già realtà? Tutti i Paesi partecipano allo stesso modo a questo fenomeno oppure
alcuni ne restano esclusi? Insomma, la globalizzazione è veramente globale?
di Tiziana Alterio |
Il termine globalizzazione non rappresenta in modo preciso la situazione attuale delle
comunicazioni e dei media. In realtà, alcuni Paesi, alcuni territori, alcune popolazioni
e culture partecipano alla globalizzazione delle comunicazioni mentre altri ne rimangono
ai margini e altri ancora ne sono per ora totalmente esclusi per ragioni economiche e
culturali. Questo dato può essere esemplificato molto bene da alcune considerazioni: in
Africa, mediamente, solo una famiglia su cento possiede a casa una propria linea
telefonica contro circa l'80, 90, 95 % delle famiglie europee. Così come soltanto il 10,
15% delle famiglie hanno la televisione contro il 95, 98% delle famiglie europee. I
prodotti globali, quindi, possono arrivare in tutta Europa attraverso le reti mentre non
arrivano neanche nel 20, 25% delle famiglie africane e di altri Paesi del Sud del mondo.
Alla globalizzazione vogliono partecipare anche i Paesi economicamente meno forti dove
alla latitanza delle istituzioni nell'elaborare progetti adeguati, subentrano a volte le
piccole organizzazioni.
Oggi il rapporto tra comunicazione e
sviluppo si pone in una nuova prospettiva grazie alla diffusione di Internet. I programmi
di comunicazione per lo sviluppo partono dalla premessa che la rete telematica permette,
da una parte, una distribuzione dell'informazione adeguata alle esigenze di ciascun gruppo
umano, anche il più sperduto e, dall'altra, un utilizzo dell'informazione che può essere
ritagliato proprio sui bisogni locali. Naturalmente, si tratta di un discorso ancora
ipotetico dal momento che le aree più povere del pianeta sono anche quelle in cui è
scarsa la disponibilità di strumenti per la comunicazione telematica.
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