Incassi
da record e scene da delirio collettivo, ma anche violenza gratuita,
sangue a fiumi, casi di identificazione, di dipendenza e di epilessia.
La storia dei videogiochi è recente, e significativamente molto
legata a quella dei personal computer, ma se c'è una costante che li
accompagna è una sorta di "lato oscuro", una specie di
cattiva reputazione che li segue da quando furono inventati, quasi a
complemento della loro enorme popolarità. Eppure ci sono alcuni
aspetti poco conosciuti della storia dei videogiochi, e seguendone lo
sviluppo è possibile comprendere le ragioni che hanno spinto
generazioni di genitori a guardarli con sospetto e generazioni di
giovani a pensarli con adorazione.
Già i primissimi giochi per computer
avevano un grandissimo potere di attrazione e fascinazione sui
giocatori. Nottate passate insonni di fronte a uno schermo, ore di
lavoro buttate all'aria completamente assorbiti da un un'atmosfera
creata artificialmente. Quante volte vi sarà sentito di sentire
storie di questo tipo. Ma non è solo questione di fascinazione.
Esiste un altro aspetto che costantemente viene messo in discussione
quando si parla di videogiochi, ovvero il loro contenuto.
Secondo
J.C. Herz, studiosa di fenomeni culturali legati al computer e famosa
per il suo libro Il
popolo del joystick, una certa dose di cosiddetto "panico
morale" intorno ai videogiochi è sempre esistito. La sua tesi è
che fu l'atmosfera all'interno delle sale giochi, a creare una
reazione sociale molto forte. Nel 1981, si scatenò una vera e propria
campagna criminalizzante contro i giochi e i locali pubblici che li
ospitavano che portò alla chiusura di molte sale, soprattutto in
provincia. Secondo la ricercatrice, le sale giochi erano costituite da
ambienti affollatissimi e fumosi, molto scuri, con muri spesso
tinteggiati di nero per non creare riflessi di luce nei monitor,
popolati da giovani paralizzati e attoniti davanti agli schermi e,
soprattutto, con una composizione sociale assai bizzarra, fatta di
ricchi e poveri, bianchi, neri e chicanos, che si mischiavano in una
grande sfida collettiva dove l'appartenza di classe non contava più,
e dove la cultura dei giovani "borghesi" e di
"strada" si compenetravano fortemente. Per J.C. Herz la
stessa intolleranza si era già verificata negli anni Cinquanta con la
diffusione delle sale da flipper dove i giovani di buona famiglia si
mischiavano con i bulli alla James Dean, circondati a loro volta da
loschi figuri e perditempo di varia natura. Questa situazioni
generarono la stessa irrazionale apprensione di genitori e istituzioni
varie che portarono alla chiusura delle sale da flipper o da
videogiochi, in quanto tali luoghi venivano visti come veri e propri
luoghi di perdizione. Negli Stati Uniti, ora, le sale giochi non
esistono più e le postazioni pubbliche dei videogiochi si trovano nei
più asettici locali dei centri commerciali di quartiere dove le
classi sociali si mischiano raramente. Oppure la gente gioca al chiuso
della propria casa evitando lo "scontro pubblico" che J.C.
Herz definisce socialmente importante perché fatto di "sudore e
corpi veri". Ciò che Herz vede nel prossimo futuro è un ritrono
della voglia di scontro vero, attraverso i Lan-parties e gli scontri
su Internet, dove soggetti di diversa estrazione sociale si vanno a
scontrare. Un'arena dove conta solo la propria abilità nel gioco.
Ma
cosa sono i Lan-party? Manifestazioni solitamente underground nel
corso delle quali gruppi di ragazzi si riuniscono in uno scantinato,
tirano su una rete di computer e giocano fino all'alba a volte
dormendo accanto ai computer, pronti a ricominciare non appena gli
occhi si sono riposati.
Nei
Lan party ci si scontra dal vivo, gomito a gomito, urlandosi magari da
una postazione all'altra. L'altra frontiera del gioco in multiplayer
è Internet che da qualche tempo ha iniziato a pullulare di arene
virtuali. La stragrande maggioranza dei giochi di successo per PC
infatti, non può più fare a meno di avere funzioni per il
multiplaying, quando non è esplicitamente concepita per il gioco di
più partecipanti.
Secondo Francesco
Antinucci, ricercatore del CNR e autore di Computer per un figlio,
edito da Laterza nel '99, i videogiochi sono una attività prettamente
sociale:
"Quella
dell'isolamento e dei videogiochi è una favola persistente e tenace
dovuta a un fatto molto semplice: le persone adulte tendono a cogliere
solo la superficie di questa attività, cioè di fatto vedono
fisicamente un ragazzino davanti a uno schermo di computer e lo vedono
solo. In realtà, quella attività non ha alcun senso al di fuori di
un'attività sociale. Il gioco che il ragazzo sta facendo è
interamente dettato da una cultura sociale. Giocare con quelle modalità,
arrivare a risolvere determinati problemi o difficoltà, è una azione
scambiata in continuazione con i propri coetanei. È un portatore di
socialità, una socialità leggermente diversa perché non avviene in
simultanea ma in differita, ma è costante. Io non ho mai visto un
ragazzo che fa un videogioco da solo senza renderne partecipi gli
altri. I media, invece, enfatizzano altri aspetti dei videogiochi
perché si tratta di una tecnologia nuova, come nel celebre caso del
ragazzo che si è identificato in un personaggio di un videogame, ma
ci sono molti casi clinici in cui è dimostrato che gli elementi
scatenanti la patologia sono stati altri. Io ricordo sempre due
aneddoti interessanti: uno è che quando Goethe pubblicò le Affinità
elettive ci fu un'ondata di suicidi in Europa la cui colpa fu data al
libro. È una cosa che oggi ci fa sorridere. L'altra è la letteratura
legata alle cronache di fine '800 relativa agli effetti terribili che
poteva causare la diavoleria moderna del viaggio in treno".
Ogni passaggio tecnologico dunque, è
segnato da perplessità e ritrosie. Lo stesso in qualche modo avviene
per i videogiochi e per i computer in genere. Probabilmente il
computer a differenza di altri strumenti è un facilitatore ed un
potenziatore di esperienze; se questo da solo basti ad imporre
maggiori cautele è difficile dirlo.Ciò che dà vita ed energia ai
videogiochi non è la grafica, né la fascinazione degli strumenti o
la potenza di un processore ma è la passione di chi vi partecipa e il
loro effetto è tanto più forte quanto più ci si lascia coinvolgere.
Come fermarsi? Quando giocate, dice un vecchio proverbio, è bene
stabilire le regole, stabilire una posta ma soprattutto stabilire
quando finisce il gioco.
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