Off-line del 5 giugno 1998
Introduzione ai nuovi media 8/a.
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità digitale
di Gino Roncaglia
La rivoluzione digitale sta trasformando profondamente i mezzi, i modi ed i contenuti
della comunicazione sociale.
Ora, se ci riflettiamo, anche la letteratura, le arti visive pittura, la musica, ed in
generale qualsiasi forma di espressione artistica, sono dei fenomeni comunicativi. Esse
usano i linguaggi della comunicazione quotidiana, come le parole i suoni o le immagini,
per produrre dei messaggi che hanno, o a cui viene attribuito, un valore estetico.
Dunque, è naturale aspettarci che le trasformazioni determinate dalla tecnologia
interessino la comunicazione artistica. Nel corso di questa lezione cercheremo di
individuare alcune delle tendenze della ricerca artistica e letteraria contemporanea che
nascono dall'incontro con le tecnologie digitali. Ma, come sempre, cercheremo anche di
riflettere in generale sul rapporto tra arte e tecnologie.
Un altro tema di grande interesse che viene sollecitato da questa riflessione riguarda
l'uso delle nuove tecnologie nella conservazione e nella diffusione delle opere d'arte del
passato. Anche su questo ci soffermeremo. E lo faremo perché dall'incontro tra beni
culturali e tecnologie potranno nascere molte delle professioni e delle opportunità di
lavoro del prossimo futuro specialmente in un paese come l'Italia, che conserva tra i suoi
confini la maggior parte del patrimonio culturale dell'umanità.
Il rapporto con la tecnica ha avuto sempre un ruolo importante nello sviluppo
dell'arte, anche se non sempre i protagonisti della ricerca artistica ne sono stati
pienamente consapevoli.
Questa consapevolezza emerge come tema centrale delle ricerca e della riflessione
sull'arte a partire dalla meta del secolo scorso, quando la tecnologia si pone
esplicitamente alla base dello sviluppo di una nuova civiltà, la società industriale.
L'avvento della società industriale, con gli sconvolgimenti sociali che
l'accompagnarono, fornisce una nuova realtà da rappresentare. Ma soprattutto ad essa si
accompagna la nascita di nuove forme di produzione e di diffusione del lavoro
intellettuale ed artistico. La fotografia da una parte e l'industria editoriale, con la
conseguente nascita della cultura di massa, da un'altra ne sono degli esempi tipici. In
questo nuovo contesto sia la funzione sociale dell'artista, dello scrittore e
dell'intellettuale, che il loro modo di "lavorare", cambia profondamente.
Da allora il rapporto tra arte, generalmente intesa, e tecnologia ha oscillato tra
grande attrazione e sdegnoso rifiuto. Un rapporto che ha visto molti artisti rifiutare
totalmente la tecnologia e la modernità. Ma che ha ne ha visti molti altri assumere la
tecnologia nell'immaginario artistico, o impiegare le macchine nella creazione di nuove
forme di espressione.
(Achille Bonito Oliva) Diciamo che
tutta l'arte contemporanea, dalla metà dell'800 in avanti, è conseguente al forte
sviluppo della tecnica; l'artista si rende conto che attraverso la tecnica è possibile la
riproduzione meccanica dell'immagine, che all'occhio fisiologico si sostituisce l'occhio
meccanico della fotografia, poi del cinema e poi della televisione. Dunque corre ai ripari
e sviluppa una controffensiva sperimentale utilizzando i materiali che non sono più
quelli canonici che portano all'adozione dell'oggetto quotidiano, della scultura,
dell'elemento tecnologico, fino all'uso che interiorizza cinema, fotografie e video nella
produzione estetica. Perciò, evidentemente, c'è un forte legame tra il concetto di
avanguardia e tecnologie, in questo manipolo di artisti che anticipa il grosso della
produzione creativa della massa di artisti, che sente il bisogno di sperimentare per
sensibilità un rapporto più adeguato, capace di agganciare una società di massa che
vive una vita accelerata sotto i colpi ed il ritmo della macchina. Il futurismo è un
movimento che nasce in Italia per merito di Marinetti, Balla, Boccioni, Severini, De Pero;
sono artisti che sostanzialmente sostengono il primato della tecnica e dello sviluppo
tecnologico per una vita migliore. C'è la famosa dichiarazione di Marinetti che dice che
è più bella una macchina in corsa della Nike di Samotracia, ovvero è più bella la
forma di una macchina che si muove nello spazio di una forma archeologica di una grande
scultura greca. Quindi, il futurismo è quel primo movimento che esalta il futuro
conseguente allo sviluppo della tecnica. Anche il dadaismo, il surrealismo, l'automatismo
psichico, ovvero tecniche che introducono il movimento meccanico del gesto, della mano,
del braccio, del corpo, che ricordano il movimento ripetitivo della macchina. Nel
dopoguerra abbiamo artisti legati al New Dada ed alla Pop Art, specialmente che utilizzano
immagini frutto della riproduzione meccanica prodotta dai mass-media; cinema, televisione,
fotografia, vengono adottate come standard nell'opera di Andy Warhol, Lichtenstein per il
fumetto; dunque, tutte immagini riprodotte in cui, nell'installazione, appaiono elementi
in movimento; pensiamo anche ad artisti come il Gruppo Fluxus, pensiamo a Tinguely che
crea delle macchine con pezzi scoordinati di altri macchinari, assemblati insieme, che
producono un movimento strambo, fantastico, non produttivo, solamente estetico. Ecco
l'emancipazione della macchina che si sottrae all'uso, all'impiego, al suo essere
strumentale e si emancipa fino ad un protagonismo producente e produttivo di un movimento
a sé, inutile, e quindi per il piacere dell'occhio e del coinvolgimento del pubblico.
Direi che tutta l'arte contemporanea vive sotto questo rapporto ed anche la telematica, la
computerizzazione, l'elettronica, la televisione, sono state, in qualche modo, già prese
e assunte nell'ansia sperimentale degli artisti di oggi per vedere che cosa può
sviluppare l'arte a partire da questi spunti e da questi stimoli, sempre con l'intento di
emancipare la tecnica e destinarla ad un uso di immagini capace di ingrandire il
deterrente iconografico dell'antropologia dell'uomo.
Come abbiamo sentito, uno dei temi centrali che caratterizza il rapporto tra arte e
tecnologia è la "questione della riproducibilità".
Il fare artistico è stato per secoli associato alla operatività virtuosa
dell'artista. L'opera d'arte, insomma, è tale perché viene creata da un individuo dotato
di eccezionali capacità, l'artista appunto. Ma nel momento in cui un dispositivo
tecnologico è in grado di produrre un artefatto che può assumere il valore di opera
d'arte, che cosa avviene?
Agli albori di questa rivoluzione, nella metà del secolo scorso, il grande poeta
francese Charles Baudelaire, che era anche un valente critico e teorico dell'arte scrisse:
"Se alla fotografia si permetterà di integrare l'arte in alcune delle sue
funzioni, quest'ultima verrà ben presto soppiantata e rovinata da essa, grazie alla sua
naturale alleanza con la moltitudine".
Baudelaire temeva che la sostituzione della mano di un artista con uno strumento
tecnologico di rappresentazione, avrebbe reso superflua la capacità creativa e decretato
la fine dell'arte. Questa idea è stato da allora uno degli argomenti principali degli
intellettuali e gli artisti che hanno assunto una posizione critica, se non apocalittica,
nei confronti della tecnica.
Un secolo dopo il filosofo e critico Walter Benjamin, che pure amò profondamente
Baudelaire, e ne fu un grande interprete, rovesciò questo posizione in un famoso saggio
intitolato L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica.
Benjamin si rese conto che le tecnologie della comunicazione, come il cinema e la
fotografia, non avrebbero soppiantato l'arte, bensì una certa concezione dell'arte.
Quella concezione per cui l'arte è una attività quasi divina, che l'artista, individuo
eccezionale, pratica in piena solitudine. E di conseguenza l'idea che l'opera d'arte è un
oggetto unico ed irripetibile, che può essere contemplato e compreso solo da pochi animi
nobili.
Abbandonando questa visione romantica, ci accorgiamo che ogni trasformazione nelle
tecnologie della comunicazione cambia il modo di fare, di percepire e di valutare l'arte.
Quali sono le direzioni di questo cambiamento nell'era della riproducibilità digitale?
(Gillo Dorfles) La trasformazione che subisce
l'opera d'arte in questi tempi è ancora maggiore di quella che ha subito con la
meccanizzazione, abbiamo avuto appunto la .. l'epoca della riproducibilità meccanica che
ha dato un colpo all'"unicum" artistico perché con la possibilità di
riprodurre attraverso la fotografia, attraverso il cinematografo, attraverso i multipli,
l'opera unica stava per scomparire. Ora con i mezzi audiovisivi, televisivi, elettronici,
colla .. computer, col computer graphic, ci troviamo di fronte a un'altra era che
effettivamente trasformerà completamente quello che è il rapporto tra uomo e arte, tra
uomo e opera.
Credo che l'unicum continuerà ad esistere perché, per ragioni di
mercato, l'opera in un unico esemplare avrà sempre un valore maggiore, valore venale
naturalmente, però il fatto della riproducibilità in serie infinite attraverso i mezzi
elettronici fa sì che l'opera sarà immensamente più diffusa di quanto non fosse prima e
poi si vengono a creare nuove forme artistiche, per esempio la cosiddetta "Computer
art", che prima erano completamente impensabili. Queste nuove forme artistiche .. si
possono già vedere in parte applicate alla pubblicità, agli spot televisivi dove
effettivamente esistono delle forme di fantasia e di creatività che prima erano
completamente impensabili.
Armati del bagaglio teorico che abbiamo messo insieme finora, volgiamoci ad analizzare
alcune tendenze della ricerca artistica contemporanea influenzate dall'avvento delle
tecnologie digitali.
Uno dei settori in cui si sono avute esperienze molto interessanti è quello della
computer art, ovvero la realizzazione di immagini fisse ed in movimento mediante il
computer.
Fino a pochi anni fa le applicazioni dei computer nell'ambito della produzione e
manipolazione di immagini erano assai rare e primitive. Chi si occupava di questi
argomenti nel mondo dell'informatica veniva considerato un perditempo. Oggi invece lo
sviluppo di funzionalità grafiche è uno dei settori di punta dell'informatica.
I moderni computer, anche i normali personal che ognuno di noi può avere in casa,
possono dunque trasformarsi in veri e propri strumenti creativi, grazie ai tanti programmi
e strumenti per l'elaborazione grafica oggi disponibili.
Ve ne sono di semplici, che permettono di disegnare e colorare usando come tela lo
schermo del computer, e come pennello il puntatore del mouse.
E naturalmente ve ne sono di più complessi, capaci di creare animazioni ed effetti
grafici sofisticati. Fino ad arrivare a potenti computer nati unicamente per aiutare la
creazione di immagini e filmati digitali, che vengono usate ad esempio nella produzione di
spettacolari effetti speciali per il cinema.
La versatilità e la duttilità dei computer nella creazione di immagini ha attratto
moltissimi artisti sin dagli anni 80.
Molti protagonisti della computer art sono arrivati alla creazione digitale di immagini
partendo dalle sperimentazioni fatte con gli strumenti di videoregistrazione sin dagli 70.
Tuttavia, se video arte e computer art sono accomunate dal fatto di avere come
risultato immagini in movimento prodotte mediante un apparato tecnologico, esiste tra loro
una differenza profonda.
La videocamera è un dispositivo analogico che entra in rapporto immediato con la
realtà che riprende. Nel video è la realtà con la sua forma che diventa
rappresentazione. Per questo il momento della generazione dell'immagine, la ripresa
richiede la presenza dell'artista, il suo occhio dietro la telecamera.
L'immagine generata dal computer invece è il risultato di una sintesi automatica che
parte da un progetto astratto tradotto in una serie di operazioni computazionali. In
questo caso dunque è un concetto che diventa rappresentazione ed assuma una forma. Ma
questa operazione è eseguita dal computer, indipendentemente dalla presenza dell'artista,
e può essere riprodotta indefinitamente, ed in qualsiasi luogo.
Le tecnologie di animazione e modellazione tridimensionale, permettono ad un artista di
dare forma a mondi astratti ed immaginari, ma al tempo stesso il suo fare arte si
trasforma in una pura attività concettuale.
La computer grafica e l'animazione digitale, per quanto si possano rivelare suggestive
ed innovative, non si differenziano radicalmente dall'arte visiva tradizionale.
In fondo, esse producono rappresentazioni di fronte alle quali lo spettatore si deve
porre in un atteggiamento di contemplazione. Certo, il senso di queste rappresentazioni è
frutto del coinvolgimento intellettuale ed emotivo di chi le osserva. Ma la sua posizione
rimane sempre quella dello spettatore.
Un vero e proprio salto evolutivo si trova in quelle sperimentazioni che alla
virtualità affiancano un'altra caratteristica delle tecnologie digitali:
l'interattività. L'opera in questo caso non è più un oggetto finito, ma un ambiente o
un dispositivo in grado di reagire agli stimoli del fruitore.
Come nella computer art, anche in questa tendenza della sperimentazione artistica
quello che conta è il progetto. Ma in questo caso si tratta di un progetto aperto, che
prevede espressamente l'intervento del fruitore, e gli conferisce la facoltà di entrare
in modo attivo nella costruzione dell'esperienza artistica.
Verso questa frontiera si muovono alcuni artisti che, ereditando anche in questo caso
idee ed esperienze delle avanguardie artistiche degli anni 60, sperimentano l'uso della
realtà virtuale, di installazioni interattive e delle tecnologie telematiche.
(Derrik De Kerkhove) Abbiamo fatto qualche lavoro con
la realtà virtuale nel quadro del Programma McLuhan. In passato abbiamo lavorato sulle
interfacce: ogni interfaccia rappresenta un'estensione del tatto.
Una cosa divertente è che veniamo da una civiltà
prevalentemente visiva, qual è quella rinascimentale; con i nuovi ambienti di vita
sensoriale simulata stiamo ritornando ad una cultura tattile e la gente non se ne accorge.
Così agli artisti si richiede di creare sistemi interattivi e ognuno di questi non è
altro che una variazione, realizzata con l'ausilio di macchine elettroniche, sul tema
delle possibilità tattili. Faccio ora l'esempio di un sistema di danza: si danza davanti
ad una telecamera e l' immagine di chi danza viene registrata digitalmente in un computer
e quest'ultimo invia informazioni ad un MIDI, ad un sintetizzatore e quindi i suoni creati
dai movimenti di chi danza vengono completamente controllati. Il computer registra e può
anche ricordare e anticipare certi tipi di suoni; può cominciare a fare la media dei
movimenti di chi danza e anticipare certi tipi di movimenti per creare la musica del
danzatore. Stiamo facendo qualcosa di artisticamente scientifico in quanto è preciso, si
collega a movimenti assolutamente reali e presenta in qualche modo una connessione diretta
con il computer. Abbiamo creato una realtà virtuale che l'autore, uno dei nostri esperti
che lavora al programma McLuhan, ha chiamato "Giardino virtuale". Chi usa il
programma è come un'ape; atterra su un fiore, lo osserva, poi vola su un altro fiore e,
per via digitale, preleva qualcosa dal primo fiore e lo porta sul secondo: quindi, con la
combinazione dei fiori e del tempo passato su ciascun fiore, se ne crea un terzo, che è
il risultato dell'ibridizzazione.
[...] Per quanto riguarda l'estetica stiamo sperimentando i confini tra
la scienza estetica e la scienza applicata. Assistiamo ad una compenetrazione senza
precedenti dei domini dell'arte e della scienza. Siamo anche di fronte ad uno spostamento
dell'arte, dal creatore al fruitore: il progetto dell'opera diventa un meta-progetto, in
base al quale sono definiti i parametri progettuali per la creazione del prodotto
artistico finito. Pertanto l'effettivo creatore è il fruitore, ossia l'artista è il
creatore virtuale. Ciò è quanto realizzato da David Rookerby e dal sistema di danza
sopradescritto. L'autentico creatore di ogni prodotto artistico è il fruitore, colui che
danza e crea la musica. Ma chi ha creato tutte le possibilità virtuali racchiuse nel
meta-progetto, è l'artista.
Tra tutte le forme di espressione estetica, la letteratura è quella che da maggior
tempo è stata sottoposta alla riproducibilità tecnica. L'invenzione e la diffusione
della stampa infatti risale alla fine del 400.
Gli effetti di questa invenzione, di cui abbiamo già parlato nella sesta lezione,
furono importantissimi. Grazie ai bassi costi ed alla grande disponibilità, i libri si
diffusero rapidamente tra classi sociali che precedentemente non avevano possibilità di
accedere alla cultura. Per la prima volta si creò un pubblico, con le cui esigenze e
preferenze gli scrittori si dovettero misurare.
Ma le caratteristiche tecniche della stampa e del libro ebbero anche altre conseguenze.
Ad esempio, contribuirono alla formazione dell'idea che un testo letterario è un oggetto
unico ed immodificabile, consegnato una volta per tutte, nella sua forma definitiva,
dall'autore. A nessuno oggi verrebbe in mente di prendere, ad esempio, un esemplare dei
Promessi Sposi, e modificarne il finale: Don Rodrigo si salva dalla peste, uccide Renzo e
sposa con la forza Lucia, che per la disperazione si suicida il giorno delle nozze.
Naturalmente la lettura non è un processo passivo, tutt'altro. Leggere significa
collaborare con il testo, riempirlo di significato, arricchirlo della nostra esperienza,
delle nostre aspettative, dei nostri interessi, della nostra cultura. Ogni lettura
insomma, è diversa dall'altra. Per questo i grandi romanzi, e la grande poesia non
esauriscono il loro fascino nel tempo.
E però la libertà della lettore inizia solo al di qua della pagina. La lettura non
può fare a meno di seguire il tessuto di parole, frasi, capitoli ad essa consegnata. E
contro questa fissità della pagina scritta si scontra anche l'universo dell'immaginazione
dello scrittore. La scrittura è una trasformazione dal molteplice, dal complesso,
all'unico, al lineare.
Tantissimi grandi scrittori nel corso secoli hanno inseguito il sogno di rompere questi
limiti. Il sogno di scrivere un romanzo infinito, una storia che contenesse tante
possibili storie, che ad ogni lettura riservasse al lettore un nuovo svolgimento, ed un
diverso finale.
Pensiamo alle complicate vicende che si intrecciano nell'Orlando Furioso dell'Ariosto,
alle peripezie del Don Chisciotte di Cervantes. O per arrivare ai grandi scrittori del 900
all'Ulisse di James Joyce, ai racconti di Jorge Luis Borges, ad Italo Calvino, con i suoi
Se una notte d'inverno un viaggiatore, Il castello dei destini incrociati.
Le tecnologie digitali della scrittura permettono oggi di mettere in pratica questa
aspirazione. Grazie alla tecnologia dell'ipertesto, infatti, è possibile costruire un
sistema testuale formato da molteplici brani, collegati tra loro da diversi percorsi. Il
lettore è libero di esplorare il testo, di procedere nella lettura seguendo le sue
preferenze.
Le possibilità dell'ipertesto hanno attirato l'attenzione di molti scrittori. Le prime
sperimentazioni risalgono alla fine degli anni ottanta.
Ma il primo ipertesto narrativo che ha goduto di una certa notorietà e successo è
Afternoon, a story, realizzato dallo scrittore statunitense Michael Joyce. Un titolo quasi
provocatorio. Infatti in questa opera ipertestuale di storie ce ne sono infinite e non
esiste né un inizio, ne una fine. Vediamo un po' di che si tratta.
A questo primo lavoro di Michael Joyce, ne sono seguiti molti altri, pubblicati su
dischetti o su CD ROM. La diffusione di Internet, poi, ha stimolato la sperimentazione dei
cosiddetti ipertesti collaborativi. Si tratta di ipertesti pubblicati sul World Wide Web,
alla cui realizzazione possono partecipare, in modo più o meno libero, i lettori stessi.
In questo modo chiunque può contribuire alla evoluzione di una narrazione, inventando
nuovi personaggi e situazioni.
Questi romanzi ipertestuali costituiscono certo un esperimento interessante. Ma,
dobbiamo ammetterlo, la loro lettura non è una esperienza particolarmente memorabile e
piacevole.
A questo proposito sorge una domanda: questo limite è dovuto alla novità del mezzo, a
cui autori e lettori devono ancora abituarsi, o invece è legato a qualcosa che è insito
nella natura stessa del raccontare e del leggere una storia?
(George P. Landow) Non è
completamente chiaro quale effetto avrà l'ipertesto sulla narrativa. Alcune persone, come
Robert Coover, hanno suggerito che l'ipertesto è forse più adatto alla lirica (poesia),
alle opere che funzionano con l'associazione, piuttosto che alla narrativa di progressione
lineare. Altri dicono che le scelte date al lettore consentono all'autore di sviluppare
narrative multiple, che possono, in qualche modo, interrogarsi a vicenda o essere
costruite l'una sull'altra e diventare più ricche. Un'altra possibilità ancora è data
dall'idea di narrativa prevalentemente associata al Giappone, una narrativa, cioè, che
non si sviluppa verso un unico punto culminante fisso, ma in cui sono presenti molteplici
punti di soddisfazione, che può essere iniziata e terminata in qualsiasi punto. Tutte
queste possibilità esistono. Ma certamente dovremo decidere come iniziare un testo che la
gente può cominciare in qualsiasi punto; ed è ancora più importante sapere quando il
testo è finito. Certamente, nel mondo della stampa su carta ci sono state alcune opere,
come "Tennyson's in Memorium", un poema sperimentale del Diciannovesimo Secolo
molto lungo, che contiene molteplici conclusioni e molteplici punti da cui si può
iniziare a leggere; la gente lo legge e lo attraversa in molti modi diversi: come opera di
devozione, come opera letteraria. E' possibile che questo tipo di testo aperto diventi un
modello, in contrapposizione ai testi più chiusi. Questo è forse un nuovo significato o
una riconsiderazione del testo aperto di Umberto Eco.
Il rapporto tra le tecnologie informatiche ed il mondo dell'arte e della cultura non si
limita esclusivamente alla sfera della creazione. I nuovi media digitali si sono rivelati
preziosi anche nel settore della conservazione, dello studio e della divulgazione del
patrimonio artistico e culturale del passato.
Ad esempio, l'utilizzazione delle tecnologie informatiche è ormai fondamentale
nell'ambito del restauro. Moltissimi importanti interventi di recupero e di conservazione
di dipinti e monumenti sono stati resi possibili solo grazie all'uso dei computer.
Particolarmente importante, poi, è l'apporto che i nuovi media possono dare alla
divulgazione ed alla educazione artistica. Le applicazioni in questo campo sono veramente
innumerevoli. Ad esempio, oggi è possibile visitare musei e godere di mostre restando
comodamente seduti a casa, davanti ad un computer dotato di un lettore di dischi ottici o
di un collegamento ad Internet.
Questo è reso possibile dagli innumerevoli CD-ROM e pagine Web dedicate alla
comunicazione artistica, ed alla illustrazione del contenuto dei grandi (e piccoli) musei
di tutto il mondo.
Oppure, con gli strumenti realtà virtuale, possiamo visualizzare ed esplorare ambienti
architettonici e monumenti del passato, debitamente ricostruiti dai computer. Luoghi e
spazi altrimenti invisibili, perché distrutti dal tempo, o inaccessibili ai normali
visitatori.
L'utilizzazione delle tecnologie informatiche per la visualizzazione ed esposizione dei
beni culturali ha dato luogo alla nascita del concetto di museo virtuale, che ha avuto
molta fortuna. In realtà con questa etichetta sono indicate risorse e tecnologie diverse.
Vengono così definiti, ad esempio, le miriadi di siti su World Wide Web realizzati da
musei e gallerie reali, che permettono di visualizzare immagini digitalizzate delle opere
e di consultare alcune informazioni di commento. Con lo sviluppo dei sistemi di
trasmissione dei dati alcuni di questi siti si sono evoluti, usando tecnologie di
visualizzazione tridimensionale. Ad esempio ora è possibile visitare in questo modo la
galleria degli uffizi di Firenze, sala dopo sala, opera dopo opera. Tuttavia i limiti
attuali delle rete Internet non permettono di distribuire immagini tridimensionali con una
qualità appena accettabile.
Di tutt'altro livello qualitativo sono alcune ricostruzioni virtuali di monumenti e
siti archeologici del passato. In questo caso ci troviamo di fronte ad una applicazione
vera e propria della realtà virtuale immersiva. Naturalmente simili applicazioni si
basano su sistemi informatici potentissimi e molto costosi. Esse dunque potrebbero
diventare le "sezioni virtuali" di musei reali, in grado di sostenere i costi
per le apparecchiature richieste. I musei potrebbero in questo modo fornire ai visitatori
uno strumento per conseguire una conoscenza più approfondita degli oggetti e dei reperti
conservati nelle loro sale.
Dalla convergenza di queste due tecnologie nasce infine il concetto di museo virtuale
del futuro: un museo dotato di sistemi di realtà virtuali collegati in rete che
permettono al visitatore di accedere a rappresentazioni virtuali ad altissima definizione
di opere e reperti, associate a tutto il contesto di notizie ed informazioni che ne
facilitano la comprensione storica. Anche qui ritorna il concetto di interattività: un
simile museo infatti permetterebbe al visitatore di costruire i suoi percorsi espositivi
seguendo le sue esigenze di formazione e di gusto.
Un'altra istituzione deputata alla conservazione del patrimonio culturale del passato
che sarà profondamente trasformata dalle nuove tecnologie è la biblioteca.
Molti di voi sanno che il patrimonio culturale dell'antichità è giunto a noi grazie
all'opera fondamentale dei monaci medievali. Rinchiusi nelle possenti abbazie che i vari
ordini possedevano, la maggior parte in Italia, per secoli e secoli, oscuri copisti,
riuscirono a salvare migliaia di manoscritti, copiandoli manualmente uno per uno, con
pazienza e con costanza incredibili.
Dopo l'introduzione della stampa, fu necessario trasportare tale patrimonio nel nuovo
supporto. E a questa opera attesero i primi grandi stampatori.
Oggi a distanza di molti secoli, l'introduzione dei supporti digitali, in un certo
senso, ci chiama ad una operazione simile. La migrazione del patrimonio culturale del
passato, nel mondo dei bit.
Per questo stanno nascendo delle vere e proprie biblioteche digitali. Si tratta di
archivi informatici che contegno testi ed immagini digitalizzati, ed opportunamente
codificati.
Molti di questi archivi sono realizzati e gestiti da istituzioni universitarie, o da
brandi biblioteche tradizionali. Ma non mancano esperienze condotta da appassionati e
volontari, che si dedicano alla memorizzazione informatica di testi per passione ed amore
verso la cultura.
La maggior parte delle biblioteche digitali sono collocate su computer collegati alla
rete Internet. Esse sono dunque accessibili, gratuitamente, da tutti gli utenti della
rete.
Tre le molte iniziative di questo tipo ve ne segnaliamo una in particolare. La
biblioteca Vaticana possiede il più vasto e importante patrimonio di manoscritti del
mondo, ed è una delle massime istituzioni culturali del mondo.
Nei suoi archivi sono contenuti più di cinquantamila manoscritti e incunaboli, i primi
esemplari di libri a stampa, che al manoscritto assomigliavano moltissimo. Tra questi ci
sono degli esemplari unici dei capolavori della cultura antica, medievale ed umanistica.
Migliaia di studiosi, rigorosamente selezionati, provenienti da tutto il mondo, si
recano nelle sue sale per poter consultare questo inestimabile giacimento culturale.
Proprio in questo tempio della cultura umanistica è stato concepito uno dei più
avanzati esempi di applicazione delle nuove tecnologie digitali e telematiche al mondo
delle biblioteche: la realizzazione di una versione elettronica della Vaticana.
I manoscritti sono stati archiviati sottoforma di immagini digitali ad altissima
risoluzione, che permettono agli studiosi di consultare e studiare remotamente la fonte
primaria, come se fossero realmente nei locali della biblioteca.
Per fare questo senza rischiare di danneggiare le delicatissime pagine dei manoscritti,
sono stati utilizzati degli speciali e costosissimi scanner, che state vedendo in queste
immagini, in grado di scandirne la superficie dall'alto.
La prima fase del progetto ha portato alla realizzazione di un archivio di ben 55 mila
immagini, corrispondenti a 50 manoscritti completi, ed alcuni fogli di altri esemplari.
L'archivio è stato messo a disposizione via Internet ad un ristretto numero di
studiosi di alcune università americane, che ne stanno valutando la potenzialità,
utilizzandolo per le loro ricerche.
In futuro, l'accesso alla Vaticana Digitale sarà esteso a tutti gli studiosi che lo
vorranno. Sarà tuttavia necessario il pagamento di un contributo economico, che servirà
a finanziare la prosecuzione del progetto, il cui completamento richiederà decine di anni
di lavoro.
La creazione ex-novo o l'archiviazione di opere d'arte del passato su supporto
digitale, solleva una interessante questione: il problema del diritto di autore.
Il diritto di autore stabilisce che un autore detiene la proprietà delle opere di
ingegno da lui prodotte. Questa proprietà può essere venduta, ad esempio ad una casa
editrice, per un certo corrispettivo in denaro. La casa editrice così acquisisce il
diritto di riprodurre in esclusiva l'opera in questione. Nessuno altro può farlo, con
nessun mezzo. Ecco perché fotocopiare un libro è un atto illegale.
Il riconoscimento legale del diritto di autore è stata una conquista molto importante,
a cui si è arrivati solo all'inizio del secolo scorso. Esso ha permesso agli scrittori di
vivere dell'opera del loro ingegno, ed all'editoria di diventare una grande industria.
Naturalmente la forma moderna del diritto di autore è strettamente legata alla
tecnologia della stampa. La complessità e i costi del processo produttivo del libro
scoraggiamo la pirateria, e facilitano l'individuazione di eventuali contravventori.
Ma le nuove tecnologie modificano radicalmente il processo di produzione, riproduzione
e circolazione delle opere d'ingegno. La riproduzione digitale di un testo o di una
immagine è praticamente priva costi, e ciò che più conta, alla portata di chiunque sia
in possesso di una semplice attrezzatura informatica.
Questi cambiamenti ci inducono a ripensare la forma e la stessa utilità del diritto di
autore.
Siamo così arrivati alla fine di questa lezione, in cui ci siamo occupato del rapporto
tra le nuove tecnologie e il mondo delle arti e della cultura.
Abbiamo iniziato il nostro percorso con alcune riflessioni di carattere storico sul
rapporto tra creazione artistica e tecnologia e sul tema della riproducibilità tecnica
dell'opera d'arte.
Poi abbiamo visto come varie forme di espressione artistica si stanno modificando,
sotto la spinta delle tecnologie digitali. Siamo partiti dalle arti visive, incontrando la
computer art, e le installazioni interattive e virtuali, che esplorano nuove forme di
comunicazione estetica.
Poi siamo passati alla letteratura, incontrando di nuovo gli ipertesti, usati come
strumenti narrativi.
Abbiamo visto come le nuove tecnologie si rivelano di enorme utilità anche nella
conservazione e nella comunicazione del patrimonio artistico e culturale del passato. E
per finire abbiamo riflettuto sul destino del diritto di autore nell'era delle
riproducibilità digitale.
Naturalmente non abbiamo esaurito la grande quantità di temi e spunti di riflessione
che il nostro argomento solleva. A voi dunque il compito di portare avanti il discorso che
abbiamo iniziato. A questo proposito, vi ricordo che materiali ed esercizi che integrano e
sviluppano il contenuto di questa cassetta sono disponibili nelle dispense del corso, sul
CD-ROM, e sul nostro sito Internet. Potrete anche trovarvi suggerimenti su lavori di
classe e individuali che possono essere avviati per approfondire le tematiche trattate. |