Off-line del 3 giugno 1998
Introduzione ai nuovi media 7/a.
Verso la convergenza
di Gino Roncaglia
Comunicazione circolare, multimedialità, interattività, ipertestualità, convergenza
al digitale. L'evoluzione dei nuovi media ha creato una giungla di termini dei quali tutti
sembrano parlare, non di rado a sproposito.
Eppure dietro queste espressioni concettualmente tutt'altro che chiare si nascondono
mutamenti non solo tecnologici ma sociali di grande portata. Mutamenti che è necessario
comprendere, se vogliamo che l'evoluzione in corso nel mondo dei media non ci passi sulla
testa, ma ci possa al contrario vedere protagonisti attivi e consapevoli.
In questa lezione cercheremo quindi di discutere e di comprendere almeno alcuni dei
termini 'chiave' della rivoluzione digitale; un compito, come vedremo, tutt'altro che
facile.
Un primo concetto che merita di essere preso in esame ha a che fare con la
comunicazione attraverso le reti. Internet, sappiamo, è uno strumento di comunicazione,
un nuovo medium la cui importanza sta rapidamente crescendo col passare del tempo. Il tipo
di comunicazione resa possibile da Internet ha una caratteristica che in altri media era
presente solo in forma embrionale e limitata: è cioè una comunicazione circolare, o
meglio reticolare.
Cosa vuol dire tutto questo? Che in rete è estremamente facile passare dal ruolo
spesso passivo di 'destinatario' del messaggio, di 'ascoltatore', al ruolo attivo di chi
crea e diffonde un messaggio, al ruolo cioè di emittente.
In una telefonata, le persone che dialogano assumono, a turno, la funzione di
ascoltatore e di emittente; possono cioè sia ascoltare sia parlare. Ma una telefonata
avviene fra poche persone, in genere fra due. Se aumentassimo di molto il numero delle
persone, diventerebbe assai difficile garantire a ciascuna la possibilità di intervenire
attivamente nella conversazione. La comunicazione telefonica è di norma da uno ad uno.
Giornali, radio, cinema, televisione, permettono una comunicazione alla quale
partecipano contemporaneamente molte più persone; ma quasi tutte vi partecipano da
lettori, ascoltatori o spettatori, insomma da destinatari e non da emittenti del
messaggio. E' molto facile ricevere, è molto più difficile trovarsi dietro la penna, il
microfono o la macchina da presa, e parlare. La comunicazione è di norma da uno a molti,
o quantomeno da pochi a molti.
Le reti telematiche permettono qualcosa di nuovo, un modello comunicativo in cui
ciascuno può, per così dire, realizzare il suo programma, scrivere e stampare il suo
giornale: una comunicazione non più orizzontale o verticale ma appunto reticolare, da
molti a molti.
Naturalmente la comunicazione da molti a molti non è una novità assoluta; in una
certa misura, ad esempio, la radio si è già prestata ad esperimenti del genere - pensate
al periodo di maggior fortuna delle radio libere, o alle trasmissioni 'a microfono aperto'
alle quali possono partecipare anche gli ascoltatori. E la comunicazione politica ha
spesso sperimentato modelli di diffusione circolare dei messaggi: pensate alle assemblee,
o a strumenti come i tazebao, i manifesti manoscritti che hanno caratterizzato alcuni
periodi della contestazione giovanile, e che chiunque poteva scrivere ed affiggere.
Ma è facile capire che la scala di questi esperimenti, e il tipo di circolarità che
essi permettevano, non sono paragonabili a ciò che è possibile fare, su scala globale,
attraverso le reti telematiche.
Bisogna tuttavia guardarsi dal pensare che questo modello comunicativo costituisca una
sorta di panacea universale, capace di garantire automaticamente la partecipazione di
tutti 'ad armi pari' all'interno del processo comunicativo.
Innanzitutto perché sappiamo che Internet e le reti telematiche sono - e
presumibilmente resteranno ancora per parecchi anni - un fenomeno in parte elitario, la
cui diffusione generalizzata è prevedibile a breve scadenza solo all'interno del mondo
industrializzato, e anche qui limitatamente alle classi economiche e sociali più
favorite.
Poi perché, proprio come il mondo reale, la rete tende a costruire gerarchie di
visibilità, di prestigio, e in definitiva di potere. Tutti possono scrivere, ma non tutti
hanno gli strumenti per scrivere in maniera egualmente efficace e visibile. Questi
strumenti sono culturali (pensate ad esempio alla importanza di una buona conoscenza
dell'inglese, che è un po' la 'lingua franca' della rete), sono tecnologici (occorre
saper preparare un documento per l'immissione in rete, e disporre di un server che lo
ospiti), e sono infine economici (inserire informazione in rete non è caro, ma farlo in
modo 'professionale' lo è: servono grafici e impaginatori abili, e occorre saper
pubblicizzare adeguatamente il proprio sito).
Insomma, l'idea che su Internet tutte le voci siano uguali è un po' un mito - e
proprio per questo occorre adoperarsi perché le differenze e le difficoltà di accesso
che già esistono possano diminuire, anziché crescere, col passare del tempo. Un compito,
va detto, tutt'altro che facile.
Abbiamo parlato di tipi diversi di comunicazione, che corrispondono a media diversi.
Sappiamo che media diversi sono in genere caratterizzati anche da linguaggi, codici, stili
comunicativi diversi; così, un giornale radio darà le stesse notizie in forma diversa da
un telegiornale, che può avvalersi dell'uso delle immagini, o di un giornale a stampa, in
cui il lettore può scegliere gli articoli e gli approfondimenti che lo interessano di
più, senza essere legato alla lettura sequenziale e non modificabile dello speaker.
Se media diversi hanno caratteristiche così diverse, cosa indica il termine
'multimedialità'? In che modo una comunicazione multimediale può evitare il rischio di
trasformarsi in pura confusione babelica? Esiste forse uno stile, un linguaggio della
multimedialità?
Come vedremo, si tratta di problemi tutt'altro che semplici, e ai quali non esiste una
risposta univoca.
Questo è un CD-ROM, per molti il prodotto multimediale per eccellenza. Ma, se ci
riflettiamo sopra, perché si dovrebbe definire 'multimediale' un CD-ROM? Dal punto di
vista fisico, il medium è uno solo, il dischetto traslucido che tengo in mano. E questo
dischetto contiene un unico tipo di 'scrittura', le lunghe catene di 0 e 1 che
corrispondono a informazione digitalizzata.
E' allora un errore considerare multimediale un CD-ROM? In un certo senso, possiamo
rispondere senz'altro di sì: si tratta indubbiamente di un medium nuovo, ma si tratta
appunto di un medium, non di molti-media.
D'altro canto, potremmo scegliere di porre l'accento, anziché sul supporto fisico o
sul linguaggio di codifica utilizzato, sul tipo di informazione che viene convogliata. E
certo un CD-ROM può integrare informazioni di tipo diverso, tradizionalmente collegate a
media diversi: testo, suono, immagini, spezzoni video. La maggior parte delle definizioni,
in genere implicite, di multimedialità, utilizzano evidentemente questo criterio per
definire 'multimediale' un CD-ROM. Ma non corriamo allora il rischio di dover definire
'multimediale' anche una rivista illustrata, che unisce e integra testo e immagini? Nel
caso della rivista illustrata questa integrazione è ormai divenuta abituale, ha
conquistato col tempo le proprie convenzioni, i propri stilemi specifici. Forse un CD-ROM
ci sembra 'multimediale' perché l'integrazione fra diversi linguaggi, fra diverse
convenzioni espressive, è ancora nuova e imperfetta?
Per avere una prospettiva un po' diversa sul termine 'multimedialità', possiamo
provare a cambiare impostazione. Anziché pensare in maniera 'centripeta' all'integrazione
di tipi diversi di informazione in un unico supporto, possiamo pensare alla costruzione di
un progetto comunicativo complesso che coinvolga e integri media diversi, ciascuno con le
sue caratteristiche e le sue potenzialità specifiche.
Il corso che state seguendo è multimediale in questo secondo senso: le videocassette,
le dispense, il CD-ROM, il sito Internet, le trasmissioni televisive sul canale
satellitare educativo RAI, e naturalmente i contributi di idee e contenuto didattico che
vengono dai vostri insegnanti, dovrebbero - almeno nelle intenzioni - integrarsi a
costruire un messaggio più complesso, più elaborato e più ricco di quanto non sarebbe
possibile usando un singolo medium, o utilizzando più media senza un progetto unitario di
base.
Non sappiamo in che misura riusciremo a raggiungere questo obiettivo, ma speriamo di
avervi fornito qualche spunto di riflessione: la prossima volta che qualcuno vi
magnificherà le caratteristiche di questo o quel prodotto 'multimediale', provate a
chiedergli - e a chiedervi - cosa significhi per lui 'multimediale', e se questa
'multimedialità' comporti davvero un arricchimento nel contenuto comunicativo, nella
ricchezza, nella fruibilità del messaggio.
Un altro termine molto usato (e abusato) nelle discussioni sui nuovi media è quello di
interattività. Cosa intendiamo dire, quando qualifichiamo un programma, uno strumento
informatico, un sito Internet come 'interattivo'?
A guardar bene, i problemi non sono minori di quelli che abbiamo incontrato a proposito
della multimedialità.
(Gianfranco Bettetini) L'interattività può essere
definita come la disponibilità di un sistema elettronico a rispondere alle richieste
dell'utente e a soddisfarle e quindi sono sistemi interattivi tutti quelli che
stabiliscono, riescono a stabilire un rapporto con l'utente, è una specie di simulazione,
l'interattività, della interazione vera personale no?, dell'interazione vera personale
cioè dello scambio a livello conversativo, starei per dire che l'esempio più classico e
più forte di comunicazione tra due o più interlocutori. Allora che cosa succede ...
succede che mentre nel testo tradizionale perché è interazione anche il rapporto con un
testo tradizionale sia scritto sia filmato sia televisivo e così di seguito ... ci
troviamo di fronte a un saper essere cioè a uno stato di sapere conservato nel testo e a
un saper fare cioè alla distribuzione del sapere nel testo stesso quindi alle modalità
di distribuzione del sapere nel testo stesso quando abbiamo a che fare con le nuove
tecnologie si trova di fronte a un saper essere, a un saper fare e anche a un saper agire
no? cioè un saper utilizzare tecnicamente queste apparecchiature e soprattutto a saperle
utilizzare dal punto di vista creativo e progettuale.
Tutta la nostra esperienza nasce dall'interazione con la realtà; da questo punto di
vista, qualunque oggetto e qualunque fenomeno è per noi 'interattivo'. Questo vale, a
maggior ragione, per gli atti di comunicazione, anche quando essi si concretizzano in un
'oggetto comunicativo' dall'apparenza fissa e immutabile. Solo chi non è abituato a
leggere può pensare che un buon libro non sia in qualche senso 'interattivo'. |
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