Parlare di disabilità e nuove
tecnologie significa spesso esaminare il problema in termini di ausilio e di modifiche
ambientali e relazionali per ridurre lhandicap, cioè per ridurre quelle difficoltà
che sorgono in presenza di un deficit, il quale, lo ricordiamo, è un dato irreversibile.
Sappiamo tuttavia che una delle tematiche da sempre legate al mondo della disabilità
riguarda la riabilitazione: ci siamo allora chiesti se e come linformatica può
portare il suo contributo anche in questo settore di ricerca.
Per rispondere a questa non facile domanda è opportuno allargare inizialmente lo sguardo
al settore della medicina per vedere se le ricerche stanno portando risultati interessanti
in questo campo. Seguendo questo percorso abbiamo trovato degli sviluppi interessanti al
Dipartimento di Robotica del Politecnico di Milano.
Interessanti ricerche si stanno svolgendo nel campo delle applicazioni
dellinformatica alla medicina: un primo esempio è un prototipo progettato e
realizzato dal Prof. Alberto
Rovetta, docente di Robotica al Dipartimento
di Meccanica del Politecnico di Milano e dalla sua équipe multidisciplinare per la
diagnosi del morbo di Parkinson. Attraverso un sistema di realtà virtuale e di sensori,
si è in grado di valutare sia la precisione e il tempo di reazione a uno stimolo dato,
sia la potenza del movimento. In unapparecchiatura di dimensioni ridotte collegata a
un computer portatile viene inserito un dito del paziente di cui vengono registrati e
visualizzati nel monitor i risultati.
Applicazioni ancora più avanzate sono nel campo della robotica: attraverso un computer è
possibile guidare un braccio meccanico per effettuare delicati esami come biopsie, che
richiedono notevole precisione. Lutilizzo di apparecchiature robotizzate diminuisce
il tempo di intervento e la possibilità di errori. Queste applicazioni sono gestibili
anche a distanza attraverso interventi di telemedicina.
di Cristina Bigongiali
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La robotica e la realtà virtuale stanno
aprendo nuove vie sia in campo medico che in quello relativo alle problematiche
dellhandicap. A questo punto ci si può interrogare in maniera più approfondita
sulla natura del rapporto fra queste nuove realtà e il mondo del deficit ascoltando
lopinione di Jaron Lanier,
pioniere della realtà virtuale, termine da lui stesso coniato.
La comunità di scienziati e ingegneri che si interessa di problemi dei disabili si
è sempre sovrapposta alla comunità delle persone interessate alla realtà virtuale. E la
ragione di tale sovrapposizione è che dobbiamo studiare cose simili; dobbiamo studiare
approfonditamente come una persona interagisce col mondo, e, quindi, in molti casi, gli
apparecchi che inventiamo possono essere usati da entrambi i gruppi. E in effetti c'è un
grande spirito di collaborazione tra le due comunità di ricerca, con parecchie conferenze
in comune. E' un argomento difficile da riassumere, perché in termini di applicazioni ci
sono così tanti tipi di handicap e per ognuno ci sono approcci di tipo diverso; si hanno
centinaia di casi, invece che un singolo grande caso. Certamente, questo è un campo
estremamente importante ed è uno dei più gratificanti per chi ci lavora.
Si tratta quindi di una problematica aperta: la realtà virtuale offre al disabile una
realtà altra, questo porta a chiedersi se tornare poi
inevitabilmente alla fisicità del mondo, della vita di tutti i giorni e ritrovare
ostacoli e barriere materiali possa essere a volte per il disabile fonte di frustrazione e
di ulteriori difficoltà psicologiche. Crediamo tuttavia che la sperimentazione di nuove
forme di movimenti, di comunicazione, di un nuovo rapporto sia con lo spazio fisico, sia
con gli altri possa costituire loccasione per il disabile per conoscere meglio se
stesso, comprendere più a fondo i propri limiti e scoprire nuove potenzialità da
spendere anche nel mondo materiale. Tutto ciò può costituire un modo per ridurre il
proprio handicap e costituire una fonte di riabilitazione. Ma per addentrarci in questo
settore è utile comprendere cosa si intenda con il termine riabilitazione .
Lo abbiamo chiesto allIngegnere Eugenio Guglielmelli ricercatore in bioingegneria
alla Scuola Superiore SantAnna di Pisa e
specializzato nelle applicazioni dellinformatica negli ausili per i disabili:
Sicuramente la riabilitazione è un processo che segue il disabile per tutta la
vita, di fatto e si possono distinguere due macrofasi: c'è un processo riabilitativo che
termina con la piena capacità del disabile di utilizzare al meglio le proprie funzioni
motorie, intellettive, ma che, ovviamente, ha dei limiti dovuti alla menomazione,
congenita o acquisita, e c'è poi un processo, che riguarda l'utilizzo di ausili, la
conversione ad attività lavorative non più compatibili con la situazione di stabilità
che si è venuta a creare, che di fatto rappresenta il vero snodo fondamentale del
processo di piena reintegrazione sociale del disabile.[...] E chiaro che la nuova
frontiera che noi vediamo nell'utilizzo di queste tecnologie per l'assistenza, da
ricercatori, è anche la possibilità di usare le reti telematiche, di dare contenuto alle
autostrade informatiche, non solo per trasmettere informazioni in maniera così
distribuita, ma anche per trasmettere azioni, quindi di integrare sistemi che possono
permettere all'utente di controllare ambienti anche remoti, così come si fa adesso solo
in alcune applicazioni per lo spazio, in ambito industriale molto avanzato, nella vita di
tutti i giorni e, in questo senso, abbiamo condotto un esperimento col Giappone di
telecontrollo del nostro sistema robotico da ununiversità giapponese e abbiamo
condotto esperimenti anche sulla possibilità di erogare terapie di riabilitazione a
distanza per soggetti, per esempio, con problemi di linguaggio e così via, quindi
utilizzare comunque la rete per recepire al meglio quelle che possono essere le esigenze
dell'utente, dalla .. sia in senso riabilitativo clinico proprio, che in senso di
formazione e esecuzione di mansioni professionali.
Vi sono poi altre realtà di ricerca, che attraverso reti neurali fanno leva sulla
motivazione del disabile perché egli acquisisca un maggior controllo dei suoi movimenti.
LIstituto Carlo Besta di Milano nella sua
divisione di neurologia dello sviluppo ha progettato un software che consente al disabile,
attraverso simulazioni virtuali, di avvicinarsi a varie sensazioni di movimento.
Attraverso un sensore che si chiama MindDrive,
prodotto dalla Infotronics di Modena, ma progettato
addirittura dal Pentagono, bambini tetraplegici ma con buone abilità cognitive, riescono
ad interagire con il computer, utilizzando la realtà virtuale per riuscire a trasformare
unintenzione del pensiero in unazione. I videogiochi sono basati sulla
possibilità di orientare il cursore sullo schermo per compiere un esercizio come sciare o
guidare unaeromobile, altri sulla possibilità di distinguere i propri stati
danimo per comporre ad esempio un arrangiamento musicale. I giovani pazienti
gradiscono molto questa nuova terapia e si dimostrano spesso più abili nel comando del
cursore di tanti adulti sani, riuscendo così ad affrontare lesercizio con uno stato
danimo estremamente positivo che porta ad un conseguente rilassamento e quindi ad un
miglioramento della loro distonia.
di Cristina Bigongiali
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