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Ciberculture - Servizio del 15/04/99 

Internet e la conservazione delle tradizioni culturali e linguistiche

di Tommaso Russo

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di Elena Capparelli


jewish web weekUltimi giorni di febbraio '99: 600.000 persone da tutto il mondo si sono incontrate nel ciberspazio per discutere delle loro origini, delle tradizioni e della religione che condividono e che è alla base della maggior parte delle religioni del mondo occidentale.
Sette giornate virtuali, dunque, interamente dedicate al popolo che più di ogni altro ha vissuto una condizione di dispersione e di frammentazione della propria unità: il popolo ebraico.

La Rete è diventata un modo per riunificare la comunità degli ebrei dispersi in tutto il mondo. La diaspora, ovvero, la disgregazione che dai tempi dell'antico testamento caratterizza la comunità degli ebrei è stata, per un attimo, ricomposta, sulla Rete.

MishpacàInternet può essere usata, in molti modi per preservare una tradizione culturale, è possibile, addirittura, che questi luoghi virtuali diventino delle vere e proprie comunità virtuali dove membri di una stessa etnia si incontrano, si parlano, e condividono le proprie tradizioni.
Nascono così esperimenti come Mishpacà, una comunità virtuale dedicata all'educazione ed all'insegnamento delle tradizioni e della religione ebraica.
Ma è realmente possibile dare spazio a tradizioni e a culture così diverse?
Sentiamo cosa ne pensa John R. Patrick   Vicepresidente della nuova divisione Internet Technology alla Ibm e coordinatore del programma "Get Connected" che promuove l'utilizzo di Internet all'interno della società e di altre società:

"Internet è un catalizzatore. La tecnologia di Internet permette unaJohn R. Patrick connettività universale che non distingue una geografia da un'altra. Consente alla gente di collegarsi. Una volta collegata, la gente è in grado di esprimersi, e le comunità si possono formare perchè chiunque è collegato. La comunità del futuro sarà più orientata agli interessi della gente e non necessariamente al luogo in cui vive. Moltissima gente vive in un paese diverso da quello in cui è cresciuta, perché è lì che lavora. Molti americani lavorano in Giappone, molti tedeschi lavorano in America, molti Italiani lavorano a Tokyo. Internet consente alla gente di riunirsi in base a qualsiasi cosa sceglie. Può riunirsi in base alla propria lingua, in base ad un interesse per la musica o la tecnologia, o per qualsiasi altro tema. Penso che invece di forzare tutti ad essere uguali, come si preoccupano alcuni, Internet è un liberatore".

Nelle città americane, dove il multiculturalismo è una realtà da diversi decenni, esistono, spesso, quartieri interamente dedicati ad un popolo o ad una etnia: è il caso di Chinatown a New York.
Ma cosa succede in tutte le città e gli stati dove questi luoghi di aggregazione non esistono?
La Rete, in questi casi, sembra poter fare da centro di organizzazione e da punto di riferimento per le comunità più diverse da quella ebraica a quella filippina, a quella africana, a quella italiana all'estero.

Chinatown virtualiE' così che nascono le Chinatown virtuali come nel sito legato alla città inglese di Halifax. Nel sito si legge che questa Virtual Chinatown è stata concepita proprio perché ad Halifax non ne esiste una vera.
Ed è possibile anche una virtual walkthrough, una passeggiata virtuale, per la Chinatown virtuale della città giapponese di Yokohama. Si può girare per le strade colorate e si possono visitare le vetrate virtuali dei veri negozi di Yokohama.

All'interno di questi luoghi virtuali trovano spazio servizi di tutti i tipi legati al folklore ed alle tradizioni di una cultura. Si va dalle ricette di cucina ebraica, all'agenzia matrimoniale per i cinesi all'estero sino al sito degli africani Yoruba dove è possibile continuare a praticare, on line, la divinazione Yoruba.
YorubaMa uno dei rischi per le culture minoritarie che confluiscono all'interno del sistema di vita occidentale è quello di perdere contatto con la propria lingua. Ci sono, in effetti, lingue che rischiano di scomparire del tutto e di non essere più parlate.
La Rete sembra potersi trasformare in un grande strumento di conservazione delle tradizioni meno note e di quelle che rischiano di scomparire perché sono minoritarie come ci spiega ancora John R. Patrick: "Molti anni fa c'erano 30.000 dialetti diversi al mondo; oggi ce ne sono solo 5.000. Torneranno ad essere 30.000 o diventeranno uno, due o tremila? Ebbene, dipenderà dalla gente.Non sarà Ibm, Microsoft o il governo. Sarà la gente. Sarà il modo in cui la gente vorrà aggregarsi, e formare delle comunità che determinerà in quale direzione si svilupperà la questione delle lingue. Personalmente penso che i dialetti, che oggi potrebbero essere minacciati, potranno vivere più a lungo, forse per sempre. Forse torneranno in vita alcuni dialetti che sono attualmente estinti."

La Rete in alcuni casi dunque può essere un luogo dove tecnologia e tradizione si conciliano.
Nel caso delle comunità minoritarie che usano la Rete come luogo di ritrovo, il ciberspazio assume un ruolo diverso dal solito: non è più una dimensione puramente ludica o uno strumento di evasione per fuggire dalla vita reale. Al contrario è un luogo dove si possono riscoprire le proprie radici ed entrare in contatto con persone appartenenti alla propria cultura, disperse in paesi lontani. Persone che sono emigrate magari negli stessi luoghi, ma che non hanno più dei punti di riferimento comuni nel mondo occidentale. E non sanno come fare per ritrovarsi.

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