Off-line del 4 giugno 1998
Introduzione ai nuovi media 7/b.
Verso la convergenza
di Gino Roncaglia
Quando parliamo di interattività in campo informatico intendiamo probabilmente
riferirci a qualcosa di diverso. Ma a cosa, esattamente? Proviamo a proporre una
definizione.
Un oggetto informativo (ad esempio un programma) si dice interattivo se può
partecipare a un processo di comunicazione modificando in maniera esplicita l'informazione
emessa, in corrispondenza delle scelte degli altri partecipanti a tale processo.
(Fausto Colombo) I media
tradizionali sono caratterizzati dal fatto di non essere abitualmente interattivi, ti
danno una sola informazione e tu non puoi rispondere e di essere monomediali e cioè di
avere di solito uno o tutt'al più due codici espressivi, o usano il visivo o usano il
sonoro o tutt'al più usano sonoro e visivo assieme combinati in una certa alchimia. Il
multimediale lavora invece integrando più codici o nel senso che vari media diversi sono
contemporaneamente attivi quindi io insieme fruisco il fumetto, la televisione, il cinema,
eccetera o come avviene nel caso delle tecnologie informatiche e telematiche, lo stesso
medium mi fornisce stimoli su codici differenti e quindi fa già quel lavoro di
integrazione che altrimenti nella prima versione è l'utente a dover compiere,
contemporaneamente molte delle nuove tecnologie sono anche fortemente interattive cioè
implicano una risposta da parte dell'utente.
Come molte altre definizioni proposte, anche la definizione di interattività non è
priva di problemi e difficoltà - potrebbe essere anzi interessante discuterne insieme sul
forum ospitato dal nostro sito Internet. Ma un aspetto ci interessa sottolineare:
qualunque sia la definizione di interattività che si sceglie, essa si rivelerà
probabilmente molto generale. Sbaglieremmo a pensare che, come sembrano suggerire a volte
le pubblicità di programmi e giochi, l'interattività implichi automaticamente una sorta
di 'intelligenza della macchina'. Dire che un programma è interattivo è in molti casi
quasi una tautologia. Il problema non è l'interattività in sé, ma il fatto che
l'interazione sia funzionale, intelligente, flessibile. Ed è molto più difficile
soddisfare questi requisiti, che quello della pura 'interattività'
Un tipo di interattività particolarmente interessante è quello reso possibile da un
oggetto informativo di grande rilievo, l'ipertesto. Vediamo di capire di cosa si tratta.
George Landow, della Brown
University, e David Kolb, del Bates
College, sono due fra i massimi specialisti mondiali di ipertesti - Landow, in
particolare, è autore di quella che è la principale opera di riferimento in materia, il
libro Hypertext, sul quale ci soffermiamo a lungo nelle dispense di questo corso. Sentiamo
allora le loro definizioni del concetto di ipertesto.
(George P. Landow) Un
ipertesto è un testo composto di spezzoni individuali, o lexias, uniti da collegamenti
elettronici. Le relazioni, che nelle forme di testo precedenti rimanevano puramente
mentali, hanno ora un proprio modo di essere formulate. L'esperienza della lettura di un
ipertesto è simile a quella della lettura di un libro scientifico o scolastico: si inizia
a leggere, si arriva ad un numero di postilla, si interrompe per vedere cosa dice tale
postilla. Può anche essere necessario verificare prendendo un altro libro da uno
scaffale, e poi si torna indietro e si continua a leggere. Ma si procede leggendo ed
abbandonando il testo, cosicché ogni testo viene letto in linee multiple. Non si tratta
di un semplice testo lineare, ma di un testo multi-lineare.
(David Kolb) Most of the definitions of hypertext seem to me to
start by saying that there's a contrast between linear text, which follows along in a
single order, and test which can be read in many ways because it consists of pieces or
nodes or blocks of test which have been linked in non-linear fashion. So you could define
hypertext as text, pieces of text, which have a non-sequential pattern of linkage and
therefore many possible paths for reading.
Naturalmente sul concetto di ipertesto molto altro potrebbe essere detto - e troverete
materiali di approfondimento al riguardo sia nelle interviste raccolte nella sezione
conclusiva di questa cassetta, sia nelle dispense e nel CD-ROM che accompagnano il nostro
corso. Ricordiamo qui soltanto che un ipertesto non è necessariamente costituito solo da
testo scritto: può invece comprendere anche immagini, suoni, filmati... insomma, può
aprirsi alla dimensione della multimedialità. In questo caso, si parla spesso, anziché
di ipertesti, di ipermedia.
Sappiamo che informazioni di tipo diverso possono essere tutte ridotte allo stesso
codice di base, le lunghe catene di 0 e 1 dell'informazione digitalizzata. E sappiamo
anche che ciò permette l'integrazione di linguaggi e stili comunicativi diversi
all'interno di oggetti informativi unitari, come un CD-ROM o la rete. E' questa la radice
della cosiddetta convergenza al digitale, la convergenza cioè verso un alfabeto comune,
fatto di 0 e 1, per informazioni di tipo diverso: testo, immagini, video. Ma perché, e in
che modo, questo processo sta cambiando il volto dei media?
Grazie all'evoluzione dell'informatica e della telematica, i bit, gli 0 e 1
dell'informazione digitalizzata, sono estremamente facili da trasmettere. Perché, allora,
dotarsi di strumenti diversi, con tecnologie diverse, per trasmettere e ricevere, poniamo,
onde radio, segnali televisivi, comunicazioni telefoniche? Non sarebbe più semplice, più
efficiente e più economico trasmettere sempre, in tutti questi casi, l'informazione
direttamente in formato digitale? Potrebbero essere usati gli stessi canali, e cioè le
grandi reti telematiche, le cosiddette 'autostrade dell'informazione'. E molto spesso
potrebbero essere usati gli stessi terminali, dei computer capaci di elaborare dati
testuali e immagini ma anche dati sonori e video in movimento, dotati magari di scanner,
microfono e telecamera.
In una prima fase, quella che stiamo attraversando, la convergenza al digitale dovrà
accettare alcuni compromessi con le nostre abitudini comunicative, con gli strumenti
esistenti, insomma con il volto tradizionale dei media. Il televisore, ad esempio, resta
apparentemente lo stesso, ma l'informazione che gli arriva non è più solo analogica, ma
anche digitale. In un futuro più lontano, è probabile che la distinzione tra schermo del
televisore e schermo del computer tenderà a scomparire del tutto. Analogamente,
all'inizio l'apparecchio telefonico resterà quello che conosciamo, ma sempre più spesso
la comunicazione telefonica avverrà in formato digitale, sfruttando le reti di
trasmissione dati che avvolgono il pianeta.
Cavi e satelliti avranno, in questo processo, un ruolo fondamentale. Ci si interroga
spesso su quale di queste tecnologie sia destinata a prevalere. La realtà è
probabilmente che esse potranno coesistere e rivelarsi anzi, in certi casi, alleate.
Ognuna infatti ha caratteristiche proprie, che ne suggeriscono l'impiego in situazioni
diverse. Il satellite permette la copertura di aree geografiche vastissime, anche prive di
infrastrutture tecnologiche avanzate; il cavo si rivela prezioso nelle città altamente
industrializzate, quando il flusso di dati avviene non solo su grandi distanze ma anche
all'interno di un ufficio, di un edificio, di un quartiere.
Soffermiamoci un momento sulla televisione, lo strumento che state usando per vedere
questa cassetta. Per ricevere e interpretare correttamente un segnale digitale, sia che
esso arrivi via cavo, sia che arrivi via satellite, il televisore ha bisogno di un
apposita componente hardware, un ricevitore-decoder.
Per ora si tratta di un oggetto indipendente, in futuro probabilmente sarà integrato
nei televisori. Eccone uno. Sembra un po' un videoregistratore, ma in realtà
concettualmente è molto più vicino a un computer. Come un computer, è dotato di un
proprio software, composto da programmi che permettono di impostare i canali e il tipo di
codifica digitale utilizzata.
Nel caso di un impianto satellitare, andrà collegato fra il cavo che scende
dall'antenna parabolica e il televisore. In un impianto via cavo, invece, anziché
arrivare dall'antenna, il cavo arriverà da una centralina di palazzo o di zona.
Una delle caratteristiche del digitale è quella di permettere codifiche alternative
della stessa informazione. Diventa allora possibile, volendo, usare codifiche
non-standard, che per essere interpretate correttamente richiedono apposite istruzioni. È
il meccanismo della cosiddetta 'crittografazione' del segnale digitale. Se il decoder
riceve un segnale di questo tipo, ha bisogno di conoscere come è stato codificato; le
relative istruzioni gli vengono fornite da una piccola carta programmabile, come questa,
vagamente simile a una carta di credito; la si infila in un apposita fessura, o slot, del
decoder.
Il meccanismo decoder - smart card permette di vendere, attraverso la vendita delle
carte, abbonamenti a singoli canali o gruppi di canali, o addirittura a singoli programmi.
Ma l'esperimento più avanzato di convergenza e integrazione digitale è senz'altro
Internet, ed è probabilmente a Internet che ci dobbiamo rivolgere per avere un'idea di
quello che sarà il futuro dei media che conosciamo.
Già adesso, attraverso le maglie di Internet viaggiano, in formato digitale, le
emissioni di stazioni radio e dei primi programmi televisivi in rete.
L'integrazione fra satelliti e reti, e il rapidissimo aumento del numero di canali
ricevibili attraverso i satelliti, potrebbero portare in tempi brevi a una situazione in
cui l'offerta radiofonica e televisiva sarà incomparabilmente più vasta di quella
attuale; questo porterà probabilmente alla proliferazione di canali specializzati,
tematici, spesso a pagamento.
Siamo così arrivati alla fine di questa lezione. Vediamo di ricapitolare brevemente
gli argomenti dei quali ci siamo occupati.
Innanzitutto, abbiamo discusso una caratteristica importante della comunicazione
attraverso le reti: la possibilità di realizzare una comunicazione circolare, da molti a
molti.
Abbiamo poi parlato dei diversi sensi che si possono dare a due termini chiave della
rivoluzione digitale, multimedialità e interattività. Abbiamo visto che si tratta di
concetti non facili da definire, e spesso abusati.
Un esempio interessante di oggetto comunicativo interattivo è l'ipertesto, che
costituisce un po' il modello generale del World Wide Web; ne abbiamo considerato insieme
le caratteristiche fondamentali.
Per finire, abbiamo parlato di convergenza al digitale, e abbiamo discusso alcuni dei
cambiamenti che essa determinerà sul volto dei media tradizionali. |
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