Off-line del 29 maggio 1998
Introduzione ai nuovi media 5/b.
Costruire il ciberspazio: realtà virtuale e ambienti condivisi
di Gino Roncaglia
L'aggressività fa certo parte della nostra natura, e i giochi hanno spesso la funzione
di fornire uno sfogo all'aggressività. Non vogliamo dunque fare del falso moralismo sui
giochi di guerra, che sono spesso coinvolgenti e tecnicamente ben fatti. Ma possiamo
chiederci: nel nostro nuovo mestiere di costruttori di mondi, non sappiamo fare di meglio?
Per fortuna, della realtà virtuale esistono anche numerose applicazioni molto più
tranquillizzanti.
Non sono solo i piloti di aerei militari, a trovarsi sempre più spesso alle prese con
voli e velivoli simulati: soprattutto in addestramento, anche i piloti civili fanno ormai
ampio uso di queste tecnologie.
La realtà virtuale si è rivelata preziosa anche in medicina: la possibilità di
disporre di modelli tridimensionali di organi permette ad esempio di simulare l'effetto di
determinate operazioni, e in alcuni casi addirittura di svolgerle a distanza.
L'architettura è naturalmente uno dei campi in cui queste tecnologie si rivelano più
utili. Progettazione di edifici ed ambienti, ricostruzione di situazioni urbanistiche del
passato, sperimentazione dell'effetto di determinate scelte di restauro o di intervento:
tutti casi in cui la realtà virtuale può rivoluzionare l'attività dell'architetto,
dell'urbanista, di chi si occupa della gestione e valorizzazione dei beni culturali.
In campo educativo e nella ricerca scientifica, tecniche di realtà virtuale ci
permettono di interagire, ad esempio, con modelli di molecole, o di simulare esperimenti
che sarebbe troppo complicato o troppo costoso realizzare in realtà.
In molte situazioni estreme - ad esempio
nell'esplorazione spaziale - utilizziamo dei robot; anche in questo caso, per guidarli e
programmarne il comportamento, possiamo ricorrere a un ambiente virtuale capace di
simulare gli aspetti essenziali di quello reale nel quale il robot si deve muovere.
A volte, per visualizzare un ambiente di realtà virtuale e interagire con esso vengono
usati strumenti 'tradizionali': un normale schermo di computer, tastiera, mouse. Spesso,
soprattutto per i giochi, si può usare un joystick come questo, composto da una leva che
si può spostare nelle varie direzioni e da uno o più pulsanti.
A seconda delle applicazioni, tuttavia, le interfacce possono variare: volanti, cloche
da aeroplano, pedaliere... ce ne è davvero per tutti i gusti.
Le interfacce più famose per la realtà
virtuale, studiate per dare la sensazione di massima immersione nell'ambiente simulato,
sono tuttavia probabilmente due: il casco-visore, noto col nome inglese di head-mounted
display, e il guanto-dati, o dataglove. Vediamo cosa si tratta.
Abbiamo visto diversi esempi di applicazioni e di interfacce per la realtà virtuale.
Una domanda che sorge spontanea è cosa ci aspetti, in questo campo così suggestivo e
spettacolare, nel prossimo futuro. Sentiamolo da Jaron Lanier, uno dei (giovani) padri
della realtà virtuale.
(Jaron Lanier) Per molti versi la realtà virtuale è
appena nata. La realtà virtuale è una tecnologia con cui la gente deve inventare il
contenuto di un mondo virtuale per essere in grado di esprimersi o creare strumenti utili.
Quindi è fondamentalmente diversa da molti altri media del passato. Per esempio, con i
film si può puntare una telecamera sul mondo reale e tutt'a un tratto avere un certo
contenuto.
Con la realtà virtuale ci deve essere un elemento di
invenzione. E ciò significa che ci vorrà molto tempo per sviluppare gli strumenti della
realtà virtuale, non è una cosa che può succedere all'improvviso. Quindi il vero
problema del futuro della realtà virtuale non è il progresso della tecnologia perché
questo avverrà in un modo abbastanza prevedibile. Il vero problema è creare una cultura
della realtà virtuale, di cosa ci metteremo dentro. Potrebbe volerci molto tempo, per via
di questo processo di creazione. Ora stiamo cominciando a sviluppare nuove tecnologie che
hanno la capacità di afferrare, per così dire, il mondo tridimensionale e metterlo
automaticamente nella realtà virtuale, quindi in maniera analoga a una telecamera. Quindi
cominceremo prima o poi a vedere un po' gli stessi fenomeni di realizzazione di soggetti
immediati e realtà virtuale. Ma anche così, il nucleo della realtà virtuale non è il
contenuto immediato ma questo tipo di contenuti inventati, creati, a cui la gente deve
arrivare a partire dalla propria immaginazione. Ora, per poter fare questo dobbiamo
sviluppare nuovi strumenti che finora non siamo stati in grado di immaginare. Proprio ora
per creare un mondo virtuale, ci si deve sedere al computer - in genere un vecchio tipo di
computer convenzionale, con una tastiera e uno schermo - e si deve progettare il mondo
virtuale pezzo per pezzo. Qui mettiamo questa superficie, le diamo questo motivo e questo
colore, facciamo qualcosa che si muova... ci sono così tanti dettagli a cui pensare che
effettivamente si sono fatte pochissime creazioni di realtà virtuale di buona qualità.
C'è semplicemente troppo lavoro da fare. Quindi forse la cosa più decisiva per il futuro
della realtà virtuale sarà la qualità degli strumenti. E quella di avere buoni
strumenti è veramente una questione aperta. Personalmente credo che in futuro avremo
strumenti che non somiglieranno alle interfacce utenti dei programmi informatici
convenzionali a cui siamo abituati, ma avremo una qualità molto diversa. Quello che spero
è di riuscire a fare qualcosa di simile a uno strumento musicale. Un tipo di interfaccia
su cui si possa improvvisare per creare dei soggetti rapidamente. Ma questo è un sogno.
È molto, molto difficile da realizzare, e non si farà in breve tempo, ma credo che prima
o poi avverrà.
Gli ambienti simulati generati da un gioco o da una applicazione di realtà virtuale
costituiscono per gli utenti un vero e proprio spazio. Non si tratta di uno spazio fisico,
ma possiamo applicare ad esso delle coordinate, possiamo parlare di distanze maggiori o
minori, ed è per noi del tutto naturale applicare una terminologia tratta dalle nostre
esperienze con lo spazio reale: usiamo così, senza porci particolari problemi, verbi come
'muoversi', 'navigare', 'entrare', 'uscire'. Possiamo inoltre interagire con oggetti e
personaggi generati dal computer, e con altre persone che condividano lo stesso ambiente
virtuale.
E' questo tipo di esperienza che abbiamo in mente quando parliamo di ciberspazio. Ma se
cerchiamo di dare una definizione precisa di questo concetto, ci accorgiamo che le
difficoltà non mancano.
Per alcuni, il ciberspazio è il 'luogo' virtuale aperto da qualunque processo di
comunicazione a distanza. Secondo questa concezione, anche una semplice telefonata si
svolge nel ciberspazio. Io sono qui, nello studio di MediaMente; il mio interlocutore è
lontano, ad esempio a casa sua: ciascuno di noi si trova in un suo spazio definito. La
telefonata 'unisce' questi spazi lontani in una sorta di non-luogo comune, lo spazio
virtuale aperto dall'atto di comunicazione, spazio nel quale in un certo senso si svolge
la telefonata.
Altri tendono a dare una definizione più specifica: il ciberspazio resta così uno
spazio comunicativo, ma perché si possa davvero parlare di ciberspazio è essenziale che
esso sia organizzato secondo la metafora dello spazio reale, e che ospiti - in qualche
forma - degli alter ego, delle rappresentazioni, dei partecipanti al processo
comunicativo.
Molto del lavoro di costruzione di spazi virtuali condivisi ruota attorno a Internet,
la rete delle reti. Nel suo volto più noto, quello rappresentato dalle pagine del World
Wide Web, Internet è ormai coloratissima e accattivante, ma resta indubbiamente piatta,
bidimensionale. Certo l'insieme di link, di legami e rimandi fra pagina e pagina, danno
alla rete una sorta di 'terza dimensione', alla quale in fondo allude lo stesso concetto
di 'ipertestualità'. Ma si tratta di una dimensione informativa, più che spaziale. La
distanza che separa le pagine del World Wide Web dalle complesse geometrie tridimensionali
di rete proposte dal più recente immaginario fantascientifico, resta notevole.
A cercare di colmare questa distanza è
VRML, ovvero Virtual Reality Modelling Language, linguaggio di modellazione per la realtà
virtuale. Si tratta di un linguaggio attraverso cui è possibile descrivere oggetti
tridimensionali, collocarli in uno spazio virtuale, e attribuire loro alcune semplici
proprietà, come la capacità di riflettere o emettere luce o suoni. In questo modo
possono essere creati veri e propri mondi tridimensionali, come quello che vedete.
Gli sviluppi di VRML promettono di essere spettacolari: gli spazi così creati saranno
ben presto popolati da alter ego, o avatar, di chi li sta visitando attraverso la rete.
Attraverso il nostro avatar, potremo comunicare, all'interno di questi ambienti virtuali,
con altre persone, o addirittura con programmi controllati dal computer.
Anche alcuni programmi, infatti, potranno avere un loro avatar; si tratterà dei
cosiddetti agenti software, programmi capaci di interagire con l'ambiente virtuale in cui
si trovano e dotati di comportamenti almeno parzialmente autonomi; potrebbe essere questo
il caso, ad esempio, di programmi di ricerca.
VRML: Virtual Reality Modelling Language, linguaggio di modellazione per la realtà
virtuale. Linguaggio destinato alla descrizione di mondi tridimensionali interattivi. La
codifica VRML che descrive un particolare ambiente e gli oggetti che vi si trovano, viene
trasmessa attraverso la rete e viene interpretata da un apposito programma di
visualizzazione collocato sul computer dell'utente. Tale programma si occupa di
ricostruire il mondo descritto, permettendo all'utente di muoversi al suo interno e di
interagire con esso.
Avatar: rappresentazione o alter ego di un utente (o di
un programma) all'interno di un ambiente virtuale. Il nostro avatar ci 'rappresenta'
nell'ambiente, esegue i nostri comandi, interagisce con gli oggetti e con gli altri avatar
presenti.
Agente software: programma capace di 'muoversi' all'interno dello spazio informativo
creato da un computer o, più spesso, da una rete di computer, svolgendo in maniera
autonoma compiti prefissati, ad esempio di ricerca o di controllo.
Le prospettive aperte dalla costruzione di ambienti virtuali condivisi sono
affascinanti, ma anche un po' inquietanti. Potrebbe esserci il rischio di perdere o
limitare l'interazione diretta fra le persone, di spersonalizzare troppo i rapporti,
magari addirittura di perdere il contatto con la realtà.
Siamo così arrivati alla fine di questa lezione. Vediamo di ricapitolare brevemente
gli argomenti dei quali ci siamo occupati. Innanzitutto, abbiamo discusso il concetto di
interfaccia, distinguendo interfacce hardware e software. Per quanto riguarda le
interfacce software, abbiamo fatto particolare riferimento ai sistemi operativi, dei quali
abbiamo ricordato lo sviluppo: in passato interfacce lineari a caratteri, oggi interfacce
grafiche bidimensionali, in futuro, forse, interfacce tridimensionali.
Abbiamo poi parlato di realtà virtuale, delle sue applicazioni, e delle interfacce
hardware da essa utilizzate, come il casco visore e il dataglove.
Abbiamo infine discusso il concetto di ciberspazio, concludendo con alcune
considerazioni sulla costruzione di ambienti tridimensionali condivisi accessibili
attraverso la rete Internet.
Vi ricordo ancora che materiali ed esercizi che integrano e sviluppano il contenuto di
questa cassetta sono disponibili nelle dispense del corso, sul CD-ROM, e sul nostro sito
Internet. Potrete anche trovarvi suggerimenti su lavori di classe e individuali che
possono essere avviati per approfondire le tematiche trattate.
E adesso, la nostra abituale sezione conclusiva di interviste ad alcuni fra i
protagonisti della rivoluzione digitale, che possono essere usate come spunti di
approfondimento e discussione.
(Jaron Lanier) In base alla
mia esperienza, la realtà virtuale non ha senso se è usata da una sola persona. Se
dev'essere usata da una persona sola, allora è molto più piacevole sognare a occhi
aperti o sognare. E' veramente assurdo passare per le complicazioni della realtà
virtuale, perché per quanti progressi faccia la tecnologia della realtà virtuale, non si
raggiungerà mai la bellezza dei sogni, anche semplicemente in termini di qualità.
D'altra parte, se si pensa alla realtà virtuale come a un mezzo che esiste tra le
persone, allora diventa veramente interessante. Ora, uno dei modi che ho per spiegare
questo è considerare la psicologia dei bambini. Credo che quando i bambini sono molto
piccoli non distinguono la fantasia dalla realtà. E uno degli effetti di questa
confusione è che ogni volta che immaginano qualcosa sembra vera, e c'è una
gratificazione enorme per l'immaginazione. E questo dà ai bambini quella qualità
meravigliosa che è l'immaginazione, che è una grande fonte di ispirazione. Li rende
anche padroni in un certo senso, perché diventano il centro del loro stesso universo, e
questa doppia qualità di immaginazione e ego si trova spesso anche negli artisti. Ma
comunque arriva un momento nella vita di ogni bambino in cui viene a conoscenza di
un'informazione tremenda, ossia che - come si può dire... - che di tutti i mondi
possibili che il bambino può immaginare, ce n'è uno solo in cui può vivere e in cui non
è solo: il mondo nel quale la loro mamma è vera, il cibo è vero. E questo mondo è il
mondo fisico. E di tutti i mondi possibili, è per l'appunto l'unico in cui il bambino è
un esserino rosa, indifeso, che si sporca e si vergogna. Ed è umiliante, è una scoperta
terribile e inaccettabile. È una tremenda sfortuna. Ora, quando i bambini sentono parlare
della realtà virtuale, quello che pensano è, credo: "Ehi, aspetta un po', ecco una
via d'uscita. Da una parte, la realtà virtuale viene condivisa dalla gente proprio come
il mondo fisico. Esistono intermediari esattamente come nel mondo fisico, come qualcosa di
oggettivo. D'altra parte, la realtà virtuale è fluida come l'immaginazione ed è l'unica
realtà che abbia queste due caratteristiche allo stesso tempo". Ora, se capisci
questa interessante combinazione di caratteristiche, penso che capirai in che modo in
futuro la gente userà collettivamente la realtà virtuale per socializzare. Lo scopo
della realtà virtuale sarà di far sì che le persone condividano il senso
dell'immaginazione, il senso della loro esperienza interiore che non si può esprimere
totalmente a parole, non si può esprimere totalmente con le immagini, che deve essere
compresa come un'esperienza completamente condivisa.
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