Oggi parliamo
del rapporto tra archiviazione digitale e memoria. In che modo, la possibilità di
conservare e di ordinare i dati, in modi sempre più potenti e raffinati, cambia il nostro
rapporto con la memoria?
Gli psicologi distinguono, solitamente, tra due tipi di memoria. La memoria a lungo temine
che ci serve per immagazzinare informazioni che ci potranno essere daiuto dopo molto
tempo e, la memoria a breve termine, che ci assiste quando dobbiamo ricordarci di fatti ed
eventi dopo un breve lasso di tempo.
Secondo un indagine
statistica dell Istituto di
Psicologia dellUniversità di Berkeley,
le giovani generazioni tendono ad usare sempre meno la memoria a lungo termine.
E possibile che questa tendenza sia legata alla diffusione ed alluso, sempre
più frequente, dei computer ?
In effetti, i computer sono, ormai, parte
integrante della nostra vita quotidiana e lavorativa. Gran parte della loro utilità
deriva dal fatto che ci assistono in compiti che richiedono una memoria superiore a quella
umana.
A scuola, in ufficio o in biblioteca, i computer sono ormai strumenti indispensabili per
richiamare informazioni e dati che non possiamo memorizzare.
E al computer affidiamo ogni tipo di memoria, da quella individuale, legata alle piccole
scadenze quotidiane, a quella collettiva, legata alla nostra storia ed alle conoscenze
scientifiche.
Gli archivi digitali sono, appunto, i depositari di questo sapere collettivo.
La memoria storica di ogni comunità sta, progressivamente, trasferendosi su supporti
digitali il cui utilizzo richiede una discreta competenza informatica, prima ancora che una
conoscenza della storia.
Se il sapere viene conservato ed è a disposizione di tutti negli archivi digitali, può
apparire sempre meno utile esercitare la memoria individuale. Ma, davvero, questo processo
di informatizzazione della conoscenza ci porta a usare sempre meno la memoria? Lo abbiamo
chiesto a Giovanni De Luna, che insegna storia contemporanea allUniversità di
Torino:
"Le nuove tecnologie non sono certamente responsabili di un calo della memoria
storica, e' una questione di scelte politiche e culturali. Nelle nuove tecnologie anzi e'
impigliato lo spirito del nostro tempo, quello di fine secolo. Esse, attraverso il loro
DNA sono in grado di restituirci il momento che stiamo vivendo e sono valide anche come
strumento storiografico."
Se i computer sembrano, in parte, rendere meno utile lesercizio
della memoria tuttavia, contemporanemente, stanno trasformando il nostro rapporto con la
conoscenza e linformazione. Ad esempio, in un computer, possono essere
immagazzinate, allo stesso modo, informazioni scritte ed informazioni in formato visuale o
sonoro.
Dal punto di vista degli storici si tratta di una innovazione importante: in questo modo,
possiamo agevolmente studiare un evento storico o unepoca immergendoci,
completamente, nella sua atmosfera.
Oggi, quindi, una sempre maggiore quantità di informazioni, dalle trasmissioni radio a
quelle televisive può essere tradotta in formato digitale. Come ha sottolineato lo
storico francese, Jacques
Le Goff,si tratta di una vera e propria rivoluzione per gli storici del futuro. Ma il
cambiamento coinvolge anche le fonti del passato: i più importanti archivi storici stanno
digitalizzando le loro risorse. In questo modo, fonti rare e difficili da maneggiare, come
i manoscritti antichi, vengono trasferite su cd rom o su banche dati informatiche, per
poter facilitare la loro consultazione.
Vediamo cosa è successo nel caso di uno dei più prestigiosi archivi storici di
audiovisivi italiani, lArchivio Luce.
LArchivio Luce, uno dei più prestigiosi archivi storici di audiovisivi italiani,
è già consultabile da casa via Internet. Dal suo sito, www.luce.it,
si può accedere gratuitamente alla banca dati. Bisogna compilare una scheda con il
proprio nome e indirizzo e-mail e verrà assegnata un password personale di accesso. Per
l'informatizzazione dell'archivio ci sono voluti diciotto mesi di lavoro e sono state
coinvolte quindici persone. Edoardo
Ceccuti, direttore dell'archivio, ci ha spiegato che il cuore del sistema, è un
computer centrale che raccoglie i documenti visivi dai primi cinegiornali alle immagini
più recenti.
Una volta che ci si è registrati cliccando su ricerca, si arriva ai dati e alle
immagini dellarchivio. Da un lato, quindi, grazie alle tecniche di archiviazione
digitale, la quantità di dati che è possibile preservare e recuperare aumenta.
Dallaltro questa stessa enorme massa di informazione può diventare disponibile a
tutti in modo indipendente dalla sua collocazione materiale. Non ha più importanza il
luogo in cui si conserva, ad esempio, l originale di un testo o di un determinato
manoscritto: attraverso la Rete, sullo schermo del vostro computer, può materializzarsi
una copia di quel documento.
Uno dei cambiamenti legati alla diffusione delle tecniche di archiviazione digitale è
la possibilità di attingere rapidamente al patrimonio di tradizioni e di documenti
appartenenti a diverse comunità, insomma alla memoria storica di più collettività. Gli
storici e gli studiosi di scienze sociali possono approfittare di questa possibilità, per
documentare in maniera innovativa, attraverso ogni tipo di documento sonoro e visuale,
diversi aspetti della vita sociale.
Chiediamo ad Ansano Giannarelli, presidente dellArchivio Audiovisivo del Movimento Operaio e
Democratico, come gli archivi digitali cambiano il modo in cui la memoria storica di
una collettività viene tramandata di generazione in generazione.
"L'archiviazione digitale ha detto Giannarelli - e' un prezioso
strumento per la conservazione e la riutilizzazione del patrimonio audiovisivo. Come disse
un giornalista francese, in occasione delle prime proiezioni cinematografiche del secolo,
questo modo di riprendere, di registrare la realta' avrebbe cambiato il rapporto con la
morte. Il digitale non inficia la memoria in quanto se utile per il ritrovamento del
documento e stimolo per il ricordo, e' altro dall'organizzazione della memoria che rimane
appannaggio dell'umano discernere."
Larchiviazione digitale come gli altri modi di usare il computer non può,
quindi, sostituire del tutto le potenzialità della memoria umana. Il computer conserva le
informazioni, ma non discrimina tra quelle utili e quelle inutili. In questo senso, la
memoria di un computer è simile a quella di un uomo che ricorda quasi ogni cosa, ma che
non sa scegliere tra i ricordi che gli servono e quelli che non gli servono.
Jorge Luis Borges,
in un suo celebre racconto, "Funes o della memoria", ha immaginato un
personaggio che si trova in una situazione simile. Il protagonista del racconto di Borges
è dotato di una memoria eccezionale e ricorda i minimi particolari di unesperienza
anche se lha vissuta trentanni prima. Tuttavia, è assalito da una tale
valanga di ricordi che lo distraggono, da non riuscire a compiere neanche la più piccola
operazione quotidiana.
Quindi, anche se gli archivi informatici, i data base potenziano proprio la
possibilità di conservare le informazioni, cè bisogno delluomo per scegliere
e discriminare tra questi dati. E solo attraverso la cooperazione tra luomo e
le interfacce informatiche che è possibile scoprire modi più potenti e creativi di
organizzare le conoscenze. |
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