Off-line del 28 maggio 1998
Introduzione ai nuovi media 5/a.
Costruire il ciberspazio: realtà virtuale e ambienti condivisi
di Gino Roncaglia
I termini realtà virtuale e ciberspazio evocano probabilmente in molti di noi le
immagini di qualche film di fantascienza: in ambienti virtuali abbastanza improbabili,
inquietanti presenze generate dal computer, in genere malvagie, combattono contro l'eroe
di turno, bello e - soprattutto - reale.
Eppure i concetti, il lavoro di ricerca, e anche alcune delle
preoccupazioni che si nascondono dietro questi termini non sono affatto una invenzione
letteraria o cinematografica. Il processo di costruzione del ciberspazio, o meglio dei
molti 'ciberspazi' che in forme e modi diversi ci ospiteranno nei prossimi decenni, è
già iniziato. E si tratta di uno sviluppo non solo tecnologico, ma anche sociale,
economico, politico. Proprio per questo, bisogna riuscire a vederne - oltre al fascino,
che indubbiamente è grande - gli aspetti problematici, le possibili conseguenze.
Scopriremo così che anche in questo campo, solo apparentemente 'tecnico', molto dipende
dalle nostre scelte, dalla nostra capacità di riflessione.
Probabilmente molti di voi troveranno familiare la schermata in cui mi trovo: è la
normale interfaccia grafica di un computer abbastanza recente. A metterla a nostra
disposizione è il sistema operativo, il programma 'di base' che ci permette di comunicare
con la macchina.
In genere, usiamo una interfaccia di questo tipo senza riflettere troppo sulla sua
organizzazione concettuale. E chi la ha concepita e programmata ha cercato proprio di
costruire uno strumento il più possibile 'naturale', da usare senza troppa fatica, senza
bisogno di pensarci sopra.
Eppure, una interfaccia grafica come questa può offrire
molti spunti di riflessione. Ma cominciamo proprio dal cercare di capire cosa significhi
il termine interfaccia, al quale corrisponde un concetto centrale per i temi che
affrontiamo in questa lezione.
Interfaccia - L'insieme di dispositivi, hardware e software, che ci permettono di
interagire con una macchina o con un programma, in maniera il più possibile semplice ed
intuitiva.
L'uso dei primi computer era riservato a specialisti. Per 'parlare' col computer, per
comunicargli le nostre richieste e interpretare le sue risposte, occorreva comprendere
linguaggi abbastanza esoterici, e utilizzare mezzi tutt'altro che immediati, come le
schede perforate.
Ben presto, tuttavia, due strumenti si sono imposti come dispositivi 'standard' di
comunicazione col computer: la tastiera come strumento di input, per comunicare alla
macchina dati e istruzioni, e il terminale video come strumento di output, per ricevere le
risposte del computer e i risultati del lavoro di elaborazione. La tastiera inviava al
computer lettere e numeri, lo schermo permetteva di visualizzare lettere e numeri.
Alla base vi era dunque l'idea, piuttosto naturale, di usare un codice di comunicazione
fra noi e la macchina basato sull'uso dei caratteri alfabetici e di quelli numerici;
basato cioè sull'uso dei cosiddetti caratteri alfanumerici. In sostanza, si trattava di
'scrivere' al computer i nostri comandi, e di 'leggere' le sue risposte. Naturalmente il
linguaggio usato in questo processo non era un linguaggio naturale, ma un linguaggio
artificiale e limitato.
Erano così nati i sistemi operativi a caratteri. Una famiglia numerosa, fatta di sigle
e di insiemi di comandi diversi, funzionanti su macchine diverse. Fra i più importanti,
ricordiamo il CP/M e, ancora usati, il DOS e lo UNIX. Nelle dispense del corso, troverete
alcune informazioni in più al riguardo.
Riflettiamoci sopra. Questo modello, basato su una comunicazione 'scritta' col
computer, ha due caratteristiche importanti: innanzitutto utilizza, come si è detto, un
codice alfanumerico, e dunque funziona bene solo per comandi e istruzioni che possano
essere espressi facilmente attraverso parole o numeri.
Inoltre, la comunicazione con la macchina è fondamentalmente lineare, inviamo e
riceviamo, una dopo l'altra, righe di testo, o, per usare una terminologia più esatta,
stringhe di caratteri.
Col tempo, è però diventato chiaro che non tutti i compiti che vogliamo affidare a un
computer si prestano a essere gestiti con facilità attraverso un linguaggio di questo
tipo. Spesso, poi, desideriamo poter controllare contemporaneamente più attività diverse
eseguite dalla macchina, e la linearità di una interfaccia a caratteri ci è di ostacolo.
Così prima alcuni programmi specifici, in particolare giochi e programmi di gestione
delle immagini, e poi gli stessi sistemi operativi, hanno seguito una strada diversa. Nei
sistemi operativi con interfaccia grafica lo schermo del computer non è più solo uno
strumento di comunicazione lineare, unidimensionale, ma diventa un vero e proprio spazio
bidimensionale, in cui più eventi possono succedere contemporaneamente.
Spesso questo spazio simula un tavolo da lavoro, o desktop. Una nostra 'mano virtuale'
si muove al suo interno, aprendo cassetti e cartelline, spostando oggetti, scegliendo e
avviando programmi e attività. Questa mano, che è un po' il nostro alter ego nello
spazio creato dal computer, è rappresentata dal puntatore del mouse, questo.
Un sistema operativo di questo genere può in fondo già essere visto come un
ciberspazio, un ambiente creato dalla macchina, in cui a muoversi non siamo noi in carne e
ossa, ma un nostro alter ego virtuale, controllato attraverso il mouse.
A questo punto, ci sono due problemi che meritano di essere approfonditi.
Il primo riguarda l'evoluzione delle interfacce. L'interfaccia bidimensionale
utilizzata dai sistemi operativi grafici e dalla maggior parte dei programmi attuali è
davvero l'unica strada percorribile? Sembra proprio di no. La realtà virtuale apre in
questo campo possibilità nuove e per molti versi rivoluzionarie.
Il secondo problema è quello di capire cosa significhi effettivamente il termine
ciberspazio, e cosa comporti il processo di costruzione di un ciberspazio in senso
proprio, di uno spazio virtuale che, a differenza di quello personale e 'casalingo'
costituito dall'interfaccia di un sistema operativo grafico, consenta l'interazione 'in
diretta' di più utenti, magari fisicamente molto lontani fra di loro.
Si tratta naturalmente di due problemi strettamente collegati. Cominciamo dalla realtà
virtuale. L'espressione realtà virtuale accosta due termini, reale e virtuale, che
sembrano opposti. Abbiamo a che fare con quello che in retorica chiameremmo un ossimoro,
il matrimonio impossibile fra due concetti inconciliabili. In genere, gli ossimori hanno
la funzione di stupire, ed esprimono un significato soprattutto metaforico. Ma in questo
caso non è così. La realtà virtuale è un campo di ricerca specifico e concreto, che
negli ultimi anni ha conosciuto uno sviluppo immenso. E' insomma, se ci si perdona il
gioco di parole, qualcosa di assolutamente reale. Ma di cosa si tratta, esattamente?
(Francesco Antinucci) La
realtà virtuale in termini semplici significa questo: è un programma per permettere ad
un utente qualsiasi di avere l'impressione di stare in un ambiente, quindi di poterlo
osservare, percorrere eccetera senza che questo ambiente esista. Ma l'impressione deve
essere il più reale possibile, cioè deve essere il più vicina possibile alla realtà.
Come si ottiene questo? Si ottiene modellando l'ambiente in un computer quindi con i modi
che conosciamo della computer grafica, modellandolo esattamente in tre dimensioni,
preciso; dopodiché interviene il programma di realtà virtuale. Il programma di realtà
virtuale consiste in questo, consiste nel permettere di prendere un punto di vista interno
all'ambiente e di cambiarlo istantaneamente, di aggiornarlo istantaneamente. Con questo
programma io posso fare sentire l'utente immerso nell'ambiente, perché se l'utente si
muove, sposta lo sguardo eccetera, il computer gli rimanda istantaneamente la vista
dell'ambiente corrispondente a questa sua nuova posizione. Perché si possa fare questo
però voi capite che bisogna che il computer in qualche modo sia in grado di generare la
vista di questo ambiente in un tempo molto molto breve, perché se io mi sposto la vista
deve essere quella nuova; il tempo tecnicamente richiesto è come quello del cinema, è lo
stesso effetto, la stessa impressione e cioè è meno di un quindicesimo di secondo. Se
dispongo di un computer grafico che è capace quindi di ricostruire il modello in meno di
un quindicesimo di secondo, ho le condizioni per la realtà virtuale. Poi la realtà
virtuale è fatta anche di mezzi per trasmettere l'idea di essere dentro, mezzi che noi
chiamiamo più o meno immersivi e questi li avete visti familiarmente, possono essere il
casco, possono essere un paio di occhialoni eccetera, cioè tutti i sistemi per fare
sentire la scena più vicina al nostro sguardo, ma il cuore della realtà virtuale è
questa capacità di aggiornare il disegno grafico molto molto rapidamente.
Realtà virtuale: ambiente spaziale simulato, creato e gestito dinamicamente dal
computer, con il quale l'utente può interagire - attraverso apposite interfacce -
ricavandone l'illusione di un movimento e di una immersione spaziale effettiva. Tale
illusione è prodotta dalla capacità del programma di adattare rapidamente i punti di
vista e le geometrie all'interno dell'ambiente simulato ai movimenti e alle azioni
dell'utente, producendo una esperienza sensoriale il più possibile vicina a quella che
l'utente stesso incontrerebbe se l'ambiente simulato fosse invece reale.
Ci sono due campi che probabilmente più degli altri hanno contribuito agli sviluppi
nel campo della realtà virtuale.
Uno è quello delle applicazioni militari. Spesso chi si occupa di informatica tende a
non parlare, o parlare solo incidentalmente, di questo settore. Si tratta quasi di una
rimozione, comprensibile ma anche rischiosa. Occorre invece aver chiaro che, soprattutto
in America, molti finanziamenti vengono proprio dalle ricerche militari.
A cosa serve la realtà virtuale in ambito militare? Ebbene, la maggior parte dei
sistemi di difesa (e di offesa) è ormai guidata dai computer. E i computer che si
occupano, ad esempio, della guida di un aereo o di un missile, hanno bisogno di
rappresentare in maniera simbolica lo spazio in cui l'aereo o il missile si muovono. È
con questa rappresentazione, depurata da tutti gli elementi accidentali e per così dire
'ottimizzata', che si troveranno a dover interagire i tecnici che programmano la
traiettoria del missile e i piloti che guidano l'aereo.
E' chiaro che in questi casi uno spazio 'piatto', bidimensionale, non può bastare.
Ecco allora che diventa centrale il problema della rappresentazione grafica, controllata
dal computer e continuamente aggiornata, di uno spazio tridimensionale, popolato di
oggetti con i quali sia i programmi sia gli operatori possano interagire.
Un altro campo importante per gli sviluppi più recenti della realtà virtuale è
quello dei giochi. La simulazione della realtà, la capacità di dare l'illusione di
trovarsi effettivamente in una situazione reale, sono elementi essenziali di moltissimi
giochi.
È chiaro che se riusciamo a 'creare' attorno al giocatore un mondo convincente e
coerente, la sua immersione nel gioco, il suo coinvolgimento, saranno maggiori. E chiunque
fra voi abbia usato qualche videogioco immagino tutti si renderà facilmente
conto che un gioco tridimensionale è in molti casi molto più coinvolgente di un gioco
bidimensionale. |
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