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Futuro - Servizio del 05/11/98

Tecnologie emergenti
Biotecnologie e Trasporti

di Fabio Cleto

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L'uomo del futuro:
gli immortalisti

di Michele Alberico


William HalalNell'ampio settore degli studi sul futuro, all'interno del ramo che si occupa di disegnare lo scenario tecnologico dei prossimi vent’anni gioca un ruolo importante il rapporto biennale sulle tecnologie emergenti che William Halal dirige presso la George Washington University.

Le tecnologie di maggior impatto nel futuro prossimo non riguardano affatto la ricerca spaziale, com’era comune pensare vent’anni fa, bensì la nostra quotidianità e investono soprattutto la Information Technology, che offrirà nei prossimi vent’anni una straordinaria espansione delle nostre capacità comunicative. La IT sarà inoltre un tassello estremamente significativo di quella che viene indicata come la "technology revolution" che si profila all’orizzonte. Di questa rivoluzione tecnologica, le altre due aree evidenziate dai cinquanta esperti che contribuiscono al progetto sono le Biotecnologie e le Tecnologie di Trasporto.

Dal film GattagaIl settore delle Biotecnologie ha recentemente mobilitato l’opinione pubblica in merito alla clonazione e alla manipolazione genetica: si prevede, già nel prossimo decennio, la creazione di numerose nuove specie animali e vegetali; questo indica la possibilità per l’umanità di appropriarsi di un potere "divino", quello di creare la vita a proprio piacimento, a immagine e somiglianza. Spiega il professor Halal: "possiamo controllare ogni cosa nel mondo fisico: generare energia nucleare, andare sulla Luna e far qualcosa di analogo anche nel mondo biologico; se qualcuno volesse creare un certo tipo di pianta o animale, credo che in linea di principio potrebbe farlo e credo che questa sfera rientrerà nel dominio dell’uomo sulle cose. Si potrebbero scegliere le caratteristiche dei propri figli, di averli più o meno intelligenti, oppure il colore dei loro occhi, carnagione, capelli, altezza, le loro preferenze sessuali".

Alien 4

E’ proprio questa straordinaria possibilità a porre dei drammatici interrogativi, soprattutto nella sfera della manipolazione genetica umana. Là dove intervenivano una casuale combinatoria o un disegno divino, potrebbe subentrare l’uomo. La frivolezza dell’utilizzo delle biotecnologie per la scelta del colore dei capelli o degli occhi dei nostri figli non dovrebbe ingannarci sulla serietà delle implicazioni etiche insite in questo sviluppo tecnologico e sulle sue possibili applicazioni che suscitano perplessità, se non terrore.

Con le biotecnologie, è in gioco lo statuto stesso dell’uomo, oltre che della società. Al contempo, i dubbi di ordine etico non impediranno la ricerca negli ambiti che, almeno apparentemente, non hanno la medesima ambiguità. Entro il 2020, ad esempio, l’ingeneria genetica potrebbe consentire di ridurre del 50%, e in modo efficace, l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. Anche la ricerca medica avrà a disposizione uno strumento senza pari. A questo proposito afferma Halal: "Ora, le diverse società potrebbero non compiere questa scelta, perché temono che ciò non rispetti l’ordine naturale delle cose: questo non toglie che avremo il potere di progettare specie, di manipolarne le caratteristiche, di curare malattie con terapia genetica. Potremmo curare quindi quasi tutte le malattie genetiche, che sono circa 6.000, e vengono trasmesse attraverso il Dna.

Oltre alle malattie ereditarie, la terapia genetica interverrà in modo decisivo su mali come l’Aids e il cancro (con una cura o attraverso prevenzione) entro il 2013; e negli stessi anni i problemi di vista, anche molto gravi, saranno curati attraverso impianti di vista computerizzata. Nel 2019 si produrranno organi e tessuti artificiali perfettamente integrabili con il corpo, e quelli malati saranno rimpiazzati con altri clonati a partire da cellule sane dell’organismo, risolvendo il problema della compatibilità e della disponibilità degli organi stessi. La sfida del prossimo secolo, in definitiva, sembra giocarsi in buona parte proprio sulle scelte che verranno operate su questo terreno, potenzialmente devastante, ma sia pur potenzialmente altrettanto ricco di applicazioni di grande utilità.

Lo scenario più comune prevede un’esplosione delle possibilità comunicative. Un tassello significativo di questa rivoluzione tecnologica nella quotidianità, la terza area di sviluppo che avevamo annunciato, è costituito dalle tecnologie di trasporto, là dove a spostarsi non è un patrimonio di informazione, ma la materialità dei nostri corpi, in modo meno inquinante e sempre più veloce (con la diffusione capillare di treni ad alta velocità, prevista per il 2017 e lo sviluppo di aerei ipersonici che raggiungeranno fino a cinque volte la velocità del suono nel 2025).

George Washington UniversitySecondo il rapporto della George Washington University, saranno da un lato la Information Technology e dall’altro la ricerca sulle forme energetiche a offrire gli strumenti per una rivoluzione del sistema di trasporto, con uno straordinario beneficio ambientale in termini di riduzione dell’inquinamento. Nell’arco di 10 anni il 20% del fabbisogno mondiale sarà coperto da fonti alternative, come energia geotermica, solare, fotoelettrica e organica. Le innovazioni nella produzione e nel trasporto dell’energia ne ottimizzeranno la resa del 50%. Si svilupperà una generale attenzione all’impatto ambientale, cui dovrebbe contribuire la progettazione di beni non inquinanti e largamente riciclabili, come ad esempio i veicoli a energia mista (a combustione interna ed elettrica) o solo elettrica, che saranno il 30% nel 2006 e riciclabili al 50%. E questa prospettiva riguarda non solo l’inquinamento ambientale ma anche quello psichico.


Spiega Halal: "Le automobili con motore elettrico sono destinate a diffondersi a breve termine dato che tutte le maggiori case automobilistiche stanno lavorando su questo progetto. Questi motori non saranno inquinanti e rivoluzioneranno il sistema dei trasporti. Stiamo inoltre sviluppando autostrade automatizzate nelle quali il guidatore lascerà il controllo dell’automobile a sistemi elettronici che ne controlleranno la velocità, con carovane di auto che si muovono a tre metri l’una dall’altra, che frenano e sterzano automaticamente. E ci saranno sistemi di controllo intelligente che guideranno le auto attraverso aree congestionate per alleviare, per quanto possibile, il problema degli ingorghi".

rapidtransport.jpg (33316 byte)La IT consentirà in tal senso una sorta di "ecologia della mente", una gestione delle risorse psichiche individuali e collettive in accordo con l’imperativo di sviluppo sostenibile che governerà la gestione dell’ambiente. Questo imperativo ridurrà, ad esempio, fra vent’anni l’impegno di guida, che sarà controllata da sistemi automatizzati sulla rete autostradale e nelle aree metropolitane con i Personal-Rapid Transits (vetture personali che percorrono la città lungo dei binari). Da un lato, insomma, sarà meno necessario spostarsi fisicamente, e dall’altro, qualora ne avessimo il bisogno o il desiderio, sarà meno impegnativo farlo.

Ci stiamo dunque avviando verso un mondo meraviglioso, più democratico, persino più sano? Ora, a fronte di tutti questi segnali di ottimismo leggendo il rapporto di Halal della George Washington University può essere interessante soffermarsi sul senso dell’assenza, in questo scenario, della ricerca spaziale, l’assenza cioè della forma estrema di comunicazione e, se vogliamo, di "trasporto".
Le proiezioni degli esperti coordinati da Halal dicono che questo settore di ricerca non vivrà affatto un’accelerazione anche solo lontanamente paragonabile a quella della IT o delle Biotecnologie. La prima base lunare non sarà realizzata prima del 2028 e la prima missione con presenza umana su Marte non avverrà prima del 2037. Per avere un contatto con forme di vita extraterrestre bisognerà attendere il 2049 e non prima del 2062 ci si avvicinerà alla velocità della luce.

Del resto, il rapporto di Halal ha quale proprio fuoco d’attenzione i prossimi vent’anni come arco temporale di ragionevole e utile proiezione, dato che oltre i vent’anni si rientra nella sfera della "pura ipotesi speculativa", del non prevedibile come dato probabile ma solo, eventualmente, come possibilità o desiderio. E gli sviluppi significativi della ricerca spaziale si collocano proprio in questa sfera, ossia in tempi così lontani da dichiarare più il relativo disinteresse per lo spazio nel presente, che gli effettivi tempi di loro concreta realizzabilità.

Entro i prossimi vent’anni per lo spazio si prevedono "solo" scoperte di nuovi materiali, sviluppo del sistema satellitare o progetti di "turismo" spaziale; settori cioè che mobilitano energie economiche private, con un ovvio orientamento sul mercato. Il declino dello spazio quale frontiera della ricerca ci offre una chiave di lettura del nostro futuro prossimo. Uno sguardo all’insegna dell’estremo ottimismo potrebbe leggere questo fenomeno come espressione di una nuova saggezza. Abbandonata la corsa allo spazio, che era giustificata soprattutto nel quadro della guerra fredda e di una competizione propagandistica fra Stati Uniti e Unione Sovietica, ci stiamo rivolgendo ora a una più saggia, utile e immediata amministrazione delle risorse di questo mondo, quello che abitiamo, nel quale è cosa buona e giusta che si diffondano le nuove tecnologie. Uno sguardo meno benevolo, peraltro, potrebbe evidenziare come oggi siano le multinazionali a promuovere, orientare e gestire la ricerca, e non più gli organismi nazionali. La propaganda nazionalistica sta insomma lasciando il posto alla logica del profitto delle multinazionali. E' pertanto comprensibile un minore investimento nella ricerca di "nuovi mondi" che, al momento, non offrono un numero significativo di potenziali consumatori: lo spazio profondo, forse, non è ancora un gran mercato, un mercato tale da giustificare la mole di denaro che serve per esplorarlo.

Ora, non è sorprendente per chi vive all’interno di una cultura occidentale disegnare uno scenario nel quale la matrice di cambiamento possa essere solo di natura tecnologica, se non altro perché questa è più immediata, è più vistosa. Va però detto che esistono altre determinanti (di natura economica, politica e sociale) che operano in modo più sottile e profondo e che risultano in effetti trascurate solo perché sono meno immediatamente riconoscibili. Oppure meno funzionali a una promozione di mercato, una promozione che investe invece le tecnologie (le quali, per orientare la nostra quotidianità, devono infatti prima diffondersi e dunque essere vendute). La tecnologia, in definitiva, non va vista come un sistema che segue un percorso di sviluppo autonomo, inesorabile e consequenziale, bensì come  parte a sua volta integrante del sistema culturale all’interno del quale si sviluppa e muore come strumento: proprio la sorte delle ricerche spaziali di cui abbiamo parlato ne è un chiaro esempio. Le possibilità tecniche di produzione di energia da fonti alternative, ad esempio, esistono da tempo e il loro sviluppo - così come quello di altre aree di ricerca - dipenderà dagli interessi che verranno mobilitati in tal senso. Esistono però gruppi che promuovono altri interessi e diverse visioni del mondo futuro. Come nel caso degli Immortalisti che ritengono che l'uomo di domani possa raggiungere, attraverso le nuove tecnologie, persino l'immortalità.

I rindipday.jpg (25317 byte)apporti sul futuro tecnologico non sono in grado di dirci, in effetti, se di qui a vent’anni il mondo sarà un luogo migliore in cui vivere e se l’umanità sarà più saggia nell’amministrarlo. E’ probabile, tuttavia, che lo scenario che emerge dal rapporto di Halal, complesso e con straordinarie opportunità, non porterà uguali benefici all’interezza della popolazione mondiale. Può darsi infatti che lo sviluppo tecnologico produca una nuova forma di disuguaglianza e di gerarchia fra individui e fra popolazioni, fra gli haves, coloro che possiedono tecnologia e capacità di utilizzarla, e gli have nots, coloro che non possono accedere in modo competitivo né all’una né all’altra.

Nel film "Independence Day" il mondo ipertecnologico nordamericano è salvato dal codice morse, quello strumento ormai obsoleto che però hanno anche gli have nots - fra cui è solo buffo veder collocati europei e giapponesi. Pertanto, prima di sapere se tutti avremo accesso al futuro tecnologico e prima di verificarne l’effettiva funzionalità, forse è bene non sbarazzarsi del vecchio tam-tam ma, magari, semplicemente preparargli uno spazio in soffitta.

 

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