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Scuola e Media - Servizio del 24/03/99 

Scuola e
nuove tecnologie

di Michele Fabbri

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I siti istituzionali legati ai progetti della pubblica istruzione
di Elena Capparelli


Una delle questioni più importanti in una società che cambia in maniera profonda - e questo è esattamente ciò che accade oggi grazie alle nuove tecnologie della comunicazione - è se la scuola riesca a stare al passo con i tempi.
Il problema, cioè, è capire se quello che si insegna ma anche il modo in cui si insegna nelle aule non si allontani troppo da quello che accade fuori, nella società e nel mondo di tutti i giorni.
Per vedere cosa sta succedendo nella scuola italiana abbiamo pensato di partire da una scuola elementare di Roma.

La scuola elementare Jean Piaget - che fa parte del circolo didattico n. 145 di Roma, 25 classi per 527 alunni – è uno degli istituti che ha partecipato al progetto di sviluppo della multimedialità nella scuola, del Ministero della Pubblica Istruzione per l’uso della tecnologia nella scuola. La scuola ha ottenuto un finanziamento di 42 milioni.
La direttrice didattica Franca Lombardi ci spiega come hanno utilizzato questi soldi:
"Sono stati acquistati dieci nuovi Pc che sono stati distribuiti nelle scuole del circolo didattico (4 alla Piaget). Le classi che usano il computer sono 14. Abbiamo tre server, macchine fotografiche digitali, masterizzatori, usati per riprodurre gli ipertesti realizzati dagli alunni, con lavagne digitali e penne ottiche che riproducono il segno del bambino sul computer e anche uno scanner".

Bruna Barocci, una delle insegnanti, ci racconta quali sono le principali attività svolte dai bambini: “Il computer è inteso come strumento didattico-formativo. Sono state pensate attività diverse a seconda delle classi. Alcune partecipano con dei programmi collegati alle varie discipline, programmi tutoriali che sviluppano molto l’aspetto interattivo. Un programma molto usato, anzi probabilmente il più utilizzato, è quello di video-scrittura che è impiegato per la redazione del giornalino: “l’impiccione viaggiatore”; importante è anche la creazione di ipertesti, di mappe concettuali accompagnate da immagini e file audio. Per l’apprendimento dell’uso del computer e delle lingue straniere il modello di riferimento metodologico è quello pragmatico - anglosassone del “learning by using” ossia imparare usando gli strumenti, che comprende anche l’idea dell’imparare giocando, attraverso i giochi interattivi”.

Ognuna delle 14 classi ha nel calendario settimanale un orario stabilito per usare l’aula multimediale. Nonostante il bilancio positivo e l’impegno del personale docente, ci sono dei problemi di ordine pratico e culturale che non si è ancora in grado di risolvere. Secondo Luciano di Miele, un altro insegnante della scuola, la pesantezza burocratica - ci vogliono milioni di richieste per acquistare una semplice cartuccia - e la mancanza di tecnici che possano aiutare in caso di problemi con il computer sono i due fattori negativi che rallentano il lavoro degli insegnanti.

di Antonia Moro

La situazione della Jean Piaget è per molti aspetti emblematica. CiMinistero della Pubblica Istruzione sono insegnanti e bambini che utilizzano le nuove tecnologie in lavori utili e divertenti. E ci sono finanziamenti adeguati. Tutto sommato siamo di fronte a un caso positivo. Ma è proprio così la situazione in Italia o in questo campo siamo invece molto in ritardo rispetto agli altri paesi industrializzati? Per fortuna, le cose cominciano a migliorare anche per gli studenti e per gli insegnanti italiani, che oggi non sono più costretti, come accadeva fino a poco tempo fa, a guardare con invidia i loro colleghi di altri paesi. Tutto è cominciato nel 1997, quando il Ministero della Pubblica Istruzione ha dato il via al Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche. E’ il progetto più importante fra quelli realizzati dal ministero, ed entro il 2000 coinvolgerà tutte le scuole italiane, aggiornando insegnanti, fornendo computer e la connessione a Internet dalle materne ai licei. Vediamo alcuni dati:

- le scuole coinvolte nel 1997/98 sono state circa 7.000 (6833), quasi la metà del totale;

- gli insegnanti sono stati quasi 200.000 (198.185) che corrisponde a circa un quarto dell’intero personale scolastico;

- più della metà delle scuole che hanno ricevuto finanziamenti (52,3% ) si è collegata in Internet

CensisEppure ci sono anche indagini recenti che forniscono un quadro meno positivo. Una recente indagine del Censis realizzata insieme a Telecom sottolinea alcune carenze dell’intervento del Ministero della Pubblica istruzione come ci spiega Maurizio Sorcioni del Censis:

"Il risultato principale emerso è la rilevazione da parte nostra di una dinamica presente tra gli insegnanti, che è quella di una forte propensione all'alfabetizzazione tecnologica, un’alfabetizzazione che comunque è avvenuta per via spontanea, diciamo così, senza essere sostenuta in maniera significativa da delle politiche appunto del ministero. Gli insegnanti italiani hanno seguito un percorso di autoformazione per quel che riguarda l'utilizzazione delle tecnologie.
Gli insegnanti si sono trovati a dover in qualche modo imparare da soli, quindi la maggior parte ha acquistato un computer, hanno cominciato ad utilizzare le tecniche di videoscrittura. Ad esempio, sappiamo che il 76% degli insegnanti che abbiamo intervistato sa utilizzare un programma di videoscrittura o un foglio elettronico. Quindi c’è stata un'alfabetizzazione progressiva dovuta proprio al fatto che i docenti hanno acquistato le tecnologie e hanno cominciato ad utilizzarle.
La via dell'autonomia è senz'altro quella da percorrere. L'autonomia è un grandissimo strumento di innovazione del sistema educativo e io credo che sia la vera forza per sviluppare un programma, diciamo, utile di diffusione delle tecnologie didattiche. È lo strumento principe perché permette alle scuole di poter sviluppare dei propri programmi e delle proprie attività. Sono assolutamente convinto che il modello "centralistico" di diffusione delle politiche ha fatto il suo tempo e che invece c'è bisogno di puntare in maniera decisiva e forte sul versante dell'autonomia".

Possiamo certamente dire che fra poco (un paio d’anni) la fase dell’alfabetizzazione informatica sarà finita. Ora però bisogna cominciare a guardare anche ai contenuti, perché avere macchine nuove per vecchi contenuti culturali non porterà da nessuna parte.
E su questo è d’accordo anche la ricerca del Censis.
La cosa interessante è che già in molte scuole si producono esperienze interessanti. Il problema però è che spesso non circolano.

A questo proposito abbiamo chiesto a Mario Fierli, che è il responsabile del Programma del Ministero, di illustrarci quali sono i progetti per lo sviluppo della didattica a cui sta lavorando. In particolare gli abbiamo chiesto come intende utilizzare le "scuole più esperte", quelle che possono "trascinare" le altre:
"Il Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche è un contenitore di attività, gran parte delle quali sono destinate a promuovere nelle singole scuole italiane l'uso delle tecnologie. Naturalmente questa parte del programma prevede dei finanziamenti alle scuole differenziati a seconda del livello di esperienza della scuola, a seconda che le scuole siano più o meno esperte, e prevede, fra l'altro, anche formazione dei docenti, scuola per scuola, a livello di base, man mano che le scuole entrano nel programma.

Una delle cose che facciamo è che man mano che un progetto pilota, progetto diciamo avanzato, è arrivato a maturazione, i risultati di questo progetto diventano automaticamente materiali per tutte le scuole italiane. Faccio un solo esempio fra i tanti: c'è un progetto, il primo che è partito, che si chiama "MultiLab", che coinvolge 140 scuole di tutti gli ordini, dalla scuola materna fino alla scuola secondaria superiore. In questo momento stiamo preparando un’antologia multimediale delle migliori esperienze svolte all'interno del sistema "MultiLab" e metteremo in circolazione questo materiale".

Se sicuramente l’impegno del Ministero è notevole tuttavia sta emergendo con sempre maggior forza un problema che forse all’inizio è stato sottovalutato: la mancanza di personale specializzato dal punto di vista tecnico e didattico. Se non ci saranno queste nuove figure di esperti si corre un grave rischio: il pericolo che al primo attacco di un virus si fermi tutto il laboratorio, o che dopo le prime pagine di presentazione della scuola in Internet nessuno si cimenti più con la comunicazione multimediale.

Insomma sarebbero necessari interventi precisi e urgenti su alcune questioni pratiche da parte del Ministero. Abbiamo rivolto allora la questione al ministro Luigi Berlinguer:Luigi Berlinguer
“Fra poco le scuole avranno una possibilità di spendere più rapidamente e con più agilità proprio grazie alle norme sull'autonomia, proprio con uno strumento specifico, si chiama “Regolamento amministrativo contabile”, che è alle porte. Secondo: noi stiamo aumentando le dotazioni delle scuole. All’inizio, queste dotazioni sono servite per comprare hardware. Adesso, siccome ne arriveranno altrettante, mi auguro, anzi, che crescano, una parte di queste serviranno per la manutenzione. Poi abbiamo introdotto un'altra norma, cioè che le scuole si possono rivolgere anche ad operatori privati per determinate funzioni: per esempio, una scuola ‘intelligente’ potrebbe stipulare un accordo con la società di produzione o di manutenzione dei computer e, quindi, avere un servizio intanto in supplenza del fatto che non c’è personale all'interno. Quindi lo snellimento che stiamo proponendo, che ancora non è giunto al suo risultato finale, potrà consentire di avere, non soltanto l'hardware, ma anche tutte le operazioni per farlo funzionare”.

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