Dalla TV alla rete RAI Educational

Off-line del 9 giugno 1998

Introduzione ai nuovi media 9/a.
Nuovi Media e società globale

di Fabio Ciotti


Benvenuti. In questa lezione del nostro corso ci occuperemo delle trasformazioni che le nuove tecnologie digitali stanno provocando nel mondo dell'economia e della politica.

Il rapporto tra lo sviluppo tecnologico e la sfera economica è uno degli elementi fondamentali che ci permettono di comprendere e descrivere un sistema sociale, e la sua evoluzione storica, anche se certamente non ne esaurisce tutti gli aspetti. È comunque un fatto che ogni tappa dello sviluppo economico che ha caratterizzato la società occidentale negli ultimi due secoli è legata strettamente all'introduzione di grandi innovazioni tecnologiche.

A partire dalla macchina a vapore, che ebbe un ruolo determinante nella prima rivoluzione industriale, per passare al treno, all'elettricità, all'automobile con il motore a scoppio, alla radio, alla televisione, ogni nuova tecnologia ha determinato grandi cambiamenti, aperto nuovi mercati, prodotto grandi ricchezze, ma anche causato profondi conflitti. Oggi, con l'introduzione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ci troviamo nel pieno di una ennesima fase di trasformazione: l'avvento dell'economia digitale.

Altrettanto considerevoli sono i cambiamenti che ci possiamo aspettare nel funzionamento e nelle istituzioni della politica. Non solo perché, come è sempre avvenuto, l'economia influisce sulle forme politiche di una società. Ma anche perché le nuove tecnologie della comunicazione modificano i meccanismi stessi della politica.

Alcuni sostengono che siamo in procinto di sviluppare un nuovo modello di rapporto tra cittadini e istituzioni, un nuovo modello di democrazia. Ma, come vedremo, anche qui non mancano i rischi e le ombre.Se vi accade di sfogliare le pagine economiche dei giornali, o di seguire qualche trasmissione televisiva che si occupa di temi economici, troverete senza dubbio citata la parola globalizzazione.

Questa parola riassume molto bene una serie di fenomeni che caratterizzano l'attuale sistema economico mondiale: la internazionalizzazione dei mercati finanziari, il decentramento della produzione di beni, lo sviluppo del commercio internazionale che permette oggi una circolazione globale delle merci, la tendenza delle grandi aziende a stabilire alleanze internazionali.

In virtù di questi fenomeni i processi economici assumono una estensione planetaria. Questo vuol dire ad esempio, che una azienda che produce automobili può quotarsi in borsa a New York, costruire i motori a san Paolo del Brasile, comprare i sedili in India, assemblare e verniciare le auto a Milano e venderle in tutto il mondo.

E vuole anche dire che giovani e meno giovani di ogni angolo del pianeta, da Atlanta a Nairobi, si dissetano con la medesima bibita: e non si tratta, purtroppo, del nostro glorioso chinotto. O ancora, che un grande investitore del Sud Est Asiatico può decidere, una mattina, di spostare quantità immani di denaro nelle borse europee, provocando il crollo di una moneta.

Questa tendenza dell'economia capitalistica a superare i confini nazionali è un processo iniziato sin dalle origini della società industriale. La ricerca di nuovi mercati, come saprete, è alla base di moltissimi eventi, anche luttuosi, avvenuti negli ultimi due secoli.

Ma la globalizzazione dell'economia di cui abbiamo parlato è un fenomeno inedito. Ed è reso possibile, anche e forse soprattutto dallo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione. Esse permettono di controllare da Milano una fabbrica a San Paolo del Brasile; di sapere quante auto ha venduto la filiale di Sidney, e rifornirla in pochi giorni; o di acquistare azioni alla borsa telematica di Wall Street e vendere dollari a quella di Honk Kong.

Insomma, il vero motore che è alla base della globalizzazione, oltre al denaro, ovviamente, è la comunicazione. Questi processi di innovazione, poi, non riguardano solo la sfera economica della circolazione dei prodotti e del denaro. Anche la della produzione dei beni vive in un costante rapporto con lo sviluppo tecnologico, e viene da esso periodicamente rivoluzionata. L'inizio di questo processo risale, come saprete, alla fine del Settecento, quando l'introduzione delle macchine a vapore nelle fabbriche di cotone diede l'avvio alla prima rivoluzione industriale.

Henry FordUna tappa altrettanto importante fu l'introduzione della catena di montaggio, negli anni Venti del nostro secolo. Fu Henry Ford, il proprietario di una piccola fabbrica di automobili, che ebbe l'idea di razionalizzare ed automatizzare il ciclo di produzione, e soprattutto di concentrarlo all'interno di una grande fabbrica.

Questa nuova organizzazione del lavoro, che prese il nome di fordismo, ha profondamente influito sullo sviluppo della nostra società. La catena di montaggio ha reso possibile la produzione di massa, e con la conseguente diminuzione del costo dei beni, il consumo di massa. Ma persino l'aspetto delle nostre città è stato influenzato da questa rivoluzione.

A partire dalla fine degli anni Settanta assistiamo ad una ennesima trasformazione nel lavoro in fabbrica, basata sulle tecnologie informatiche. Infatti l'introduzione dei computer ha permesso di automatizzare moltissimi compiti che precedentemente erano svolti dall'uomo. Un simbolo eclatante di questa innovazione sono i robot industriali. Un robot è una specie di utensile che invece di essere comandato da un operaio è mosso da un computer. E poiché molta parte del lavoro in fabbrica è ripetitivo e non richiede particolari abilità, i robot possono benissimo fare questi compiti in modo efficiente e produttivo.

È nato così un nuovo modo di produzione, che è stato chiamato postfordismo. In questo modello, che ha avuto la sua prima applicazione nelle industrie automobilistiche del Giappone, la fabbrica diventa una specie di grande macchina automatica in cui operai e robot computerizzati, si integrano per realizzare il compito di produrre i beni. Dove ieri si muovevano presse e si usavano chiavi inglesi, oggi si interagisce con una tastiera di computer. Non solo: i sistemi di telecomunicazione permettono di smembrare la grande fabbrica, di disseminarla nel territorio, di trasferire parti del processo di produzione all'esterno.

  • Intervista a Bifo (Franco Berardi).

Franco BerardiLe trasformazioni del lavoro introdotte dalle nuove tecnologie, d'altra parte, non si limitano all'automazione della produzione nelle fabbriche tradizionali.

Infatti l'innovazione tecnologica ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita di nuove forme di lavoro, in cui la prestazione del lavoratore diventa essenzialmente una attività intellettuale. Questa trasformazione del lavoro è determinata da moltissimi fattori.

In primo luogo, la fabbrica postfordista, richiede sempre meno lavoro manuale e sempre più lavoro di progettazione, di controllo, di comunicazione interna, tra i vari settori di una azienda, ed esterna tre le aziende, il mercato e le istituzioni. In secondo luogo l'evoluzione dei mercati nazionali ed internazionali ha stimolato la nascita di nuove professioni legate alla promozione delle merci, come la pubblicità.

Ed infine le nuove tecnologie hanno determinato la nascita di nuovi settori economici, come quello della comunicazione, dello spettacolo, dell'informatica, in cui il ruolo dell'attività intellettuale è dominate rispetto a quello dell'attività manuale. Tutto ciò di cui abbiamo parlato è una rapida fotografia del presente. Ma cosa dobbiamo aspettarci nell'immediato futuro?

Per quanto riguarda il mondo del lavoro, la rivoluzione digitale sta introducendo una ennesima innovazione: quella del telelavoro. L'idea che sta alla base del telelavoro è in fondo assai semplice: invece di spostare il lavoratore verso un luogo di lavoro centrale, dove egli presta la sua opera, è conveniente spostare direttamente il lavoro, o meglio il suo prodotto, e lasciare il lavoratore a casa sua, o dove meglio crede.

Si tratta di una innovazione che non investirà il tradizionale lavoro in fabbrica, almeno non principalmente, ma proprio quelle nuove forme di lavoro intellettuale di cui abbiamo parlato prima. La maggior parte di queste attività consistono nella manipolazione e nel trasferimento di informazioni. Pensate a quello che succede in un ufficio: un impiegato produce dei rapporti e delle relazioni, probabilmente al computer, che poi passano ad un dirigente sotto forma di carta. Questi legge e rielabora le informazioni ricevute, e le trasferisce di nuovo ad altri impiegati che hanno il compito di mettere in pratica le istruzioni del dirigente.

Oggi i computer e le reti telematiche permettono di effettuare le medesime operazioni da qualsiasi luogo. Il telelavoratore dunque può svolgere le sue varie occupazioni non più in un ufficio ma ad esempio da casa, in treno o direttamente presso i clienti. Come avviene per ogni innovazione, il telelavoro generato un dibattito che vede confrontarsi diverse posizioni. Da una parte ci sono i fautori. Essi sostengono che il telelavoro offre molti vantaggi all'azienda, al lavoratore ed alla società nel suo complesso.

L'azienda può avere notevoli risparmi dalla riduzione degli uffici, e disporre con maggiore efficienza di addetti e risorse. I telelavoratori hanno la possibilità di lavorare in casa e di gestire in modo autonomo il tempo lavorativo e il tempo libero. Infine, la diminuzione degli spostamenti fisici dei lavoratori nelle città può contribuire sostanzialmente alla soluzione dei grandi problemi che affliggono le grandi metropoli, come il traffico e l'inquinamento, migliorando così la qualità della vita collettiva.

Ma c'è anche chi fa notare come il telelavoro potrebbe avere effetti positivi solo per alcune fasce privilegiate, mentre finirebbe per peggiorare le condizioni di vita del lavoratore dipendente.

Stefano RodotàCerto, è molto diverso un imprenditore, che, come si racconta, dalla piscina della sua villa, lavora, manda le sue indicazioni, riceve tutte le comunicazioni che sono necessarie, e via dicendo, così come è diversa la condizione del libero professionista che, utilizzando tutta la gamma, sempre più vasta, di tecnologie della comunicazione, riesce a organizzare la sua attività lontano dallo studio professionale tradizionale. Per il lavoratore invece è diverso, perché per il lavoratore singolo, quello che viene staccato dalla fabbrica tradizionale e collocato nella sua abitazione, ci sono moltissimi problemi, che vanno dal fatto che perde il legame sociale cogli altri soggetti, si dice, ma guadagnerà, in tempo, con la sua famiglia, coi vicini di casa, con la gente del quartiere, forse, se questo tipo di lavoro non sarà così costrittivo da obbligarlo, in realtà, tutta la giornata o gran parte della giornata, a questo tipo di comunicazione. E quindi il futuro del lavoro in questo settore è legato anche a come queste varie figure professionali riusciranno a sopravvivere come garanzie, come diritti. E la grande fabbrica era anche il luogo della resistenza, della organizzazione politica, del collegamento tra i lavoratori, che, proprio dall'essere collegati, per esempio, strappavano condizioni migliori di contratto. Il sindacato può sopravvivere a questa segmentazione? Ecco, queste sono tutte domande, sono tutti problemi, che il telelavoro pone, perché cambia radicalmente la figura del lavoratore.

Un altro aspetto del futuro prossimo nel mondo dell'economia digitale è rappresentato dal commercio on line. La recente diffusione della rete Internet, che mette in comunicazione milioni di persone, ha attirato l'attenzione di moltissimi operatori economici. Ci sono naturalmente le aziende che producono i software e l'hardware per Internet, e quelle che forniscono accesso alla rete. Costoro hanno avuto dei ricavi immediati dalla diffusione della rete presso l'utenza domestica e professionale.

Ma le maggiori aspettative economiche legate alla rete sono legate alla tanto attesa esplosione del commercio on line, cioè della vendita di beni e servizi attraverso la rete. Sotto molti punti di vista, Internet è la migliore materializzazione dell'idea di mercato globale. Nel suo mondo virtuale le distanze si annullano. Un eventuale "navigatore compratore" dunque, in pochi secondi, con un semplice click del mouse, può raggiungere un esercizio commerciale che si trova al di là dell'oceano. E con pochi altri click può ordinare un prodotto, e farselo recapitare direttamente a casa.

CDNOW, uno dei più noti siti per acquisti on lineAttirati dalla prospettiva di una marea di compratori virtuali, moltissime aziende si sono tuffate nel ciberspazio, aprendo negozi e persino veri e propri centri commerciali virtuali, i cosiddetti CyberMall. Vi si vende di tutto dalla pizza, ai libri, passando per prodotti informatici e pezzi di antiquariato. Le pagine multimediali del World Wide Web si sono dunque popolate di cataloghi interattivi, che illustrano al potenziale acquirente le caratteristiche di un prodotto.

Per procedere all'acquisto, generalmente la procedura è abbastanza semplice ed automatica. Con un click su un apposito pulsante si arriva ad un modulo di ordine, in cui vengono richiesti i dati personali, l'indirizzo e soprattutto il numero di carta di credito. Infatti questo è il mezzo di pagamento più utilizzato attualmente nel commercio elettronico. Una volta dato l'assenso finale, con un ennesimo e definitivo click, non basta che attendere a casa che il nuovo acquisto venga recapitato.

Malgrado le attese, la diffusione del commercio telematico è per il momento alquanto limitata, e si concentra soprattutto negli Stati Uniti. Ne ostacolano la diffusione diversi fattori. Prima di tutto ci sono resistenze culturali e di costume: specialmente noi europei siamo assai legati all'idea di passeggiare tra le vetrine dei negozi sommersi dalle buste con gli acquisti effettuati.

Ma esiste anche un limite tecnico, che riguarda le modalità di pagamento online. Attualmente il sistema più usato è quello della carta di credito, come abbiamo visto. Tuttavia, sebbene la trasmissione via Internet del numero di una carta è ormai abbastanza sicura, tra la gente rimane una netta diffidenza a rilasciare informazioni tanto preziose tra i meandri della rete, infestati da diversi predoni.

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Inoltre per una spesa di poche migliaia di lire l'uso della carta di credito è antieconomico. Infatti ogni transazione con carta di credito ha un suo costo. Anche se questo costo è basso, su cifre molto piccole si fa sentire. Ad esempio, se volessimo acquistare - per cento lire - il diritto di consultare una singola pagina di giornale, l'uso della carta di credito finirebbe per costarci di più del bene che vogliamo acquistare.

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