Off-line del 12 maggio 1998
Nuovi media e didattica.
Formazione ai linguaggi /1
di Gino Roncaglia
Quella di oggi è la quarta delle cinque puntate di MediaMente che dedichiamo questa
settimana al mondo della scuola, e che nascono dalla collaborazione fra RAI Educational e
Ministero della Pubblica Istruzione. Nella puntata di oggi, parleremo di linguaggi, e di
educazione ai linguaggi.
Insegnare a muoversi all'interno di un linguaggio, acquisire capacità e competenze
linguistiche, sono da sempre compiti essenziali della scuola. Ebbene, sappiamo tutti che
anche per muoversi nel mondo delle nuove tecnologie e dei nuovi media bisogna comprendere
dei linguaggi: linguaggi nuovi, dalle caratteristiche per molti aspetti diverse da quelle
delle lingue storico-naturali, linguaggi che sembrano spesso astrusi e specialistici.
Qui a MediaMente abbiamo parlato spesso della differenza fra il mondo reale e il mondo
dell'informazione nei termini della differenza fra atomi e bit: bene, dobbiamo imparare
almeno qualche elemento del linguaggio dei bit... o meglio, dei molti linguaggi dei bit.
Ma quali sono questi linguaggi? Come sono costruiti, a cosa servono, come si imparano e
- visto che stiamo parlando del mondo della scuola - come si insegnano, e come si usano in
un concreto contesto didattico?
La puntata di oggi nasce in parte anche dalla convinzione che a volte le difficoltà e
le resistenze che si incontrano nel mondo scolastico quando si parla di introduzione delle
nuove tecnologie, nascano proprio sul piano linguistico. Forse, cercando la risposta ad
almeno alcuni degli interrogativi che abbiamo appena ricordato, sarà più facile
superarle.
Quella che vedete alle mie spalle è una sezione del bel CD-ROM realizzato
dal CEDE - Centro Europeo dell'Educazione, nell'ambito delle iniziative della Direzione
Generale Istruzione Elementare del Ministero della Pubblica Istruzione. In questa sezione
del CD-ROM si usa un linguaggio, il linguaggio della multimedialità, per parlare... di
linguaggi, o meglio delle molte varietà di registri espressivi utilizzabili all'interno
del linguaggio parlato.
Possiamo così vedere, ad esempio, quanto cambi della nostra espressività corporea,
mimica, nel tono di voce, fra una situazione di gioia (qualche istante della voce
'gioire'), una situazione di timore (qualche istante della voce 'paventare'), una
situazione di esultanza (qualche istante della voce 'esultare'). Quando impariamo a
parlare impariamo certo un codice, un insieme di regole strutturate - ma impariamo anche i
molti modi diversi in cui possiamo usare questo codice, intrecciandolo con altri codici
espressivi, come quello della gestualità.
Cosa c'entra tutto questo coi nuovi media e con il loro uso didattico? Ebbene, occorre
capire che questo stesso intreccio di registri e linguaggi si verifica anche in questo
ambito. Quello che noi chiamiamo in maniera forse un po' semplificata il 'linguaggio dei
nuovi media' o il 'linguaggio della multimedialità' è in realtà il risultato di un
intreccio di competenze diverse, alcune delle quali hanno a che fare con forme di
espressività lontane dal linguaggio verbale - forme di espressività sonora e visiva ad
esempio. Altre, invece, hanno a che fare con linguaggi che sono anch'essi lontani dal
linguaggio verbale, ma per motivi diversi: linguaggi formali, dall'apparenza astrusa, come
i linguaggi di programmazione.
Un buon prodotto multimediale è il risultato di una 'competenza linguistica' che
attraversa trasversalmente tutti questi linguaggi così diversi fra loro, e li integra in
un messaggio compiuto e funzionale. Un compito tutt'altro che facile - e si può dire
forse che stiamo compiendo solo adesso i primi passi per capire come realizzare bene
un'integrazione di questo tipo.
Gli insegnanti sanno bene come ogni forma di didattica abbia a che fare con questo
intreccio di linguaggi, codici, registri espressivi diversi. Ma spesso sono
particolarmente spaventati proprio dalle componenti 'tecniche', specialistiche, di alcuni
dei linguaggi dei nuovi media e del digitale, e in particolare di quelli che abbiamo
caratterizzato come 'linguaggi artificiali'.
Quando parliamo di alfabetizzazione tecnologica, o di alfabetizzazione informatica, ci
riferiamo evidentemente a qualcosa di diverso e più generale rispetto alla semplice
padronanza di questi 'linguaggi artificiali'. Eppure, proprio come per esplorare un
territorio nuovo o poco conosciuto, un elemento fondamentale è riuscire a comprendere la
lingua del posto, così per padroneggiare - e per insegnare - l'uso delle nuove tecnologie
è indispensabile riuscire a stabilire, anche in questo terreno, una base di competenze
linguistiche, magari minime.
Nella puntata di oggi ci soffermeremo dunque su alcuni fra i molti 'linguaggi' delle
nuove tecnologie, e in particolare proprio su alcuni di questi linguaggi artificiali,
quelli che spaventano di più.
Ma prima vorremmo sottolineare l'importanza anche sociale di questo processo di
alfabetizzazione. E' bene capire, infatti, che si tratta di un processo essenziale per
evitare che le diseguaglianze che già esistono nelle competenze relative all'uso dei
nuovi media e delle nuove tecnologie si trasformino in gap incolmabili. Gap tra studente e
studente, fra insegnante e insegnante, fra generazioni, fra realtà geografiche e sociali
diverse. L'uso delle nuove tecnologie nella didattica non può ignorare queste
diseguaglianze, come sottolinea in questa intervista Luciano Gallino, presidente del corso
di laurea in scienze dell'educazione dell'università di Torino.
(Luciano Gallino) Se
pensiamo che le disuguaglianze, perché questo è il termine sociologico e sociale da
usare, si dissolveranno automaticamente in presenza delle nuove tecnologie a causa delle
loro potenzialità, commetteremmo un errore che non esiterei a definire tragico. Perché
in questo campo il processo di differenziazione, che poi diventa disuguaglianza sociale
radicata, è inesorabile. Quindi bisogna contrastare in ogni modo e fin dall'inizio le
disuguaglianze che nascono. Che nascono sui terreni più ovvi, perché lo scolaro, lo
studente che arriva in una scuola che è finalmente dotata di computer moderni, di
capacità di rete e così via, provenendo da una famiglia dove fin dalla nascita ha visto
e ha giocato con dei computer, è molto avvantaggiato rispetto allo studente che vede per
la prima volta il computer a scuola. Inoltre lo studente che ha il computer a casa, quando
esce dalla lezione in una classe elettronica o da una lezione assistita da strumenti
multimediali come si fa ormai in molte scuole che si stanno generalizzando nelle
università, ha la possibilità di rinforzare quelle conoscenze, quell'apprendimento, di
fare esercizio, cosa che chi non ha l'abbonamento ad Internet, chi non ha la macchina
eccetera, non può fare. Quindi è essenziale che lo sviluppo e la diffusione
dell'informatica nella didattica sia seguito e sia anche corredato da interventi
compensativi per quei soggetti che per qualche motivo non possono utilizzare come gli
altri queste tecnologie. Altrimenti saremo dinanzi ad una divisione radicale tra alfabeti
tecnologici e analfabeti tecnologici che può essere una delle più aspre e dure che la
storia abbia conosciuto. Questo vale anche per le differenze tra paesi ricchi e paesi
poveri. Le nuove tecnologie offrono possibilità impensate ai paesi poveri di avere ad
esempio degli strumenti didattici di primo ordine, perché anche in paesi poverissimi dove
vi sia una linea telefonica almeno qualcuno ha la possibilità di accedere ai grandi
laboratori del mondo, alle grandi biblioteche del mondo, ai grandi calcolatori del mondo
per fare calcoli che sarebbe inimmaginabile fare sul posto. E questo a costi bassissimi ,
ai costi di una telefonata urbana e poco più. Ma ancora una volta non si può contare
sugli automatismi, perché gli automatismi vorrebbero dire gruppi più o meno grandi di
privilegiati con l'accesso a Internet nei paesi più poveri del continente nero, ad
esempio penso al continente più povero del mondo, e invece maggioranze che ne sono
escluse."
Necessità di alfabetizzazione, dunque, e di una alfabetizzazione che tenga conto delle
differenze e delle diseguaglianze esistenti, tentando di colmare gli svantaggi.
Come può concretizzarsi tutto questo sul piano specifico dei linguaggi? Il discorso,
come si è accennato, potrebbe essere molto generale, e soffermarsi su molti tipi diversi
di competenze linguistiche ed espressive collegate al mondo dei nuovi media. In questa
puntata, tuttavia, vorremmo soffermarci brevemente su due categorie di linguaggi
artificiali che rivestono un'importanza particolare anche in ambito didattico: i linguaggi
di programmazione, e i linguaggi di marcatura. Due tipi diversi di linguaggi, che hanno un
ruolo fondamentale per capire da un lato il funzionamento dei computer, dall'altro il
funzionamento e le potenzialità di Internet. Due linguaggi che spesso fanno
particolarmente paura a chi non è proprio ferratissimo nell'uso del computer. Ma si
tratta davvero cose così complicate?
Cominciamo allora dai linguaggi di programmazione. Di cosa si
tratta? Ebbene, un linguaggio di programmazione comprende una serie di istruzioni,
piuttosto semplici, che un computer è in grado di capire, e le regole per utilizzare e
combinare fra loro queste istruzioni. Le istruzioni vengono usate un po' come se fossero
le mattonelle del lego: partendo da queste mattonelle si costruiscono edifici complessi,
ovvero i programmi. |
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