Oggi parliamo di una delle
sfide più affascinanti, ma anche più controverse e criticate, mai intraprese dalla
scienza: la sfida dellintelligenza artificiale. Cosè, da cosa nasce e come si
sviluppa oggi la ricerca sullIntelligenza Artificiale in Italia e nel mondo. Gli
automi, le macchine che tentano di simulare il comportamento delluomo, hanno sempre
esercitato un grande fascino. Quelli costruiti fra il 700 e l800, come la
suonatrice di tympanon o il leggendario giocatore di scacchi,
volevano essere più di semplici manichini animati. I loro meccanismi misteriosi erano il
tentativo di catturare lessenza dellagire umano.
Ad esempio la Difference engine è il primo modello di
calcolatrice automatica. Risale al 1832.
Macchine come questa, progenitrici dei nostri computer, già allora svolgevano alcune
funzioni del cervello come appunto il calcolare. Ma è possibile che un calcolatore o un
computer riesca a svolgere anche funzioni che abbiamo sempre ritenuto squisitamente umane?
Per esempio comprendere un concetto, riassumere un brano, prendere una decisione o
addirittura esprimere un sentimento. Insomma, tutto ciò che comunemente chiamiamo
pensare. Ecco, questa è la sfida dellintelligenza artificiale precisi e sempre più
sottili.
Una sfida che i ricercatori hanno intrapreso seguendo vie anche molto diverse. Alcune sono passate, e
passano tuttora, attraverso lIstituto per la
Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trento.
Ma intanto ci chiediamo: cosa significa fare intelligenza artificiale? Costruire un
circuito elettronico il più possibile simile al nostro cervello con i microchip che
prendono il posto dei neuroni, o piuttosto capire i meccanismi del pensiero e tentare di
riprodurli al computer? Abbiamo rivolto queste domande a Oliviero Stock, che da tempo dedica
il suo lavoro allintelligenza artificiale e che dirige lIRST:
Complessivamente
lintelligenza artificiale parte dal presupposto che gli elaboratori elettronici e la
mente umana appartengano alla stessa classe di macchine; vale a dire che sono tutte
macchine che elaborano informazioni . E allora cosa ci si propone? Ci si propone di far
svolgere agli elaboratori, funzioni normalmente considerate prerogativa della mente umana
,come, ad esempio, riconoscere delle scene attraverso i nostri organi percettivi, oppure
comprendere il linguaggio come noi essere umani sappiamo fare; oppure ragionare, risolvere
problemi, agire nel mondo, pianificare le nostre azioni, pianificare un itinerario da
seguire. Quindi la ricerca nellintelligenza artificiale consiste, in ultima analisi,
nel creare dei formalismi, dei modelli che portano alla costruzione di programmi per
elaboratore che permettono alla macchina di svolgere delle funzioni che riteniamo
caratteristiche dellintelligenza.
Così, da quando i computer hanno mostrato quanto possono essere potenti, alcuni
ricercatori hanno tentato di trasformarli in macchine pensanti. Verso la fine degli anni
Cinquanta le aspettative erano alle stelle. Si diceva che entro dieci anni le macchine
sarebbero state in grado di comporre musica, di spiegare le teorie psicologiche o di
scoprire teoremi matematici.In realtà non molte di queste promesse sono state mantenute.
Dunque, più che un supercalcolatore dotato di pensiero, i ricercatori hanno
cominciato a studiare programmi se non proprio intelligenti almeno un po più
furbi di quelli che ciascuno di noi usa sul proprio computer. Programmi meno
rigidi, che si adattano meglio a collaborare con la loro interfaccia, cioè con noi. Nei
laboratori dellIstituto per la Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trento, si
lavora su alcuni di questi sistemi. Qui circa un centinaio di persone tra ricercatori e
borsisti stanno lavorando allo sviluppo di prototipi in grado di ampliare le capacita'
centrali del calcolatore. Lo scopo è quello di creare dei programmi che mettano in
condizione il calcolatore di riassumere testi, tradurre da una lingua all'altra,
riconoscere una voce insomma di arrivare alla comprensione automatica del linguaggio
umano.
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