Dalla TV alla rete RAI Educational
Handicap - Servizio del 01/12/98

Handicap e reti telematiche

di Stefania Navacchia

Navigazione
Handicap e telematica 2
di Giampiero Moncada


scrittura e-mailUna messaggio di posta elettronica è scritto, ma arriva a destinazione molto più rapidamente rispetto ad una lettera tradizionale e la sua articolazione grammaticale è più semplice di un tema, di un racconto o di un saggio, ma è, al contempo, più corretta delle normali conversazioni che si svolgono in casa o tra amici. Tutto questo può essere utile ad un disabile a cui è offerta la possibilità di instaurare, via posta elettronica o attraverso una chat, un rapporto più diretto con la realtà esterna. Così, da un punto di vista culturale e sociale, si può realizzare quel modello di democrazia chatallargata in cui anche persone con difficoltà di tipo fisico, psichico o comunicativo, possono prendere la parola. In questo modo un disabile ha la possibilità, sia di partecipare a discussioni sia di scrivere in Rete sui più svariati argomenti, come il cinema, la musica o la filosofia indiana.

NavigazioneOppure un disabile può entrare in comunità virtuali (newsgroup o mailing list) in cui l’handicap è l’argomento principale, e ci si pone l’obiettivo di attivare uno scambio di opinioni, aiuti, informazioni.news

Vogliamo ora capire quale ruolo assumono e come funzionano le comunità virtuali incentrate sulle tematiche dell’handicap e quali funzioni adempiono. Innanzitutto parliamo di newsgroup, cioè di quelle bacheche elettroniche in cui è possibile inserire messaggi: i newsgroup relativi alla disabilità costituiscono un forte elemento di socializzazione.

it.sociale.handicap

I contenuti sono dei più vari: oltre a vere e proprie discussioni su temi specifici, vi sono messaggi come richieste di aiuto o di compagnia, o addirittura annunci commerciali come può essere il caso di aziende produttrici di ausili. In generale i newsgroup hanno più un carattere socializzante, e nel caso dell’handicap sono a nostro avviso ancora legati a una vecchia visione della disabilità, che mira ad un benessere momentaneo della persona con deficit senza un vero e proprio progetto culturale. Con questo non vogliamo negare il merito di queste iniziative soprattutto per l’importante ruolo che esse svolgono nello scambio di informazioni e di aiuto.

Diverso è il caso della mailing list, dove gli iscritti discutono su un argomento più o meno vasto ma sempre più circoscritto rispetto ai newsgroup. Anche nelle liste vi possono essere scambi di informazione e ricerche di aiuto, ma generalmente c’è un argomento, un filo conduttore che guida la discussione. Dal punto di vista dell’handicap questo significa avere un progetto culturale di respiro più ampio che sottragga questo mondo dai consueti problemi e schemi mentali della socializzazione e della solidarietà.

Per capire in maniera più approfondita il mondo dell’Handicap all’interno della Rete delle reti abbiamo visitato il Centro di Documentazione Handicap di Bologna dove viene gestita una mailing list sul disagio e sull’handicap.

Peacelink

Il Centro Documentazione Handicap di Bologna è una realtà molto importante che rientra in una rete di Centri di Documentazione che copre tutto il territorio emiliano – romagnolo e le cui finalità principali sono la formazione, l'archiviazione e lo scambio di risorse. Da qualche anno il CDH di Bologna si occupa anche di problemi relativi alla telematica in collegamento con Peacelink, una rete eco-pacifista al cui interno sono presenti varie mailing list (ad esempio sul mondo femminile, sui diritti umani, sulla scuola). Tra queste il CDH ne ha attivata una sul disagio e sui problemi relativi all'handicap. Al contrario di altre liste come Hmatica, rivolta prevalentemente a persone handicappate e che vede come sue finalità principali lo scambio di informazioni per esempio su software specializzati o richieste di aiuto, la lista che fa capo al CDH ha, come ci ha spiegato il moderatore Nicola Rabbi, un progetto culturale più ampio.

Attraverso la policy si può comprendere lo spirito della lista che è dichiaratamente rivolta a tutte le persone che lavorano o vivono nel mondo della disabilità (oltre agli handicappati stessi, anche familiari, operatori, volontari...). La mailing list così si caratterizza per un'apertura verso l'esterno ed è animata da una forte volontà di ridurre quelle barriere, cioè quegli handicap che separano il disabile dalla società. Da questo nasce una riflessione allargata sui pregiudizi, sulle ingiustizie, sugli stereotipi che non riguardano esclusivamente gli handicappati, ma di cui sono oggetto anche immigrati, nomadi, ex tossicodipendenti. In questo modo si può comprendere che il mondo della disabilità non è chiuso in se stesso e che Internet non costituisce necessariamente un aumento di questo isolamento creando delle comunità staccate dal resto della società. Proprio al Centro di Documentazione Handicap si è anche creata una sinergia, una sorta di collaborazione fra questa mailing list sul disagio e la rivista bimestrale "HP", redatta proprio qui al CDH, nelle cui pagine vengono riportati i messaggi più interessanti che giungono alla lista a testimonianza del fatto che Internet non è una realtà virtuale immaginaria, ma può e deve interagire col mondo fisico.

Quest'ultimo aspetto è molto sentito sia dai disabili, sia da chi si occupa di questo argomento: anche perché, benché in Internet sia possibile annullare la diversità fisica o psichica, la dimensione dell'incontro materiale rimane sempre importante e complementare alla vita di rete.

Don MilaniLe comunità virtuali divengono così un modo per organizzare lo scambio di informazioni e la possibilità degli handicappati di prendere parte alla vita sociale. Questo modello che utilizza le nuove tecnologie della comunicazione al fine di favorire l'integrazione dei disabili si fonda, come molta filosofia legata a Internet, sul modello della polis greca per allargare il bacino delle partecipazioni anche alle persone più svantaggiate seguendo una celebre frase di Don Milani secondo cui l'informazione è potere. Tuttavia al contrario della tendenza di altri mezzi di comunicazione di massa, l'interattività di Internet può, se usata saggiamente, portare non ad una omologazione, ma a quella cultura che attraverso la cooperazione valorizzi e integri le differenze.

Abbiamo visto come Internet fornisca nuove possibilità di comunicazione e una nuova apertura culturale. Per riflettere meglio su questa nuova opportunità abbiamo chiesto al Prof. Andrea Canevaro Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione di Bologna se queste comunità virtuali possano favorire l’integrazione dei disabili o se esista il rischio di una ulteriore chiusura in gruppi ristretti all’interno della rete delle reti:

"La mia sensazione è che al momento stiamo maneggiando della dinamite e quindi dobbiamo procedere con molta cautela. Quando si maneggia la dinamite si possono anche avere delle automutilazioni, si possono fare molte opere civili e serie ma si possono anche creare molti danni. Perché dico questo? Perché noi abbiamo più l’esperienza positiva dei gruppi di auto-aiuto, il più celebre dei quali è quello degli alcolisti anonimi, che hanno uno svolgimento in cui la presenza fisica è di grande importanza e senza quella è molto difficile immaginare che il gruppo proceda. Farlo a distanza con l’utilizzo di un gruppo virtuale vuol dire operare in un campo di pura sperimentalità che deve ancora dare dei frutti. Per cui esiterei ad indicarlo come una strada da percorrere. Vorrei prima compiere le giuste esplorazioni per capire dove portano le dinamiche di un gruppo virtuale".

Fino a questo momento abbiamo parlato della struttura di queste comunità virtuali e del loro progetto culturale senza ragionare sull’opinione dei diretti interessati. Per rispondere a questa domanda ci siamo rivolti ancora al Prof. Canevaro:

"Nella mia esperienza ho riscontrato due polarità. C’è chi ha paura, e forse sono le persone che incontro di più, perché è più facile che tra noi ci si incontri per segnalare i problemi che non per ‘cantar vittoria’. Tuttavia incontro anche diverse persone che invece sono contente di appartenere a una comunità virtuale. Io, ovviamente, sono più impegnato con le persone che hanno paura, paura di rimanere isolate, paura che il telelavoro voglia dire essere isolate nella loro condizione di invalidità, di vittima e che quindi rifiutano il telelavoro. Allora, evidentemente, c’è ancora una strada culturale da percorrere. Quasi sempre le tecnologie devono essere messe con molta cautela accanto alle culture dei singoli gruppi. Pensare che le tecnologie abbiano un apporto salvifico di per sé è un po’ pericoloso perché è un po’ una mentalità, mi permetto questo termine, "da colonizzatori": abbiamo inventato la tua libertà e te la diamo. Ancora c’è una grande differenza tra essere liberati e essere liberi".

puntate
torna a calendario
torna a tematiche
search

back

home page

torna a inizio pagina