Una
delle novità tecnologiche più rilevanti che consentirà di migliorare il nostro rapporto
con le Istituzioni è la firma digitale.
Grazie a questo strumento si potrà evitare di andare di persona in un ufficio pubblico o
da un notaio per svolgere quelle pratiche che adesso richiedono la presenza fisica degli
interessati.
Se la norma di legge che l'ha introdotta in Italia sarà applicata, si riuscirà a
semplificare di molto la vita quotidiana del cittadino.
Un esempio concreto: abbiamo cambiato casa e dobbiamo comunicare al municipio la nuova
residenza e, già che ci siamo, richiedere una carta d'identità.
Se il Comune nel quale risiediamo lo prevede, possiamo semplicemente accendere il computer
e collegarci con l'ufficio anagrafe, farci riconoscere tramite una procedura di sicurezza,
digitando una password, e riempire un modulo identico a quello che riempiremmo di
fronte all'impiegato se andassimo di persona.
In questo modo con un semplice click
possiamo inviare al Comune la comunicazione del nuovo indirizzo con la richiesta del
documento d'identità.
Il documento ci arriverà per posta dopo qualche giorno; mentre la variazione sui registri
dell'anagrafe sarà effettuata automaticamente in tempo reale o, al massimo, entro poche
ore.
Questa innovazione rivoluzionaria è prevista dalla legge Bassanini, che ha introdotto,
tra le altre cose, anche l'autocertificazione. Larticolo 15 della legge Bassanini prevede che gli atti e i
contratti della Pubblica Amministrazione dei privati possono essere formati anche
attraverso luso di strumenti elettronici.
La legge è già entrata in vigore nel 1997, ma, per quel che riguarda la firma
digitale, fino allo scorso dicembre non erano state decise le cosiddette specifiche
tecniche che solo nel febbraio 99 sono state approvate dal Consiglio del Ministri. Le specifiche
tecniche sono le procedure attraverso le quali si potrà garantire che chi si
collega con un ufficio pubblico ed effettua operazioni a distanza sia proprio
l'interessato e non un malintenzionato.
Il metodo finora utilizzato per assicurarsi che la firma sia legittima è la perizia
calligrafica. Ma come si può fare una perizia calligrafica ad un documento che è
arrivato via Internet?
E qualcosa di simile a
quello che facciamo tutti quando adoperiamo il Bancomat per prelevare dei soldi: inseriamo
la tesserina magnetica e digitiamo un codice segreto. Nessun altro può prelevare soldi al
posto nostro perché gli mancano questi due elementi: la tessera magnetica e il codice
segreto.
Abbiamo chiesto a Francesco Cocco capo di Gabinetto del presidente dell'Aipa, l'Autorità per l'informatica nella Pubblica
Amministrazione, l'organizzazione che ha stabilito proprio queste regole tecniche, di
spiegarci come funziona la firma digitale: "La firma digitale
è fondata sulle moderne tecniche della crittografia. Faccio un esempio molto semplice: se
io intendo mandare un messaggio a, Marco, per dire un nome qualunque, uso la mia chiave
privata per criptare il documento che, originariamente, poteva essere intelligibile da
chiunque.
Attraverso luso della chiave privata il documento viene cifrato.
Lipotetico Marco riceve il documento e attraverso la chiave pubblica che, chi manda
il messaggio ha precedentemente depositato presso delle strutture, appositamente
organizzate per questo servizio, può leggere il documento. E può attribuirlo a me,
perché soltanto io posso aver usato la chiave privata per cifrarlo in quanto la chiave
privata può funzionare solamente insieme alla chiave pubblica. In questo modo è
garantita non solo la riservatezza ma anche la sicurezza dellidentità della persona
che ha spedito il messaggio.
Cerchiamo, adesso, di capire nella pratica cosa fa esattamente questo certificatore. Un
cittadino che vuole utilizzare la firma digitale per i suoi rapporti con il Comune andrà
dal funzionario del Comune di residenza e gli chiederà di assegnarli una
"firma". Cioè dei codici segreti per il suo riconoscimento a distanza. A questo
punto il funzionario, accertandosi della sua identità con i metodi tradizionali, farà
compilare i moduli di richiesta, e si rivolgerà ad una società esterna, il
"certificatore", dalla quale otterrà due plichi sigillati con i codici segreti.
Uno lo consegnerà al cittadino e l'altro andrà negli archivi del centro elaborazione
dati del Comune. Da quel momento, quando la persona che ha ottenuto la firma digitale si
collegherà da un qualsiasi computer utilizzando il software che gli è stato consegnato
ed i codici segreti che dovrà custodire gelosamente, il sistema informatico del municipio
lo riconoscerà ed accetterà tutte le comunicazioni che trasmetterà, come se fossero
consegnate a mano dall'interessato e firmate davanti ad un funzionario.
Ora, anche se fino allo scorso anno l'Aipa
non aveva ancora deciso quali fossero le procedure di sicurezza da seguire per garantire
questo tipo di operazioni, ci sono alcuni italiani che hanno potuto sperimentare in
anteprima la firma digitale.
La firma digitale è, comunque, facoltativa. Si tratta di un'opportunità che gli
italiani potranno sfruttare per evitare perfino di andare dal notaio per comprare o
vendere un appartamento o un'automobile. Chi, però, non si fida a sufficienza delle nuove
tecnologie, potrà continuare ad adoperare i metodi attuali. E quindi lultima
domanda che ci poniamo è sui cittadini. Saranno disponibili? Giorgio Prister, responsabile europeo Ibm per le amministrazioni locali, ci racconta i risultati di
unindagine condotta in tutta Europa dalla Ibm:
Fra i cittadini europei sorprendentemente i cittadini italiani sono fra i più
disponibili a utilizzare la tecnologia informatica per avere questi servizi. Quindi quello
che sembra apparire dalla ricerca è che evidentemente in Italia i cittadini sono pronti,
se gli si forniscono questi servizi, ad utilizzarli.
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