Oggi cercheremo di capire qual è il
rapporto fra il digitale e il mondo del lavoro. Lo sviluppo tecnologico che in questi anni
sta trasformando così profondamente e rapidamente la nostra vita ci viene spesso
presentato come un fatto tutto e solo positivo. Ma c'è una preoccupazione diffusa, che
tutti sentiamo: quali saranno gli effetti sul lavoro, sull'occupazione? Andiamo verso
nuove opportunità, o dobbiamo piuttosto prepararci a una fase di disoccupazione
tecnologica, cioè di disoccupazione creata direttamente o indirettamente dallo stesso
sviluppo delle tecniche?
Un fatto è certo: almeno nel nostro paese,
nonostante il forte consolidamento dell'economia, la disoccupazione continua a crescere.
Basta pensare che dagli anni Settanta fino al 97 la percentuale di disoccupati è
quasi raddoppiata. La disoccupazione è cresciuta in tutta lEuropa. Abbiamo avuto un
periodo di intenso sviluppo economico che però ha lasciato senza lavoro moltissime
persone. Fra queste molte sono giovani e altamente qualificate. È colpa della tecnologia
e dei computer che spesso hanno sostituito il lavoro delle persone?
Abbiamo chiesto a Luciano Gallino ordinario di sociologia allUniversità di Torino, se le innovazioni tecnologiche
incidono di più sul lavoro industriale, su quello impiegatizio o su quello professionale:
"Fintanto che si riesce ad aumentare la produzione, dunque, fintanto che si riesce ad
allargare i mercati, la tecnologia non produce disoccupazione perchè la forza lavoro
rimane costante; quello che si allarga sono i mercati, i volumi di produzione. I mercati,
però, diversi tra loro, variati come sono, non possono espandersi all'infinito. Quando i
mercati non possono più espandersi, la tecnologia viene impiegata prevalentemente per
ridurre le forze di lavoro e incomincia a profilarsi lo scenario, lo spettro della
disoccupazione tecnologica.
Molti sostengono, invece, che le nuove tecnologie creano almeno tante opportunità di
occupazione quante ne sopprimono. Uno dei fenomeni più spesso citati, in proposito, è il
telelavoro, l'uso della telematica per spostare il posto di lavoro fuori dalle grandi
concentrazioni aziendali, più vicino al lavoratore o addirittura in casa sua. C'è chi
scommette che il telelavoro porterà con sé prospettive di nuova occupazione, e di
occupazione più gradevole, per una percentuale altissima della popolazione. A questo
proposito abbiamo intervistato Jack Nilles, che è
considerato un po il "padre" del telelavoro, quanto meno l'inventore del
concetto:
I potenziali telelavoratori - ha
detto Jack Nilles intervistato da
MediaMente - rappresentano circa il 60% della forza lavoro degli Stati Uniti e più o
meno la stessa percentuale in Europa, il che significa che il luogo in cui ci si trova
quando si svolge il proprio lavoro diventa sempre meno importante. Ed è per questo che
con la maggiore potenza della tecnologia informatica, dei computer e delle
telecomunicazioni, l'idea di telelavoro si va diffondendo. E meno costoso lavorare
da casa e certamente diminuisce il traffico, si riduce l'inquinamento e si ottengono
effetti ambientali positivi, inoltre vivendo e lavorando nello stesso luogo si tende a
curare di più la comunità locale. Stiamo ora esperimentando a Los Angeles un modo per
migliorare il livello economico delle aree degradate portandovi il telelavoro. Portare il
lavoro dove sono le persone e al contempo dare loro maggiori competenze, in modo che
possano migliorarsi e diventare autosufficienti invece di ricorrere a quella che è una
forma di finanziamento pubblico: abbiamo scoperto che questo sta per diventare uno
strumento molto importante per lo sviluppo, in particolare dove le persone hanno un
livello di istruzione molto basso.
Di telelavoro, anche in Italia, si è
molto discusso, tanti si sono chiesti se avrebbe portato nuove forme di alienazione o
viceversa maggiore libertà personale al lavoratore.
Ma forse vale la pena di porsi prima un'altra domanda. Quanto è realmente applicato il
telelavoro?
Il telelavoro potrebbe essere una soluzione utile per
risolvere molti problemi, ma per adesso sembra una realtà lontana. Allinterno degli
uffici si continua a lavorare fianco a fianco con i propri colleghi e solo in rari casi si
sperimentano forme di collaborazione a distanza. Anche dove le tecnologie sono presenti,
come allinterno di Dada, il più grosso fornitore
di connettività a Internet fiorentino, la presenza fisica dei dipendenti in ufficio è un
fattore essenziale. "E un paradosso. In un provider come il nostro - spiega
Alessandro Sordi, uno dei soci fondatori di Dada - abbiamo tecnologie avanzate e potremmo
telelavorare facilmente. Ma questo non è possible. Quando i nostri clienti hanno un
problema ci richiedono la presenza di un tecnico. Per loro una spiegazione fatta al
telefono non è sufficiente".
Il lavoro a distanza, trova, però, alcune forme di sperimentazione. "Scanner" e
Dada on line, sono due riviste nate allinterno
della Rete. In questo caso il telelavoro si è rivelato un sistema efficace per gestire i
rapporti con i collaboratori. Secondo Giovanni Ballerini, direttore della rivista Scanner
il telelavoro è lideale per un giornale che nasce per la Rete: "Vista la
velocità di Internet - ha detto - si possono creare varie sperimentazioni di telelavoro.
Se cè una manifestazione a Barcellona, contattiamo una persona che segue
levento e che scrive un testo e realizza un filmato. Poco dopo possiamo vedere il
suo lavoro sul Web".
"Per realizzare Dada on line - spiega Barbara Bellini, responsabile della rivista -
utilizziamo un sistema editoriale che permette ai giornalisti di interagire direttamente
con le pagine che si trovano in Rete. Se un giornalista si trova alla Mostra del cinema di
Venezia, può inviare il suo servizio attraverso la Rete. Una volta letto dal
caporedattore, larticolo è pronto e può essere letto sulla rivista".
Nella sede della Leader-Pubblicità, si è spesso pensato ad utilizzare il telelavoro ma
il continuo dialogo fra i dipendenti è un fattore essenziale per creare pubblicità. I
sistemi di comunicazione a distanza non potrebbero sostituire le riunioni in cui i
pubblicitari si scambiano idee e informazioni.
"In pubblicità - spiega Ralph Kaeser, responsabile marketing della Leader
Pubblicità - il telelavoro non potrà mai essere utile in quanto la pubblicità è fatta
di idee. Le campagne pubblicitarie sono frutto di una serie di emozioni che nascono sempre
intorno a un tavolo. Lo scambio di idee e il contatto "reale" fra persone è
molto importante. Queste riunioni non potrebbero funzionare con sistemi di comunicazione a
distanza". |
di Valeria Pini
|
Le potenzialità teoriche del telelavoro, come di tante altre innovazioni, riescono a
superare la prova dei fatti solo in una piccola percentuale dei casi. Da battere non ci
sono solo le resistenze conservatrici delle persone, ma anche le tante, grandi o piccole,
difficoltà organizzative. Secondo la ricerca Telelavoro in movimento della
Fondazione Ibm, in Italia ci sono circa 100.000 telelavoratori. Un numero basso, dal
momento che nel nostro paese i potenziali telelavoratori sarebbero 5 milioni.
In quest'epoca di intense e continue innovazioni l'invito che viene più spesso rivolto
a chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro è "siate flessibili": l'idea è che
se ci sapremo adattare le tecnologie faranno da sole. Essere flessibili è giusto e
comunque inevitabile. Ma la speranza che l'innovazione da sola saprà ricreare i posti di
lavoro perduti sembra eccessivamente ottimistica.
|
|