INTERVISTA:
Domanda 1
Di che tratta il Suo ultimo libro?
Risposta
Il titolo del libro è Il mago dei numeri. E' un libro per le persone che hanno
paura o che hanno orrore della matematica, perché ho l'impressione che tante, tante
persone giovani, ma anche adulti, per tutta la vita abbiano deciso di essere negati alla
matematica. Io conservo dei seri dubbi sulla veridicità di questa idea, perché penso che
la maggior parte dell'umanità possieda l'intelligenza sufficiente per capire la
matematica.
Domanda 2
Ci parla della sua passione per la matematica?
Risposta
E' una mia vecchia passione la matematica, che non ha a che fare, ad un primo sguardo, con
la letteratura. E mi fa un po' pena il fatto che la maggior parte della gente abbia deciso
di essere troppo stupida per capire la matematica, perché ciò non può essere. Le
ragioni emotive per questo rigetto della matematica si trovano nel modo di insegnare,
perché, in fondo, la matematica è una cosa di un grande fascino, di una grande
attrazione, che non ha niente a che fare con la routine, lo schematismo e la noia. Bisogna
trovare il modo di presentare la matematica nella sua vera natura, che è altrettanto
difficile o facile, come per esempio la musica. La matematica come la musica sono
conoscenze che debbono essere aperte a tutti. In questa prospettiva io ho scritto un libro
che si presenta come un piccolo romanzo, un racconto che rientra un poco nella tradizione
del Carroll di Alice nel Paese delle Meraviglie. Carroll fu, del resto, anch'egli
un matematico, ossessionato dalla matematica. Insomma, la letteratura e la matematica non
sono tanto differenti tra loro come si crede, ma, a mio avviso, hanno qualcosa in comune.
Domanda 3
Lei usa Internet per il Suo lavoro?
Risposta
Ho trovato poca economia dal punto di vista del tempo, anche a causa della sovrabbondanza
dell'informazione. In Internet esiste il problema del filtraggio; in genere si può dire
che tutti i media elettronici comportano questo problema di selezione, e a volte lo sforzo
che l'utente investe nello scartare delle informazioni è maggiore dell'utilità del mezzo
stesso. In questo senso non mi risulta comodo e, a mio avviso, in ogni media, qualsiasi
tipo esso sia, implica anche la questione di chi è servo e di chi è padrone. Io
preferisco il medium nel quale è il discorso a fare da padrone.
Domanda 4
Lei ha parlato di una difficoltà nel presentare la matematica, nell'insegnarla ai
bambini. Non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda l'approccio al computer?
Risposta
No, non direi. Piuttosto, forse, sono gli stessi insegnanti che hanno certi dubbi e
reticenze, perché per i bambini, secondo la mia esperienza, il computer è piuttosto un
giocattolo del quale si servono senza problematizzare, anche sperimentando, senza
procedere metodicamente con il manuale. E' una generazione, questa, che ha una specie di
mutazione che riguarda la civilizzazione. Per i bambini di oggi è molto meno drammatico
il cambio tra medium-tradizionale e medium-nuovo. In questo senso loro sono più capaci
dei professori.
Domanda 5
Secondo alcuni studiosi l'ipertesto si adatterebbe meglio alla poesia, attraverso
sperimentazioni di ipertesto collaborativo. Cosa pensa in proposito?
Risposta
Questo è il discorso dell'avanguardia di sempre: l'idea di partire da zero, fare la cosa
completamente inedita, totalmente nuova, la rivoluzione di una forma e via dicendo. Ma
questo è un discorso in se stesso molto vecchio e a mio avviso anche un poco antiquato,
perché questa idea di originalità o del valore dell'innovazione in sé mi pare
pericoloso: il fatto che una cosa sia nuova non dice nulla sulla sua qualità. Il valore
estetico, in questo senso, è relativo. Il nuovo, per essere nuovo, non dice un granché.
L'originalità è relativa perché anche il più allarmista continua un lavoro millenario
dell'umanità. Questa idea eroica del nuovo risale al 191O-1920. Ripetere questo discorso
oggi non ha senso. Rispetto all'ipertesto collaborativo, i dadaisti hanno fatto questo
tipo di operazione con i risultati all'epoca molto sorprendenti, ma oggi già ascoltati.
Domanda 6
E la TV?
Risposta
E' troppo complesso l'argomento per essere chiarito in poco tempo. Innanzi tutto considero
la televisione come un farmaco, come una specie di Valium che permette al pubblico di
"to stop the brain-action", di "frenare l'azione del cervello", un
sonnifero calcolato per non far pensare l'umanità. E questo è anche un bene, perché una
persona molto stanca ha bisogno di un tranquilizzante. A parer mio, questo è l'effetto
più importante della televisione e anche l'effetto desiderato dalla maggior parte degli
utenti.
Domanda 7
Lei crede che la televisione potrebbe avere un ruolo educativo per l'umanità?
Risposta
Teoricamente, credo di sì. L'industria della televisione, però, ha altre intenzioni.
L'educazione, la cultura, tra loro non sono secondarie, ma è proprio l'ultima cosa a cui
pensare. E' sufficiente spendere due ore davanti a un programma normale alla televisione
per rendersene conto. Non credo che la mia sia una opinione apocalittica. La televisione
è funzionale all'individuo, nel senso che la gente ha bisogno di ciò; in questo senso
essa serve, anche prescindendo dall'informazione che potenzialmente può offrire.
Domanda 8
Crede che Internet, ma anche gli altri mezzi di informazione possano migliorare il mondo?
Risposta
Mi pare un poco ingenuo credere che un cambiamento profondo porti ad un miglioramento
della qualità della vita. Credo che sia troppo pretendere da questi poveri ingegneri che
producono queste macchine, queste tecnologie di salvare il mondo. Non sono Cristo, non è
loro il compito di salvare il mondo. Loro inventano uno strumento migliore, più veloce,
più sofisticato, ma il bene dell'umanità non lo fa la Sony.
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