INTERVISTA:
Domanda 1
Spesso si sente dire che le donne incontrano maggiori difficoltà a lavorare con i
computer rispetto agli uomini. Può farci un'analisi del rapporto fra donne e nuove
tecnologie?
Risposta
Per molti anni negli Stati Uniti si è parlato della computer-fobia delle donne. Ma non
appena è nata America On Line e si è diffuso Internet, le mamme hanno cominciato a
mandare messaggi e-mail ai loro figli nei college e la computer-fobia femminile è
scomparsa. Madri, nonne, fidanzate si sono collegate alla Rete per poter comunicare. Non
credo che il problema stia nella paura delle donne di usare il computer, ma semplicemente
nel fatto che sono mancati programmi sufficientemente interessanti per loro. Voglio dire
che in fondo, quando è cominciata la cultura del computer, si è trattato fin dall'inizio
di una cultura e di macchinari elaborati dagli uomini per gli uomini, dagli ingegneri per
gli ingegneri. Il primo computer su cui ho lavorato, uno dei vecchi IBM, mandava un
messaggio in cui si chiedeva se l'utente voleva annullare ("abort") il programma
in uso, cioè letteralmente finirlo o ucciderlo. Evidentemente questo non è un linguaggio
familiare per le donne che non capivano perché venissero utilizzate parole violente come
aborto, uccisione, fine e non ne vedevano la necessità. Perciò era per loro naturale
rifiutare il tutto e spegnere il computer. Poi però, man mano che le donne hanno iniziato
a partecipare al lavoro di programmazione, credo si sia notato un graduale mutamento nel
linguaggio dell'informatica e un aumento assolutamente rilevante del numero delle donne
che desiderano far parte di questo mondo. Perciò sono abbastanza ottimista in riguardo al
rapporto fra donne e tecnologia. Internet significa comunicazione, collaborazione e gruppi
di interscambio, e queste sono cose che interessano alle donne, che le stimolano ad
affrontare la sfida della tecnologia.
Domanda 2
È possibile che un computer diventi parte del corpo umano?
Risposta
Ci sono molti modi in cui un computer è già diventato parte del nostro corpo. Si pensi
ai pacemaker, agli apparecchi impiantati nei malati del morbo di Parkinson, o ai
microprocessori che aiutano i diabetici a regolare la produzione di insulina. Attualmente
si fa uso dell'informatica e dell'ingegneria elettronica per estendere variamente il
nostro controllo sul corpo, tanto che l'idea di impiegare il computer come protesi non è
più fantascienza ma realtà quotidiana. Credo che il prossimo passo, il più difficile,
sarà di passare dal computer come protesi al computer come cyborg (ciber-organo), quando
noi e il computer saremo davvero una cosa sola. Al MIT, dove lavoro, c'è già un gruppo
di ricercatori i quali stanno cercando di sviluppare il concetto di computer-cyborg
indossando letteralmente il computer. Ad esempio, portano occhiali le cui lenti sono
costituite da schermi elettronici; hanno in una tasca un minicomputer, e nell'altra una
tastiera, in modo da poter accedere al Web mentre camminano per strada. Cercano insomma di
creare un ambiente corporeo totalmente agganciato all'elemento informatico. In un certo
senso è una cosa che fa paura, ma molti pensano che questo rappresenti il futuro. Ci
"rivestiremo" di informatica per monitorare le nostre condizioni di salute,
oppure per accedere alle informazioni che ci servono in qualsiasi momento, oppure ancora
per trasferire informazioni ad altre persone. Le applicazioni a cui penso soprattutto sono
quelle relative alla creazione di un ambiente di informatica personale grazie al quale
ognuno è in grado di proiettarsi fisicamente in uno spazio cibernetico. Già se ne vedono
esempi, come nel caso della cosiddetta tecnologia palm pilot, ossia delle micro agende
elettroniche. Con questa tecnologia, che è attualmente disponibile, basta un clic per
trasferire dati a un'altra persona, la quale può rispondere nella stessa maniera. In
questo modo si scambiano nomi e indirizzi, si comunicano orari e programmi. L'uso della
tecnologia di informatica personale, come il palm pilot, già consente di prolungare la
persona nell'informazione e nello spazio. L'esperimento di rivestirsi di computer non è
che un ulteriore passo in avanti nel quadro di una estetica di questo genere. Ovviamente i
vantaggi sono numerosi, ma al contempo si prova un senso di repulsione quando si
introducono innovazioni come queste. Molte persone rifiutano queste tecnologie, vogliono
conservare il proprio corpo com'è, senza accrescerlo, senza cyborg, costituito soltanto
dalla sua fisicità. Ci sono molte cose nuove che avvengono oggi nel mondo dei computer e
la gente le accetta e le rifiuta allo stesso tempo. Ad esempio la posta elettronica
all'inizio venne salutata come uno strumento fantastico che permette di comunicare
istantaneamente con tutto il mondo. Oggi, però, ci si trova a tal punto invischiati nel
flusso di messaggi elettronici che viene istintivo spegnere il PC. Si può diventare
schiavi dell'e-mail e desiderare di non usarla più perché c'è troppa comunicazione. E
vedo sempre più diffondersi, nelle persone che mi circondano, questo tipo di repulsione.
La gente non vuole più passare 5, 6 o 7 ore al giorno rispondendo ai messaggi di posta
elettronica. E si tratta per lo più di esperti in media digitali, una specie di
"élite digitale", che in numero sempre maggiore spengono l'e-mail, non
rispondono ai messaggi, non ne scrivono di nuovi. A mio avviso, molte delle cose che, come
l'e-mail, consideriamo elementi di progresso, e alle quali tendiamo nell'uso del computer,
finiranno per non funzionare più. In tanti aspetti del mondo del computer, proprio
perché è ancora soltanto agli inizi, si comincia col dire: "Ma è magnifico! Datemi
l'e-mail, datemi Internet, voglio navigare, voglio essere in contatto con tutti."
Poi, alla fine, ci si rende conto che tutto questo sistema di comunicazione non funziona:
"Oggi è una magnifica giornata, e io non sto combinando nulla, non sto realmente
parlando con nessuno, me ne sto seduto a scrivere posta elettronica per 5 ore." E ci
si ferma. Perciò credo che vedremo presto molti cambiamenti nel modo di utilizzare il
computer e ogni tipo di tecnologia dell'informazione. Può darsi che alcuni dei nostri
sogni sulle capacità del computer di lavorare per noi si tramuteranno in incubi.
Domanda 3
Quale sarà l'impatto delle nuove forme di comunicazione sulla vita quotidiana, ad esempio
quella religiosa, specialmente per quel che concerne Internet? Cosa è cambiato e cosa è
rimasto immutato?
Risposta
Penso che la tecnologia dell'informazione nella civiltà del computer abbia ricondotto
molti di noi a domandarsi cos'è che rende speciale un essere umano. E si è scoperto che
la risposta è molto semplice: si tratta delle emozioni, della sensualità e della
spiritualità. È questo che ci rende fondamentalmente diversi dalle macchine. Per quanto
le macchine diventino sempre più intelligenti, è la vita emotiva, sensuale e spirituale
a essere inscindibilmente legata alla natura umana che è fatta di fisicità, di
mortalità e di emozioni. In vari modi la tecnologia dell'informazione ha alimentato nelle
persone il senso dell'elemento spirituale e l'interesse per la spiritualità. La religione
in quanto connessa alla spiritualità viene coinvolta in questo nuovo interesse. Nel suo
aspetto organizzato, la religione può trovare in Internet lo strumento per lo scambio di
idee fra gruppi religiosi, per la propaganda e per il contatto con la gente. La religione
organizzata può sfruttare Internet per comunicare il suo messaggio e raccogliere seguaci;
ma è la religione nel suo complesso, proprio perché partecipa della vita spirituale
della gente, a registrare una sorta di rinascita in quanto parte della civiltà del
computer. Io lo definisco un "effetto paradossale": più si dispone di
informazione, più si privilegia il lato spirituale. L'uomo è un essere complicato.
Proprio mentre lo si investe massicciamente di cultura dell'informazione, lui tende sempre
più a ritrovare la propria peculiarità nella cultura della spiritualità. Per quanto
riguarda invece le singole credenze religiose mi è più difficile rispondere. Quello che
so è che la gente è più interessata alla spiritualità. E so che membri di gruppi
religiosi si incontrano su Internet e qui possono apprendere molte cose nuove, ad esempio
sul Cattolicesimo nel mondo, o sull'Ebraismo. "Cosa significa essere ebrei in
Islanda? O in Africa?" Sono informazioni cui in precedenza era difficile accedere in
prima persona; adesso è perfettamente possibile. Credo perciò che la vita religiosa, la
vita sociale delle comunità, sia in espansione; c'è più informazione, più
comprensione.
Domanda 4
La religione cattolica ha deciso di sperimentare nuove vie di comunicazione, come i CD-ROM
di Padre Pio o del Papa e i siti ufficiali Internet. Il Giubileo che significato ha in
questo contesto?
Risposta
Credo che la religione cattolica, come tutte le religioni, abbia interesse a presentare il
proprio messaggio soprattutto ai giovani, e perciò a disporre di un sito Web ricco di
informazioni, e con la possibilità per tutti di scambiare idee, sensazioni ed esperienze;
questo è certamente un buon sistema per arrivare ai giovani. Immagino che si tratti di un
esperimento, che si voglia vedere se e come funziona. Ci sono due cose che Internet può
fare per la religione. Può distribuire informazione, ma anche far comunicare fra loro i
cattolici di tutto il mondo che vogliono condividere esperienze e riflessioni. Perciò,
quel che ritengo importante per Internet e per altre tecnologie dell'informazione è che
non si limitano a trasmettere notizie, ma consentono alla gente di partecipare a un
dialogo comunitario. Internet non si basa su un messaggio irradiato dal centro, ma su
persone di tutto il mondo che si incontrano e rendono pubblici i propri pensieri e
sentimenti. Per esempio, uno dei fenomeni più rilevanti in questo momento, forse il più
importante a proposito del rapporto fra tecnologia e identità, è la creazione di pagine
Web personali da parte degli utenti, che si collegano, aprono un proprio sito, vi
inseriscono fotografie scannerizzate, e cominciano a pubblicare le loro poesie, la loro
musica, la loro arte. Tutto è offerto in visione a milioni e milioni di altri utenti. Non
c'è soltanto la ricezione di un messaggio da un'emittente centrale, ma la possibilità
per tanta gente in tutto il mondo di fungere da editori di se stessi. Questo naturalmente
può assumere dimensioni pericolose, come nel recente caso di certi giovani, o addirittura
bambini statunitensi, decisamente squilibrati, le cui pagine Web non parlavano che di odio
e distruzione. Non tutto quello che viene pubblicato sulla Rete è buono, ma bisogna
sperare che, prendendo il fenomeno nel suo complesso, la gente vorrà esprimere ciò che
ha di buono e di creativo. Comunque che si sia o no cattolici, che si celebri o no il
Giubileo a Roma, credo che ci sia comunque qualcosa nell'anno 2000 che attira
l'attenzione. Pochi giorni fa ero a Parigi: sulla Torre Eiffel hanno installato un conto
alla rovescia fino al capodanno del 2000. C'è qualcosa di sorprendente, di elettrizzante
nel vedere quello schermo, e così credo che l'anno 2000 sia forse venuto a significare
per tutti noi che è tempo di accettare in pieno le tecnologie che caratterizzeranno il
XXI secolo, fra le quali quelle della comunicazione avranno un ruolo da protagonista.
Domanda 5
Crede che l'uso di nuove tecnologie si tradurrà in discriminazioni significative tra gli
utenti?
Risposta
A mio parere la religione è solo uno di quei casi in cui coloro che non hanno accesso
alla tecnologia dell'informazione restano tagliati fuori dagli spazi in cui viene offerta
ormai la maggior parte delle informazioni. Quanti non hanno accesso alla Rete, o non hanno
dimestichezza nel reperire dati su Internet, avranno meno informazioni di quanti si
muovono invece con grande facilità in questo medium. La religione è un esempio di questo
genere. Un altro è la ricerca di impiego, un altro ancora l'informazione medica. In tutti
questi campi, se non si è sul Web o non si ha qualcuno disposto a navigare per proprio
conto, è chiaro che si disporrà di una quantità minore di informazioni rispetto agli
altri. E dato che l'informazione è in un certo senso potere, si subisce una
discriminazione. La salute è in particolare un argomento che spinge sempre più persone a
collegarsi a Internet per informarsi sulle loro malattie, sulle loro condizioni fisiche e
su problemi di cui persino il loro dottore potrebbe non saperne abbastanza. Un numero
crescente di medici affermano che i pazienti si presentano con in mano pagine Web che
parlano dei malanni di cui soffrono, ricche di informazioni sulle varie terapie che sono
state tentate, sulle operazioni chirurgiche effettuate, e sui protocolli sperimentali
attualmente allo studio. I malati sono sempre più consapevoli quando vanno dal dottore
per una visita e, anche in questo caso, chi non accede a Internet sarà vittima di
discriminazione. D'altro canto è vero che su Internet c'è una gran quantità di
informazioni errate, e qui sta un altro problema. Solo perché una notizia è presente su
Internet, non significa che sia vera. Credo che la formazione inerente l'informatica e
l'uso dei computer si occuperà sempre più di come arrivare a valutare correttamente il
valore delle informazioni disponibili, appunto perché non tutte sono uguali ed alcune
sono false.
Domanda 6
La Rete ucciderà Dio?
Risposta
Non vedo alcuna ragione per cui Dio dovrebbe risentire in un modo o nell'altro
dell'esistenza del World Wide Web. Se c'è un Dio, probabilmente sta osservando questi
sviluppi con sorpresa e buonumore. Se invece un Dio non c'è?non si pone il problema. Ma
io credo che Dio, se esiste - e io spero di sì, - stia seguendo questi nuovi esperimenti
nel campo dell'informazione e sia curioso di vedere cosa ne faremo.
Domanda 7
È possibile inventare una nuova morale che sia consona alla struttura della vita sulla
Rete?
Risposta
Credo che la vita sulla Rete o sullo schermo sollevi molte gravi questioni morali. Ad
esempio, quando si è in Rete si può fingere di essere un'altra persona. Gli uomini
possono presentarsi come donne, e le donne come uomini. Ho studiato questo fenomeno e lo
trovo interessante. Ma pone anche dei problemi, in quanto così si ingannano gli altri.
Una volta ho studiato il caso di un uomo che pensava di avere una relazione on-line con
una donna il cui nome era "Fabulous Hot Babe", o qualcosa del genere, e credeva
fosse una splendida ragazza. Venne fuori che si trattava di un vecchio ottantenne
ricoverato in un ospedale di Miami. Quell'uomo era stato ingannato. Era immorale tutto
questo? O era solo un gioco? A mio avviso, visto che la gente si sente ferita a causa di
storie che contengono una forte componente di inganno, saremo forse portati a considerarle
sempre più storie di trasgressione, e non solo fatti divertenti. Ecco dunque un esempio
che mostra come ci sia un'etica che riguarda il nostro comportamento in Rete, e ritengo
che tenderemo a sviluppare un codice morale che regoli la nostra vita di cittadini online.
Al momento non c'è un senso condiviso di come ci si debba comportare, né un accordo
generale su ciò che sia lecito aspettarsi. Ma credo che la situazione cambierà.
Domanda 8
Lei sta lavorando a un nuovo libro. Ce ne può parlare?
Risposta
Mi sto occupando dell'aspetto emotivo dell'intelligenza artificiale. Per molti anni, a
proposito di intelligenza artificiale e computer intelligenti, ci si è posta la domanda
se in fondo fossero davvero intelligenti?" Ora stiamo creando oggetti computerizzati
come il pupazzo Furby, giocattoli in grado di dialogare e giocare con gli esseri umani.
Che siano davvero intelligenti o no, i bambini ci giocano ed entrano in rapporto con loro.
A loro non interessa se sono veramente intelligenti, li abbracciano e si aspettano affetto
da loro. Quel che sto cercando di analizzare è il modo in cui una persona si trasforma
quando, per così dire, si innamora del proprio computer, quando gli oggetti non
influenzano soltanto il pensiero, ma anche i sentimenti. Al MIT, per esempio, c'è un
gruppo di studio che si chiama "Computeristica affettiva, Computeristica
emotiva", che produce computer in grado di simulare un sentimento nei confronti
dell'utente, e un interesse per i suoi sentimenti. Il legame che si instaura fra una
persona e una macchina quando quest'ultima si mostra sensibile alla vita emotiva della
persona, è molto forte. Mi sembra estremamente interessante comprendere l'impatto che
questo fenomeno avrà sulla società. In questo momento scrivo, faccio ricerca e preparo i
capitoli che riguardano i bambini e gli oggetti computerizzati da cui credono di ricevere
affetto. Dieci anni fa, quando intervistai alcuni ragazzini a proposito dei computer
giocattolo e dei giochi al computer, domandai loro se quei giocattoli erano vivi. Mi
risposero all'incirca così: "No, il giocattolo non è vivo perché non lo sa."
Si trattava dunque di un problema cognitivo. Oppure dicevano: "È vivo perché
'imbroglia' ". Qualunque cosa pensassero, riguardava la sfera cognitiva. Oggi,
invece, i bambini dicono: "Il Furby? Non ha le braccia e invece dovrebbe avercele
perché magari mi vuole abbracciare." In altre parole, vedono il computer come una
fonte potenziale di cure e di affetto. Oppure dicono: "Il Furby è vivo perché gli
voglio bene." È una risposta molto diversa da quelle che ricevevo in passato quando
si parlava di oggetti computerizzati. E così oggi i bambini giocano con questi oggetti,
sono indotti a credere che i computer siano cose da cui potrebbero ricevere affetto e a
cui potrebbero darlo, che hanno bisogno delle loro cure e che potrebbero prendersi cura di
loro. È un mondo interamente nuovo, ed estremamente interessante. Si stanno inventando
macchine che, se la poltrona su cui si è seduti è dotata di sensori, sono in grado di
capire se si è calmi o nervosi. E potremo comunicare con i nostri simili in base a queste
informazioni. Come reagiremo quando ci renderemo conto che il nostro computer ci conosce
così bene? Come ci sentiremo quando, dopo esserci seduti a scrivere, a lavorare al nostro
libro, il computer ci apostrofa dicendo: "Cara, lo so che vuoi scrivere questo
capitolo, ma adesso sei troppo tesa, non riuscirai a fare un buon lavoro. Siccome in
passato, ogni volta che eri nervosa non riuscivi a scrivere bene, fa' qualcos'altro di
più semplice, per esempio scrivi un po' di posta elettronica". Come reagiremo quando
i nostri computer si rapporteranno a noi a questo livello? Lo vogliamo? In che modo questo
cambierà le nostre idee su noi stessi e sul nostro rapporto col mondo circostante? Ecco
ciò di cui mi interesso al momento.
Domanda 9
A chi bisogna credere: al computer o a se stessi?
Risposta
Esatto, questo è il problema. Inoltre, oggi ci sono tante cose nel mondo che inducono le
persone a considerarsi come macchine. E non solo i computer. Anche l'assunzione di
stupefacenti, o di psicofarmaci. Per esempio, prendere il Prozac sapendo che quella
pillola ti fa sentire te stesso più che se non la prendessi, vuol dire ricorrere a una
medicina che ti rende consapevole di essere una macchina biochimica. Ci sono sempre più
individui che concepiscono se stessi come macchine. Credo che questo sia un fenomeno
importante e interessante, che merita di essere studiato. È vero che, in un certo senso,
gli uomini hanno sempre pensato di essere macchine. Ogni generazione ha elaborato un suo
modello per pensare alla persona umana come a una sorta di macchina. Ma mai in passato la
gente ha avuto esperienze così concrete ed evidenti di quanto noi siamo effettivamente
macchine. Questo cambierà il nostro modo di rapportarci al resto del mondo delle macchine
create dall'uomo.
Domanda 10
Lei ha studiato Foucault, secondo il quale l'uomo è prigioniero del potere. Crede che
Internet possa liberare l'umanità?
Risposta
Molti studiosi di Foucault sono entusiasti delle possibilità offerte da Internet, per il
modo in cui la Rete distribuisce il potere. Una volta che il potere non è centralizzato
bensì controllato da ciascuno di noi, le prospettive di libertà sembrano, in un certo
senso, più ampie. D'altro canto però Internet è anche un meccanismo di diffusione della
sorveglianza, tanto quanto lo è di liberazione dal potere. Sicché credo che ancora sia
da pronunciare il verdetto sul rapporto tra libertà e sorveglianza proprio di questa
tecnologia. C'è infatti un bellissimo brano di Foucault, in cui il filosofo parla dello
psichiatra e del suo paziente, e dice che il momento in cui il potere dello sguardo
psichiatrico diventa più efficace è quando ciascun individuo lo interiorizza e guarda a
se stesso in quel modo. Lo stesso succede con Internet; se cominciamo a sentirci sempre
esposti al rischio di essere spiati, visto che è facilissimo essere spiati quando si è
on-line, non penso che guarderemo ancora per molto a Internet come a una tecnologia di
liberazione. Di Internet si è parlato appunto in questi termini ma oggi si comincia a
comprendere che costituisce al contempo una potente tecnologia di sorveglianza.
Domanda 11
Nel suo libro La vita sullo schermo lei parla di una nuova identità molteplice e
decentralizzata. La gente che si incontra on-line porta una maschera. Come sta cambiando
il concetto di identità nell'era dei computer?
Risposta
Noi utilizziamo la tecnologia del nostro tempo per dare forma a un'immagine di noi stessi.
Ad esempio, il fatto che sul computer ci sono tante finestre e che ci si è abituati
all'idea di spostarsi fra le diverse finestre sullo schermo, può essere interpretato come
una metafora della visione del sé in quanto molteplice, senza un centro, e della
possibilità di fare clic e visionare a rotazione i differenti aspetti della propria
personalità. Quando si va online, quando si accede a un servizio in Rete, spesso si
assumono vari titoli o nomi con cui ci si identifica. Così in una conversazione in Rete,
una chat, ci si chiama "Il Ragazzo Armani", in un altra "Il
Motociclista", in un altra ancora si usa il proprio nome. Quando scegliamo un
determinato nome, compiamo il primo passo verso la creazione di un'identità grazie alla
quale potremo esplorare diversi aspetti di noi stessi. Non è vero, dunque, che in Rete si
sviluppino identità molteplici o disturbi della personalità; piuttosto ci si accorge di
poter attraversare le varie componenti della propria natura e credo che in questo modo si
arrivi ad apprezzare meglio il fatto che dentro a ognuno di noi c'è una molteplicità di
componenti. Siamo stati abituati a concepire l'identità come una specie di unità: io
sono "uno". Oggi si guarda all'identità come a una realtà molto più fluida,
che risulta dall'insieme dei tanti sé che coesistono all'interno dell'"uno".
Perciò credo che il nostro concetto di identità stia davvero cambiando man mano che
approfondiamo la conoscenza di noi stessi mediante questo nuovo mezzo di comunicazione.
Domanda 12
Potrebbe tracciare a grandi linee la storia dell'impatto del computer sulla nostra vita?
Risposta
Ciò di cui mi occupo in particolare non è la strumentazione computeristica. Il computer
che lavora per noi, il word-processor, il foglio elettronico, tutto questo è importante
ma si tratta di strumentazione. L'oggetto dei miei studi è invece il computer nella
dimensione soggettiva, non quello che agisce per noi, bensì quello che agisce su di noi,
sul nostro modo di concepire noi stessi, sul nostro rapporto con gli altri. In questo
senso credo che il computer abbia notevolmente influenzato il modo in cui oggi si cresce e
si matura. Ad esempio quando i bambini guardano il computer, vi trovano una natura in
certo modo vivente. Oggi giocano con questi piccoli Furby, giocattolini e giochi
elettronici, e cominciano a pensare alla vita in termini in cui esiste la vita biologica e
poi esiste la vita dei Furby, cioè un tipo di vita proprio dei computer. Così iniziano
ad animare il mondo delle macchine e a concepire se stessi non più come gli unici esseri
intelligenti del pianeta. In altre parole il computer sta in qualche modo mutando
radicalmente il nostro senso dell'unicità, della peculiarità, di ciò che vuol dire
essere un individuo. Tradizionalmente i bambini, negli anni della crescita, concepivano
ciò che rende speciale l'essere umano in contrapposizione a ciò che pensavano dei loro
immediati vicini, vale a dire gli animali domestici, i cagnolini e i gatti. Ciò che
distingueva gli uomini era la ragione e perciò anche i bambini possedevano una sorta di
nozione aristotelica dell'unicità dell'uomo in quanto animale razionale. Oggi i vicini
più prossimi dei bambini sono i computer e gli uomini appaiono speciali perché provano
emozioni. Si passa dalla particolarità di essere animali razionali a quella di essere
macchine con una sfera emotiva. Mi pare che attualmente ci troviamo a questo punto e la
nuova importanza assunta dai sentimenti e dalla spiritualità dell'uomo dimostra che
stiamo cercando di capire cos'è che ci rende speciali in un mondo di macchine
intelligenti. Questo è, a mio avviso, un profondo effetto del computer sul modo in cui
concepiamo noi stessi.
Domanda 13
Può descrivere il ruolo dei MUD nelle relazioni on-line?
Risposta
I MUD rappresentano un fenomeno davvero straordinario. La sigla MUD sta per
"Multi-User Dungeon" . È un mondo in cui migliaia di persone sparse per il
mondo, negli Stati Uniti, in Italia, in Francia o in Inghilterra, chiedono di accedere a
un computer che a sua volta potrebbe trovarsi in qualunque zona del mondo (molti sono in
Svezia), e quando ci sono arrivate creano un personaggio o diversi personaggi, e si
incaricano di recitarne la parte. Ne possono scegliere il sesso, l'aspetto fisico e la
personalità, e lo animano nell'interazione con tutti gli altri personaggi. Per molti,
calarsi nei panni di questi personaggi, significa sperimentare un aspetto della propria
personalità rimasto fino ad allora inesplorato o che si aveva paura di esplorare. Se poi
riflettono sulle esperienze fatte nei MUD, possono davvero imparare molte cose su se
stessi. A questo proposito vorrei fare un esempio: c'è un uomo, il cui caso ho studiato
per parecchi anni, che gioca nei MUD. Nella vita "reale" è molto timido, schivo
e ha una gran paura di imporsi in quanto ha sempre considerato gli uomini che vogliono
imporsi dei prepotenti. Le donne che si impongono, invece, le giudica forti, determinate e
per così dire progredite. Sul MUD ha inventato una serie di personaggi che chiama
"tipi alla Katharine Hepburn", perché pur non chiamandosi "Katharine
Hepburn" possiedono tutte la sua spavalderia, la sua sicurezza e la sua concretezza.
Per anni l'uomo ha praticato l'affermazione di sé online recitando la parte di questi
personaggi femminili. Quando lo intervistai, mi spiegò che quella pratica lo aveva messo
in condizioni di infondere un certo grado di positività al resto della sua vita. È un
perfetto esempio di come sia possibile praticare o sperimentare modi di essere all'interno
dei MUD, i quali vengono poi trasferiti nell'altra parte della vita. Molto spesso penso
all'impatto delle esperienze online attraverso gli occhi dello psicologo Ericsson, il
quale ha parlato dell'adolescenza come di un periodo di sospensione. Secondo Ericsson, tra
i 10 e i 20 anni gli individui hanno bisogno di una specie di momento di pausa, una
sospensione che dia loro la libertà di fare esperimenti. Questa pausa, questa
sospensione, non concerne pertanto l'azione, ma le conseguenze dell'azione. È una sorta
di spazio libero, di gioco, dove fare prove, innamorarsi e disamorarsi, abbracciare idee e
ripudiarle. Io credo che la vita in Rete oggi stia diventando uno dei luoghi dove si può
esperire questa sospensione, dove si è liberi di tentare esperimenti sostanzialmente
senza conseguenze. Anche questo, a mio avviso, è un importante effetto soggettivo
dell'esperienza online.
Domanda 14
Nel suo libro c'è un capitolo intitolato "Depression 2.0". Cosa pensa della
psicanalisi online?
Risposta
Sono 20 anni che studio la psicoterapia computerizzata. Si tratta di una terapia in cui un
programma di computer cerca di dialogare con il paziente, ascoltare i suoi problemi,
dargli consigli. Non sono programmi realmente validi. "Depression 2.0" non offre
una comprensione profonda della personalità del paziente, è solo un programma. Ho
scoperto, d'altro canto, che c'è stata una notevole trasformazione nell'atteggiamento
delle persone di fronte all'idea di parlare a una macchina. Venti o quindici anni fa, o
anche solo dieci anni fa, si diceva, e giustamente: "Perché mai dovrei parlare dei
miei problemi a un computer? Come posso parlare della competizione infantile tra fratelli
a una macchina che non ha mai avuto una madre? Come potrebbe mai capirmi una
macchina?" Ora, studiando la reazione dei pazienti a "Depression 2.0", ho
notato che essi hanno un atteggiamento diverso. Essi dicono: "Proviamo. Se mi è
utile, perché non tentare." In altre parole gli individui sono disposti a giudicare
le macchine dall'interfaccia, come sono solita dire, ossia sono pronti a sedersi di fronte
a una macchina che sanno perfettamente non essere in grado di capire il senso profondo
delle cose e a conversare con essa. Sicché questi programmi sono per me interessanti non
in quanto terapeuticamente validi, ma perché indicano fino a che punto siamo disposti a
dialogare, a interagire con la tecnologia. È come se questi programmi ci preparassero ai
programmi che verranno, i quali saranno realmente in grado di parlarci con intelligenza.
C'è stato dunque un cambiamento straordinario. Non credo comunque che questi programmi
abbiano valore terapeutico. Per molti essi rappresentano un mezzo per dar voce ai propri
sentimenti all'interno di uno spazio in cui non si viene giudicati, appunto perché questi
programmi non danno giudizi sull'utente e anzi non sanno neanche chi egli sia. Per questo
vedo i benefìci di questi prodotti nel fatto di costituire una sorta di diario
interattivo, piuttosto che un vero e proprio elemento terapeutico. C'è poi un'altra
realtà a cui si allude a volte quando si parla di psicoterapia online, ossia quella dello
psicoterapeuta che si allaccia a Internet; uno psicoterapeuta in carne e ossa che tiene
sedute psichiatriche in Rete. L'utente digita i suoi problemi, e il terapeuta risponde.
Qui siamo di fronte a qualcosa di molto diverso dai programmi che dialogano con l'utente,
perché c'è un essere umano, e questo cambia completamente la situazione. A mio avviso,
perché il potere di trasferimento insito in un rapporto reale fra due persone funzioni,
è senza dubbio preferibile che i due si trovino nel medesimo luogo, faccia a faccia.
Naturalmente è possibile servirsi di una specie di rapido consulto, condividere con altre
persone informazioni relative ai loro problemi, spiegare loro la natura della depressione
e le possibili cause. Ma credo che per far funzionare davvero la terapia, ci sia bisogno
del profondo legame fra due persone che si instaura pienamente nel rapporto faccia a
faccia. Il problema che si presenta con tutte le possibilità che il computer ci offre è
che siamo tentati di utilizzarle tutte prima di aver realmente stabilito quali di esse
offrano un vantaggio rispetto ai sistemi tradizionali. Solo perché una cosa viene fatta
al computer non significa che rappresenti un progresso. Direi perciò che personalmente
sono abbastanza conservatrice quando si parla di psicoterapia e insisto che è necessario
il rapporto diretto.
Domanda 15
Passiamo ora ad analizzare i problemi di fondo inerenti l'identità sessuale. È possibile
che la tecnologia e la macchina fungano da protesi centralizzata per l'essere umano?
Risposta
Alcune persone quando si collegano alla Rete e assumono una nuova identità spesso
scelgono un personaggio di sesso opposto alla loro realtà biologica. Molti uomini si
presentano online come donne e molte donne si presentano come uomini. In questo caso credo
che si tratti in sostanza del desiderio di scoprire come ci si sente a essere dell'altro
sesso, di esplorare aspetti della propria sessualità che hanno a che fare con
l'appartenenza all'altro sesso o soltanto di vivere un flirt dalla sponda opposta. Penso
che per molti questo atteggiamento può essere interessante e può persino diventare una
forma di presa di coscienza. Per esempio, molte delle mie studentesse si collegano alla
Rete con un nome maschile, e scoprono di non trovare nessuno pronto ad aiutarle come
quando compaiono come donne. Se invece compaiono come donne viene offerto loro molto più
aiuto, anche in ambienti tecnici come il MIT, dove ci si aspetta da loro una certa
competenza. Tanti uomini si presentano online come donne, trovano persone che flirtano con
loro e si ripropongono continuamente. Sperimentando questa identità acquisiscono una
coscienza diversa e allora dicono: "Beh, ho sempre preso in giro la mia fidanzata
quando si lamentava degli sguardi insistenti, dei fischi degli uomini, perché pensavo
potesse prenderli semplicemente come complimenti, ma adesso che sono io l'oggetto degli
approcci comprendo quanto siano fastidiosi e persino umilianti e per nulla
divertenti." Anche in questo caso può esserci una sorta di presa di coscienza di un
problema. A questo livello, perciò, credo che cambiare sesso online possa essere molto
interessante e anche molto istruttivo. Poi ci sono persone che si presentano in Rete con
la propria identità sessuale o con quella opposta, e fanno vere e proprie esperienze
sessuali online, nel senso che inviano a un'altra persona descrizioni di sensazioni e
gesti di natura sessuale e a volte si masturbano mentre scambiano questi testi con
un'altra persona. Abbiamo così due esseri umani che simulano un'attività sessuale
scrivendo e inviando messaggi. È quindi una specie di corrispondenza erotica in tempo
reale. Ciò che appare davvero straordinario è la profondità del coinvolgimento emotivo
che si raggiunge nel fruire di uno scambio che sotto un certo punto di vista ha la
struttura semplice di una corrispondenza erotica e sensuale. Credo che le esperienze di
sessualità online stiano a indicare quanto siamo emotivamente vulnerabili nei confronti
di un'altra persona. Ai primi tempi di Internet molti di quanti si lanciarono in questo
tipo di relazioni facevano continuamente sesso online, e poi scoprirono che le persone con
cui erano in contatto si innamoravano di loro, provavano per loro sentimenti profondi,
erano davvero confuse ed eccitate per via di quel rapporto. Oggi credo che il sesso e le
relazioni online vengano presi molto più seriamente, perché ci si è resi conto che non
si ha a che fare con un computer ma con un altro indifeso essere umano.
Domanda 16
Perciò la tecnologia e la macchina diventano una protesi sessuale?
Risposta
Molti parlano della realtà virtuale del futuro, quando si vestiranno apparecchi corporei
e si sentirà effettivamente che qualcuno da grande distanza ci sta toccando grazie a
sensori disposti in modo tale da far percepire realmente la pressione della mano di
un'altra persona, anche se questa si trova a 5,000 chilometri di distanza. Per il momento
si tratta ancora di fantascienza e non sappiamo se ci arriveremo e se vorremo arrivarci.
Quel che è sicuro è che stiamo scoprendo l'energia erotica insita nel digitare messaggi
per una persona che sappiamo essere presente in tempo reale, che esprime sensazioni di
natura sessuale e sta avendo un'esperienza sessuale con noi. La cosa davvero straordinaria
del ciber-sesso, così com'è oggi, è che la macchina o Internet diventano una specie di
prolungamento del corpo nell'atto di accostarsi ad altre persone e di comunicare
eroticamente con loro. Credo che questa esperienza del computer come estensione della
nostra vita erotica sia veramente sorprendente, se pensiamo che per tanti anni si è
considerato il computer un'estensione della sfera cognitiva. Era la macchina
"pensante" o che aiutava a pensare. Oggi è diventata la macchina che aiuta a
sentire, a provare emozioni e ad accrescere la consapevolezza sessuale.
Domanda 17
Che significato ha lo stupro nel MUD?
Risposta
Il senso di uno stupro all'interno del MUD è molto complesso, a cominciare
dall'opportunità o meno di chiamare stupro qualcosa che accade nella realtà virtuale.
Nell'esempio più famoso di stupro in un MUD, un giocatore, cioè una persona che si era
connessa al sistema, riuscì a controllare gli altri giocatori del MUD, ridusse in suo
potere i relativi personaggi e li trasformò in bambole vudu. Li costrinse a fare cose
oscene gli uni con gli altri, nonostante il fatto che le persone che stavano dietro ai
personaggi di solito non facessero nulla e restassero a guardare orripilati. È come se io
avessi un personaggio, lei un altro, e questi due personaggi si comportassero oscenamente
l'uno con l'altro, completamente slegati dal nostro controllo, mentre c'è una terza
persona a manipolarli. Ciascuno di noi si sentirebbe profondamente violato e umiliato,
come se fossimo noi a fare e dire quelle oscenità al cospetto di tutti gli altri
giocatori del MUD. Ora, cos'è che rende così insopportabile quello stupro? Perché in
fondo, si potrebbe dire: "Guardate che sono soltanto parole. Perché allora non vi
disconnettete? Perché non fate cadere la linea? Perché vi preoccupate tanto?" La
risposta è che probabilmente io e lei abbiamo passato anni a sviluppare questi
personaggi, a costruirli, a farli entrare in una complessa rete di relazioni con gli altri
personaggi e gli altri giocatori del MUD, perciò in un certo senso i nostri personaggi
sono stati uccisi, non possiamo più usarli se sono diventati stupratori osceni e
pervertiti. Il fatto che i giocatori dei MUD percepiscono simili oltraggi come qualcosa di
simile a uno stupro la dice lunga sull'intensità dei loro sentimenti nei confronti dei
personaggi che hanno creato. Questo è lo stupro nel MUD. In fin dei conti non è che un
testo digitato, ma per le persone significa molto di più.
Domanda 18
È possibile che il mondo virtuale finisca per far perdere all'individuo il contatto con
la realtà?
Risposta
Non c'è dubbio che per certe persone la vita sullo schermo è molto più soddisfacente
del resto della vita. Queste persone sono sempre più coinvolte, travolte, irretite dalle
vite da loro create sullo schermo. Non si tratta della maggioranza ma di alcuni individui
che, in effetti, nel resto della loro vita sono infelici. Credo tuttavia che se ci si
accosta alla propria vita sullo schermo in uno spirito di auto-esame, quel che può
avvenire è che quanti si ritrovano sempre più attratti dagli eventi della realtà
virtuale dovrebbero chiedersi: "Cosa mi dice la vita sullo schermo a proposito di
ciò che manca nel resto della mia esistenza? Di che cosa sento la mancanza? Cosa vorrei
avere nella mia vita, quali persone, quali esperienze? E perché sono così coinvolto in
ciò che accade online?" Sono convinta che se ci si rapporta alla propria vita
cibernetica con questo spirito, si può davvero imparare molto sulla propria natura e, si
spera, applicare il senso di alcune di queste lezioni al resto della propria esistenza.
Perciò direi che quando ci si smarrisce all'interno dello spazio virtuale, ciò è dovuto
a qualcosa di cui si ha una terribile paura, o che provoca una profonda insoddisfazione
nella vita reale. Bisognerebbe usare quel che si fa sullo schermo come una specie di test
di Rohrschach, ossia come un esame rivelatore che aiuti a capire che cosa realmente si
vuole essere nella propria vita.
Domanda 19
Lei ha anche parlato di algoritmi genetici. In che modo queste creature artificiali che
vivono sullo schermo del computer possono influenzare il nostro concetto di vita naturale?
Risposta
Proprio nel modo in cui i bambini guardano ai Furby. Non so se in Italia esistono i Furby.
Si tratta di piccoli animali digitali. Questi animaletti domestici e tutti gli altri tipi
di bambolotti interattivi si stanno diffondendo in tutto il mondo. I bambini guardano
questi animaletti e deducono che esiste un modo umano di essere vivi e poi esiste un modo
Furby. Alla stessa maniera esistono oggi programmi che vivono nei computer, si riproducono
e creano la loro stessa intelligenza interagendo con il mondo reale. Si è formata così
una specie digitale di vita che ci induce a percepire la nostra vita in tutti quegli
aspetti in cui differisce da quella virtuale. Penso perciò che quel che accadrà in
relazione alla vita sullo schermo, alla vita su computer e a forme digitali di vita, è
che la gente comincerà a rivalutare la dimensione biologica, sensuale e tutte le forme di
vita che sono propriamente nostre. Probabilmente cominceremo a distinguere la vita
digitale da quella non digitale, e daremo grande valore al nostro tipo di vita per quel
che ha di assolutamente speciale e unico. Una volta intervistai una donna, che mi disse:
"Il pensiero simulato può essere ancora pensiero ma l'amore simulato non è mai
amore. E così le idee simulate possono restare idee ma i sentimenti simulati non sono
affatto sentimenti". In altre parole, si possono simulare molte cose ma, in vario
modo, le persone hanno una reazione romantica quando le vedono sullo schermo del computer
e pensano più profondamente all'unicità dell'essere umano.
Domanda 20
Cosa pensa di scrittrici come Donna Haraway e Susan Stone?
Risposta
Sono donne che esplorano, in maniera diversa ma in entrambi i casi assai rilevante, il
mondo dell'estetica tecnologica. Probabilmente Donna Haraway ha approfondito più di ogni
altro la nozione del ciber-organo. Lei sa di che si tratta? Sa cos'è questa nuova
mostruosa categoria che fa piazza pulita di tutti i punti fermi nel momento in cui
diventiamo tutt'uno con le nostre macchine? Quando i confini tra uomini e cose si
dissolvono completamente? Donna Haraway ha aumentato la nostra capacità di pensare a
questa realtà e di concettualizzarla probabilmente più di chiunque altro. Ha anche fatto
qualcosa di molto importante per il femminismo, che in passato ha sempre rifiutato l'idea
di macchina e ha identificato la donna con una specie di Madre Terra, di modo che le donne
e il femminismo si sono poste in antitesi a tutto quanto fosse tecnologico. Donna Haraway
ha davvero dato inizio a una nuova forma di coscienza femminista, che accoglie la
tecnologia e mostra un modo di essere femminista senza per questo dover rifiutare la
tecnologia. Penso che il suo sia un contributo estremamente valido e importante perché
non c'è alcun motivo per cui il femminismo non debba accettare la tecnologia. Susan Stone
è un'altra scrittrice interessantissima che ha personalmente e fisicamente sperimentato
il passaggio da un sesso all'altro. È infatti una transessuale, prima era un uomo e
adesso è una donna. Scrivendo in base a questa fortissima esperienza è in grado di
scandagliare in profondità la dimensione del cambio di identità sessuale online con un
taglio del tutto personale. Credo perciò che il suo contributo più importante riguardi
l'analisi dell'identità sessuale in Rete e di ciò che questa significhi. Un'analisi
fondata appunto sull'intensa esperienza da lei vissuta con il cambiamento di sesso a
livello fisico. A volte penso che quando si parla del cambio di sesso online e
dell'esperienza di un'identità, maschile o femminile, che non è la propria, in effetti
si dimenticano tutti quegli aspetti dell'essere donna, ad esempio, legati a
caratteristiche fisiche ben precise. A mio parere, c'è bisogno di voci come quella di
Sandy Stone, per ricordarci quanta parte della nostra identità sessuale sia collegata al
corpo e non sia soltanto un fatto virtuale.
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