Ultimi giorni di febbraio '99: 600.000
persone da tutto il mondo si sono incontrate nel ciberspazio per discutere delle loro
origini, delle tradizioni e della religione che condividono e che è alla base della
maggior parte delle religioni del mondo occidentale.
Sette giornate virtuali, dunque,
interamente dedicate al popolo che più di ogni altro ha vissuto una condizione di
dispersione e di frammentazione della propria unità: il popolo ebraico.
La Rete è diventata un modo per riunificare la comunità degli ebrei dispersi in tutto
il mondo. La diaspora, ovvero, la disgregazione che dai tempi dell'antico testamento
caratterizza la comunità degli ebrei è stata, per un attimo, ricomposta, sulla Rete.
Internet può essere usata, in molti modi per preservare una
tradizione culturale, è possibile, addirittura, che questi luoghi virtuali diventino
delle vere e proprie comunità virtuali dove membri di una stessa etnia si incontrano, si
parlano, e condividono le proprie tradizioni.
Nascono così esperimenti come Mishpacà, una
comunità virtuale dedicata all'educazione ed all'insegnamento delle tradizioni e della
religione ebraica.
Ma è realmente possibile dare spazio a tradizioni e a culture così diverse?
Sentiamo cosa ne pensa John R. Patrick
Vicepresidente della nuova divisione Internet Technology alla Ibm e coordinatore
del programma "Get Connected" che promuove l'utilizzo di Internet all'interno
della società e di altre società:
"Internet è un catalizzatore. La tecnologia di Internet permette una connettività universale che non
distingue una geografia da un'altra. Consente alla gente di collegarsi. Una volta
collegata, la gente è in grado di esprimersi, e le comunità si possono formare perchè
chiunque è collegato. La comunità del futuro sarà più orientata agli interessi della
gente e non necessariamente al luogo in cui vive. Moltissima gente vive in un paese
diverso da quello in cui è cresciuta, perché è lì che lavora. Molti americani lavorano
in Giappone, molti tedeschi lavorano in America, molti Italiani lavorano a Tokyo. Internet
consente alla gente di riunirsi in base a qualsiasi cosa sceglie. Può riunirsi in base
alla propria lingua, in base ad un interesse per la musica o la tecnologia, o per
qualsiasi altro tema. Penso che invece di forzare tutti ad essere uguali, come si
preoccupano alcuni, Internet è un liberatore".
Nelle città americane, dove il multiculturalismo è una realtà da diversi decenni,
esistono, spesso, quartieri interamente dedicati ad un popolo o ad una etnia: è il caso
di Chinatown a New York.
Ma cosa succede in tutte le città e gli stati dove questi luoghi di aggregazione non
esistono?
La Rete, in questi casi, sembra poter fare da centro di organizzazione e da punto di
riferimento per le comunità più diverse da quella ebraica a quella filippina, a quella
africana, a quella italiana all'estero.
E' così che nascono le Chinatown virtuali come nel sito legato alla
città inglese di Halifax. Nel sito si legge che questa Virtual Chinatown è stata
concepita proprio perché ad Halifax non ne esiste una vera.
Ed è possibile anche una virtual
walkthrough, una passeggiata
virtuale, per la Chinatown virtuale della città giapponese di Yokohama. Si può
girare per le strade colorate e si possono visitare le vetrate virtuali dei veri negozi di
Yokohama.
All'interno di questi luoghi virtuali trovano spazio servizi di tutti i tipi legati al
folklore ed alle tradizioni di una cultura. Si va dalle ricette di cucina
ebraica, all'agenzia matrimoniale per i cinesi all'estero sino al sito degli africani Yoruba dove è possibile
continuare a praticare, on line, la divinazione Yoruba.
Ma uno dei rischi per le culture minoritarie che confluiscono
all'interno del sistema di vita occidentale è quello di perdere contatto con la propria
lingua. Ci sono, in effetti, lingue che rischiano di scomparire del tutto e di non essere
più parlate.
La Rete sembra potersi trasformare in un grande strumento di conservazione delle
tradizioni meno note e di quelle che rischiano di scomparire perché sono minoritarie come
ci spiega ancora John R. Patrick:
"Molti anni fa c'erano 30.000 dialetti diversi al mondo; oggi ce ne sono solo 5.000.
Torneranno ad essere 30.000 o diventeranno uno, due o tremila? Ebbene, dipenderà dalla
gente.Non sarà Ibm, Microsoft o il governo. Sarà la gente. Sarà il modo in cui la gente
vorrà aggregarsi, e formare delle comunità che determinerà in quale direzione si
svilupperà la questione delle lingue. Personalmente penso che i dialetti, che oggi
potrebbero essere minacciati, potranno vivere più a lungo, forse per sempre. Forse
torneranno in vita alcuni dialetti che sono attualmente estinti."
La Rete in alcuni casi dunque può essere un luogo dove tecnologia e tradizione si
conciliano.
Nel caso delle comunità minoritarie che usano la Rete come luogo di ritrovo, il
ciberspazio assume un ruolo diverso dal solito: non è più una dimensione puramente
ludica o uno strumento di evasione per fuggire dalla vita reale. Al contrario è un luogo
dove si possono riscoprire le proprie radici ed entrare in contatto con persone
appartenenti alla propria cultura, disperse in paesi lontani. Persone che sono emigrate
magari negli stessi luoghi, ma che non hanno più dei punti di riferimento comuni nel
mondo occidentale. E non sanno come fare per ritrovarsi.
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