Oggi parleremo del rapporto fra
lavoro e nuove tecnologie. Cercheremo di approfondire alcuni aspetti interessanti
dell'impatto che la rivoluzione tecnologica ha avuto sul mondo del lavoro.
I giovani che si affacciano oggi sul mercato del lavoro si trovano spesso di fronte a due
luoghi comuni contrastanti.
Da una parte si sentono sempre dire che nel nuovo contesto tecnologico sono avvantaggiati:
il lavoro del futuro richiede in misura sempre crescente competenze informatiche e
telematiche, e queste competenze è molto più facile le abbiano le persone cresciute col
computer.
Dall'altra parte, si sente dire correntemente che siamo alla "fine del lavoro",
o almeno, alla fine del lavoro come è stato concepito per più di un secolo: un insieme
di posti stabili che danno da vivere a gran parte delle famiglie. L'innovazione
tecnologica viene generalmente presentata come la principale responsabile di questa
trasformazione.
Resta da capire se l'informatica è un'occasione per il lavoro
dei giovani o è la loro condanna? O forse rappresenta un cambiamento di rotta, verso
scenari imprevisti? Sergio
Bologna, un intellettuale che ha fatto il '68, oggi dirige una società di consulenza
sul settore dei trasporti, e ha pubblicato con Andrea Fumagalli, un
libro sulle nuove dimensioni del lavoro "Lavoro autonomo di
seconda generazione". Tesi principale è che una delle maggiori novità del
nostro tempo è lo sviluppo di nuove forme di lavoro autonomo e tra i campi in cui questa
forma di lavoro si sta sviluppando, c'è proprio la nuova economia della comunicazione. Ma
qual è, allora, il rapporto fra il cambiamento tecnologico in corso e la figura del
lavoratore autonomo? E lo stesso Sergio Bologna a spiegarcelo: "Direi che senza il cambiamento
tecnologico in corso, mi riferisco, ovviamente, soprattutto alle tecnologie
dell'informazione, oggi il lavoro autonomo non sarebbe possibile. O meglio, sarebbe
possibile un lavoro autonomo, ma non un lavoro autonomo in grado di dare tali e tanti
servizi come oggi esso dà. Quindi, il rapporto, diciamo, tra sviluppo del lavoro autonomo
e sviluppo delle nuove tecnologie è assolutamente stretto e inscindibile. A questo va
aggiunto il fatto che il lavoratore autonomo passa la metà della sua giornata, in quelle
che chiamiamo le pratiche relazionali: la passa a telefonare, la passa a
parlare con le persone, la passa a comunicare. Quindi questa altissima intensità del
lavoro relazionale dentro la giornata lavorativa del lavoratore autonomo, ovviamente, ha
bisogno di tecnologie e di strumenti per comunicare. Quanto più sono efficienti questi
strumenti, tanto meglio".
Per favorire lo sviluppo delle imprese, e soprattutto per favorire la
cooperazione tra loro che è ormai strategica, non bastano finanziamenti generici. Occorre
creare ambienti tecnologici e culturali che stimolino i lavoratori. Per questo motivo si
stanno diffondendo gli "incubator", vere
e proprie incubatrici delle nuove imprese. Qui le imprese trovano, o dovrebbero trovare,
servizi adeguati, e incontrare quotidianamente i loro possibili partner, e forse anche i
futuri concorrenti.
Un "contenitore" di questo tipo è il Centro Multimediale sorto a Terni, già capitale
dell'acciaio, e specializzato nelle imprese di comunicazione e cultura.
All'interno del Centro
Multimediale di Terni si sperimenta quello che potrebbe diventare l'impresa del
futuro. In più di 17.000 metri quadri, convivono una trentina di aziende all'avanguardia
nel settore della multimedialità. Ma la novità di questo Centro sta nell' organizzazione
del lavoro. Qui ci si abitua a convivere con i propri concorrenti, ma si trovano anche
spazi dove incontrare clienti e creare collaborazioni con altre imprese. "Le
imprese", spiega Enzo Favaretto, amministratore delegato del Centro Multimediale di Terni, "imparano
a lavorare insieme. Il fatto stesso di trovarsi in uno stesso edificio da' loro la
possibilità di confrontarsi e di scambiare idee. Inoltre il nostro centro mette a
disposizione una serie di attrezzature tecnologiche molto utili ai professionisti del
settore".
Nelle enormi stanze del Centro
Multimediale si creano cartoni animati al computer, filmati, contenuti destinati alla
Rete, oppure cd-rom.
Fra l'altro c'è anche un ampio spazio dedicato ai corsi di formazione, per preparare in
modo adeguato i professionisti del domani.
In poco tempo il centro ha dato lavoro a più di 150 persone. "Lavorare qui",
spiega Alberto Cecchi, responsabile della DD Bunch, una ditta che produce contenuti per
Internet, "ci ha dato opporunità molto interessanti. In questo centro si possono
incontrare clienti che altrove non avremmo potuto incontrare e possono nascere anche nuove
forme di collaborazione con ditte che lavorano nel settore".
All'interno del Centro
Multimediale di Terni
sono state girate alcune scene del film di Roberto Benigni "La vita e' bella". Per chi fa
cinema o televisione, a Terni,
ci sono una serie di tecnologie all'avanguardia. Il Set Virtuale di Terni e' uno dei più grandi d'
Europa. Si tratta di un ambiente simulato al calcolatore nel quale e' possibile immergere
attori reali. In questo modo, durante le riprese, i personaggi e l'ambiente circostante si
integrano fra loro in modo perfetto.
Ma a Terni si
lavora anche utilizzando trucchi cinematografici tradizionali. Carlo Rambaldi, famoso in
tutto il mondo per aver realizzato effetti speciali in film come King Kong ha aperto all'interno
di questo centro una un laboratorio per insegnare ai giovani a creare effetti speciali.
"Ho deciso di venire qui - dice Carlo Rambaldi - perché
alcune ditte americane si erano interessate a Terni come centro di lavoro. Qui
insegniamo ai ragazzi a modellare e a dipingere mostri e personaggi di legno o di gomma.
Ma imparano anche a lavorare creando effetti al computer".
La formazione dei giovani e' uno degli obiettivi principali del Centro Multimediale di Terni. I giovani
possono contattare le imprese tecnologiche del Centro, conoscere professionisti del
settore e, a volte, trovare un'occupazione.
E forse questo e' uno degli aspetti più interessanti del nuovo modello di impresa, nato
all'interno del Centro Multimediale di Terni.
Esistono tante piccole imprese che producono comunicazione e cultura.
Possono essere concentrate insieme in ambienti appositamente progettati, come nel caso del
Centro di Terni, o essere sparpagliate sul
territorio. Per guidarle è necessario avere una serie di competenze che non sono facili
da trovare tutte insieme. Bisogna avere conoscenze tecnologiche, ma anche contenuti
culturali più "classici". Inoltre bisogna sapersi destreggiare tra le leggi e
sapere gestire la contabilità dell'azienda. Come si impara tutto questo?
Ci sono i corsi universitari di comunicazione che cercano di prepararenuove figure professionali che dovrebbero rispondere a queste
esigenze. Sentiamo da Sebastiano
Bagnara, esperto dell'interazione uomo-macchina e presidente del Corso di Laurea in
Scienze della Comunicazione all'Università di Siena,
se crede giusto che questi nuovi professionisti abbiano anche competenze umanistiche:
"Debbono avere componenti umanistiche molto forti, ma non solo quelle. Devono
avere componenti tecnologiche e componenti conoscitive di tipo economico. Sapere inoltre
quale valore trarre da questa combinazione e avere competenze dal punto di vista del
diritto, delle norme. Si stanno sostanzialmente toccando degli argomenti molto importanti
che vanno dal diritto alla proprietà intellettuale al diritto alla privacy, al diritto
dellinformazione. Quindi sono almeno questi quattro i componenti fondamentali".
Si e' spesso rimproverato all'università italiana di non offrire agli studenti la
possibilità di avere esperienze nel mondo lavorativo. Sentiamo ancora da Sebastiano Bagnara in che modo si può
integrare la formazione di base con la concreta esperienza lavorativa e con le competenze
tecnologiche:
"Le esperienze tecnologiche vanno innanzitutto studiate alluniversità.
Lesperienza lavorativa dovrebbe essere una componente necessaria della formazione
universitaria. La componente stage, ovvero lo stare nel lavoro in
qualche maniera dovrebbe essere una parte fondamentale della formazione universitaria. Per
almeno 3 o 4 mesi si dovrebbe affrontare un lavoro in cui si usano le tecnologie,
altrimenti quello tra scuola e lavoro diventa sempre più un passaggio difficile.
Luniversità deve garantire agli studenti la possibilità di fare esperienze
lavorative o dentro ai propri laboratori, oppure, ancora meglio allesterno, nelle
imprese, nelle istituzioni".
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