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Handicap, Telelavoro - Servizio del 15/01/99 

Handicap e telelavorare

di Stefania Navacchia

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Handicap e nuove tecnologie
di Elena Capparelli


Abbiamo parlato più volte di software e di sistemi informatici che servono ai disabili per lavorare al meglio con computer e attrezzature informatiche. Eppure un’indagine di qualche anno fa sui centri per il Telelavoro dava un risultato a prima vista sorprendente. Circa il 70% delle persone disabili non hanno necessità di una modifica della propria postazione di lavoro. Ma è proprio così? In effetti il telelavoro di fatto è spesso indicato come la soluzione per eccellenza per risolvere i problemi relativi all’inserimento lavorativo delle persone con deficit.

InsielCominciamo da alcune esperienze reali.  A Trieste nella società Insiel, del gruppo Finsiel telecom italia, che sviluppa software per la Pubblica Amministrazione la modalità del telelavoro è quotidianamente applicata e grazie a questo anche alcuni disabili hanno trovato una loro perfetta integrazione nella realtà lavorativa. Per Fiorenza Scotti, che in Insiel si occupa di telelavoro oltre che di produzioni multimediali il telelavoro rappresenta sicuramente una modalità di lavoro molto comoda, usata sia da colleghi normodotati che disabili. Il telelavoro permette una comunicazione rapida e veloce con i colleghi del gruppo dislocati in altre città, come Udine, Pordenone o addirittura Foggia. Proprio tramite il lavoro in Rete Fiorenza Scotti collabora da Trieste con colleghi che si trovano in altre sedi, come nel caso di Roberto de Cesare, ragioniere programmatore, che da casa sua in provincia di Foggia, si occupa di sviluppo software. Roberto utilizza un normale Pc con stampante, un modem per il collegamento in Rete tramite una linea isdn, oltre ad un software per le chat on line con cui comunica comodamente con i colleghi. FinsielL’Insiel di Trieste all’avanguardia nell’utilizzo delle nuove tecnologie, riesce quindi ad offrire interessanti opportunità di lavoro anche a persone con disabilità gravi ma culturalmente e professionalmente preparate, agevolandole negli spostamenti dal luogo dove vivono e permettendo loro di telelavorare da casa o da uffici distaccati più comodi per le loro esigenze.

di Cristina Bigongiali


Parlare di telelavoro e handicap significa riflettere sul modo in cui si intrecciano problemi culturali, economici e sociali dando vita a nuovi scenari. Per esempio cambia il rapporto con le coordinate essenziali della vita di ognuno: lo spazio e il tempo. Infatti, rispetto allo spazio, il telelavoratore non è più legato a luoghi fisici. Mentre rispetto al tempo non deve più osservare orari prefissati, ma può gestire più liberamente la propria attività.

A.S.P.H.I.Quindi confini tra lavoro, riposo e formazione divengono più elastici - e questo è un vantaggio - ma anche più labili e questo può essere un rischio. Insomma, ci sono rischi e vantaggi, come ci conferma Luigi Rossi responsabile attività formativa dell’Asphi, un’associazione che realizza progetti informatici per gli handicappati:

Navigazione"Abbiamo fatto quest’esperienza di telelavoro ma l'abbiamo proposta e attuata solo dopo averla vissuta. Abbiamo avuto delle osservazioni, per non dire delle critiche, secondo me giuste, da parte di associazioni di categoria, che rispetto al telelavoro dicono: "Stiamoci attenti!". Stiamoci attenti perché può essere la maniera per dire: "Ho risolto il problema dei disabili", se ne stanno a casa e così abbiamo risolto tutti i problemi. Tanto è vero che con questo spirito io ho lavorato nell'ambito di un programma europeo che si chiama "Elios", che si concluse nel ’96. In un gruppo di lavoro il nostro tema era anche il telelavoro. E mi scontravo con gli altri partner europei, perché loro portavano la bandiera del telelavoro ad oltranza.

A forza di dialogare io mi sono avvicinato alle idee di questo partner che sosteneva come il futuro sarà nel telelavoro perché l’Europa spinge molto su questa modalità di lavoro per vantaggi sulla riduzione dei costi e per altri motivi. Per questo è condivisibile l’opinione di questo collega che affermava l’importanza, per chi si occupa di disabili, di sapere arrivare al momento giusto in modo tale che quando l’opportunità del telelavoro sarà reale, lo sarà veramente anche per i disabili. Se vi saranno opportunità per tutti, è giusto che ci siano anche per disabili."


Una cosa che va specificata è che il telelavoro è un modo di lavorare e non un lavoro in sé. Cioè non riguarda i contenuti dell’attività svolta, ma la sua forma. Forma che potrà assumere fisionomie differenti. Ci può essere certo il lavoro a domicilio, ma anche lavoro itinerante, che utilizza ad esempio, la telefonia mobile. Inoltre si può parlare di telelavoro quando all’interno di un azienda, persone situate in uffici diversi possono essere collegate tramite una rete locale; o addirittura ci sono centri di telelavoro.

Telelavoro e handicapAllora dove cercare il nocciolo del problema? Lo abbiamo chiesto ancora una volta a Luigi Rossi:" Io credo che la cosa importante è che sia una libera scelta - ha detto Rossi. Se uno liberamente sceglie di fare il telelavoro, vuol dire che ha pensato di organizzare la sua vita in un modo tale che gli è conveniente il telelavoro. Allora, se questo resta anche per la persona disabile, io credo che sia altrettanto valida. Discorso diverso e pericoloso sarebbe dire che il telelavoro è la soluzione definitiva e ideale per i disabili. Se i disabili fossero costretti ad accettare solamente questa modalità di lavoro, non andrebbe assolutamente bene, ma se la scelta è libera, io credo che sia corretto. Inoltre noi suggeriamo una modalità di telelavoro, non ancora molto diffusa che preveda dei momenti una volta alla settimana, o un giorno ogni 15 giorni, in cui la persona va in ufficio per relazionarsi con gli altri."

E’ dunque un problema di scelta. La chiave di volta, la risposta alla nostra domanda iniziale risiede nel fatto che le tecnologie offrono ai disabili, come a tutti, non la soluzione definitiva ed assoluta, ma la possibilità di scegliere fra più modi di fare una stessa cosa e maggiori opportunità di poter interagire nella società. Questo può costituire una replica a chi afferma che il telelavoro isola la persona handicappata: se per chi ha un deficit sicuramente è importante la dimensione del contatto fisico, il supporto che l’informatica offre al disabile, anche in campo lavorativo, è quello di poter usare le sue potenzialità, altrimenti inespresse. Essa dunque non costituisce il fine, ma il mezzo per realizzare una vera integrazione.

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