Abbiamo parlato più volte di software e di sistemi informatici che
servono ai disabili per lavorare al meglio con computer e attrezzature informatiche.
Eppure unindagine di qualche anno fa sui centri per il Telelavoro dava un risultato
a prima vista sorprendente. Circa il 70% delle persone disabili non hanno necessità di
una modifica della propria postazione di lavoro. Ma è proprio così? In effetti il
telelavoro di fatto è spesso indicato come la soluzione per eccellenza per risolvere i
problemi relativi allinserimento lavorativo delle persone con deficit.
Cominciamo da
alcune esperienze reali. A Trieste nella società Insiel,
del gruppo Finsiel telecom italia, che sviluppa
software per la Pubblica Amministrazione la modalità del telelavoro è quotidianamente
applicata e grazie a questo anche alcuni disabili hanno trovato una loro perfetta
integrazione nella realtà lavorativa. Per Fiorenza Scotti, che in Insiel si occupa di
telelavoro oltre che di produzioni multimediali il telelavoro rappresenta sicuramente una
modalità di lavoro molto comoda, usata sia da colleghi normodotati che disabili. Il
telelavoro permette una comunicazione rapida e veloce con i colleghi del gruppo dislocati
in altre città, come Udine, Pordenone o addirittura Foggia. Proprio tramite il lavoro in
Rete Fiorenza Scotti collabora da Trieste con colleghi che si trovano in altre sedi, come
nel caso di Roberto de Cesare, ragioniere programmatore, che da casa sua in provincia di
Foggia, si occupa di sviluppo software. Roberto utilizza un normale Pc con stampante, un
modem per il collegamento in Rete tramite una linea isdn, oltre ad un software per
le chat on line con cui comunica comodamente con i colleghi. LInsiel di Trieste allavanguardia nellutilizzo
delle nuove tecnologie, riesce quindi ad offrire interessanti opportunità di lavoro anche
a persone con disabilità gravi ma culturalmente e professionalmente preparate,
agevolandole negli spostamenti dal luogo dove vivono e permettendo loro di telelavorare da
casa o da uffici distaccati più comodi per le loro esigenze. |
di Cristina Bigongiali
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Parlare di telelavoro e handicap significa riflettere sul modo in cui si intrecciano
problemi culturali, economici e sociali dando vita a nuovi scenari. Per esempio cambia il
rapporto con le coordinate essenziali della vita di ognuno: lo spazio e il tempo. Infatti,
rispetto allo spazio, il telelavoratore non è più legato a luoghi fisici. Mentre
rispetto al tempo non deve più osservare orari prefissati, ma può gestire più
liberamente la propria attività.
Quindi confini tra lavoro, riposo e formazione divengono
più elastici - e questo è un vantaggio - ma anche più labili e questo può essere un
rischio. Insomma, ci sono rischi e vantaggi, come ci conferma Luigi Rossi responsabile
attività formativa dellAsphi,
unassociazione che realizza progetti informatici per gli handicappati:
"Abbiamo fatto questesperienza di telelavoro ma l'abbiamo
proposta e attuata solo dopo averla vissuta. Abbiamo avuto delle osservazioni, per non
dire delle critiche, secondo me giuste, da parte di associazioni di categoria, che
rispetto al telelavoro dicono: "Stiamoci attenti!". Stiamoci attenti perché
può essere la maniera per dire: "Ho risolto il problema dei disabili", se ne
stanno a casa e così abbiamo risolto tutti i problemi. Tanto è vero che con questo
spirito io ho lavorato nell'ambito di un programma europeo che si chiama
"Elios", che si concluse nel 96. In un gruppo di lavoro il nostro tema era
anche il telelavoro. E mi scontravo con gli altri partner europei, perché loro portavano
la bandiera del telelavoro ad oltranza.
A forza di dialogare
io mi sono avvicinato alle idee di questo partner che sosteneva come il futuro sarà nel
telelavoro perché lEuropa spinge molto su questa modalità di lavoro per vantaggi
sulla riduzione dei costi e per altri motivi. Per questo è condivisibile lopinione
di questo collega che affermava limportanza, per chi si occupa di disabili, di
sapere arrivare al momento giusto in modo tale che quando lopportunità del
telelavoro sarà reale, lo sarà veramente anche per i disabili. Se vi saranno
opportunità per tutti, è giusto che ci siano anche per disabili."
Una cosa che va specificata è che il telelavoro
è un modo di lavorare e non un lavoro in sé. Cioè non riguarda i contenuti
dellattività svolta, ma la sua forma. Forma che potrà assumere fisionomie
differenti. Ci può essere certo il lavoro a domicilio, ma anche lavoro itinerante, che
utilizza ad esempio, la telefonia mobile. Inoltre si può parlare di telelavoro quando
allinterno di un azienda, persone situate in uffici diversi possono essere collegate
tramite una rete locale; o addirittura ci sono centri di telelavoro.
Allora
dove cercare il nocciolo del problema? Lo abbiamo chiesto ancora una volta a Luigi
Rossi:" Io credo che la cosa importante è che sia una libera scelta - ha detto
Rossi. Se uno liberamente sceglie di fare il telelavoro,
vuol dire che ha pensato di organizzare la sua vita in un modo tale che gli è conveniente
il telelavoro. Allora, se questo resta anche per la persona disabile, io credo che sia
altrettanto valida. Discorso diverso e pericoloso sarebbe dire che il telelavoro è la
soluzione definitiva e ideale per i disabili. Se i disabili fossero costretti ad accettare
solamente questa modalità di lavoro, non andrebbe assolutamente bene, ma se la scelta è
libera, io credo che sia corretto. Inoltre noi suggeriamo una modalità di telelavoro, non
ancora molto diffusa che preveda dei momenti una volta alla settimana, o un giorno ogni 15
giorni, in cui la persona va in ufficio per relazionarsi con gli altri."
E dunque un problema di
scelta. La chiave di volta, la risposta alla nostra domanda iniziale risiede nel fatto che
le tecnologie offrono ai disabili, come a tutti, non la soluzione definitiva ed assoluta,
ma la possibilità di scegliere fra più modi di fare una stessa cosa e maggiori
opportunità di poter interagire nella società. Questo può costituire una replica a chi
afferma che il telelavoro isola la persona handicappata: se per chi ha un deficit
sicuramente è importante la dimensione del contatto fisico, il supporto che
linformatica offre al disabile, anche in campo lavorativo, è quello di poter usare
le sue potenzialità, altrimenti inespresse. Essa dunque non costituisce il fine, ma il
mezzo per realizzare una vera integrazione. |
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