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Quella di oggi
è la quarta delle cinque puntate di MediaMente che dedichiamo
questa settimana al mondo della scuola, e che nascono dalla
collaborazione fra RAI Educational e Ministero della Pubblica
Istruzione.
Nella puntata di oggi, parleremo di linguaggi, e di
educazione ai linguaggi. Insegnare a muoversi all'interno di un
linguaggio, acquisire capacità e competenze linguistiche, sono
da sempre compiti essenziali della scuola. Ebbene, sappiamo
tutti che anche per muoversi nel mondo delle nuove tecnologie e
dei nuovi media bisogna comprendere dei linguaggi: linguaggi
nuovi, dalle caratteristiche per molti aspetti diverse da quelle
delle lingue storico-naturali, linguaggi che sembrano spesso
astrusi e specialistici.
Qui a MediaMente abbiamo parlato spesso
della differenza fra il mondo reale e il mondo dell'informazione
nei termini della differenza fra atomi e bit: bene, dobbiamo
imparare almeno qualche elemento del linguaggio dei bit... o
meglio, dei molti linguaggi dei bit. Ma quali sono questi
linguaggi? Come sono costruiti, a cosa servono, come si imparano
e - visto che stiamo parlando del mondo della scuola - come si
insegnano, e come si usano in un concreto contesto didattico? La
puntata di oggi nasce in parte anche dalla convinzione che a
volte le difficoltà e le resistenze che si incontrano nel mondo
scolastico quando si parla di introduzione delle nuove
tecnologie, nascano proprio sul piano linguistico. Forse,
cercando la risposta ad almeno alcuni degli interrogativi che
abbiamo appena ricordato, sarà più facile superarle.
Quella
che vedete alle mie spalle è una sezione del bel CD-ROM
realizzato dal CEDE - Centro Europeo dell'Educazione,
nell'ambito delle iniziative della Direzione Generale Istruzione
Elementare del Ministero della Pubblica Istruzione. In questa
sezione del CD-ROM si usa un linguaggio, il linguaggio della
multimedialità, per parlare... di linguaggi, o meglio delle
molte varietà di registri espressivi utilizzabili all'interno
del linguaggio parlato. Possiamo così vedere, ad esempio,
quanto cambi della nostra espressività corporea, mimica, nel
tono di voce, fra una situazione di gioia (qualche istante della
voce 'gioire'), una situazione di timore (qualche istante della
voce 'paventare'), una situazione di esultanza (qualche istante
della voce 'esultare'). Quando impariamo a parlare impariamo
certo un codice, un insieme di regole strutturate - ma impariamo
anche i molti modi diversi in cui possiamo usare questo codice,
intrecciandolo con altri codici espressivi, come quello della
gestualità.
Cosa c'entra tutto questo coi nuovi media e con il
loro uso didattico? Ebbene, occorre capire che questo stesso
intreccio di registri e linguaggi si verifica anche in questo
ambito. Quello che noi chiamiamo in maniera forse un po'
semplificata il 'linguaggio dei nuovi media' o il 'linguaggio
della multimedialità' è in realtà il risultato di un
intreccio di competenze diverse, alcune delle quali hanno a che
fare con forme di espressività lontane dal linguaggio verbale -
forme di espressività sonora e visiva ad esempio. Altre,
invece, hanno a che fare con linguaggi che sono anch'essi
lontani dal linguaggio verbale, ma per motivi diversi: linguaggi
formali, dall'apparenza astrusa, come i linguaggi di
programmazione. Un buon prodotto multimediale è il risultato di
una 'competenza linguistica' che attraversa trasversalmente
tutti questi linguaggi così diversi fra loro, e li integra in
un messaggio compiuto e funzionale. Un compito tutt'altro che
facile - e si può dire forse che stiamo compiendo solo adesso i
primi passi per capire come realizzare bene un'integrazione di
questo tipo.
Gli insegnanti sanno bene come ogni forma di
didattica abbia a che fare con questo intreccio di linguaggi,
codici, registri espressivi diversi. Ma spesso sono
particolarmente spaventati proprio dalle componenti 'tecniche',
specialistiche, di alcuni dei linguaggi dei nuovi media e del
digitale, e in particolare di quelli che abbiamo caratterizzato
come 'linguaggi artificiali'. Quando parliamo di
alfabetizzazione tecnologica, o di alfabetizzazione informatica,
ci riferiamo evidentemente a qualcosa di diverso e più generale
rispetto alla semplice padronanza di questi 'linguaggi
artificiali'. Eppure, proprio come per esplorare un territorio
nuovo o poco conosciuto, un elemento fondamentale è riuscire a
comprendere la lingua del posto, così per padroneggiare - e per
insegnare - l'uso delle nuove tecnologie è indispensabile
riuscire a stabilire, anche in questo terreno, una base di
competenze linguistiche, magari minime.
Nella puntata di oggi ci
soffermeremo dunque su alcuni fra i molti 'linguaggi' delle
nuove tecnologie, e in particolare proprio su alcuni di questi
linguaggi artificiali, quelli che spaventano di più. Ma prima
vorremmo sottolineare l'importanza anche sociale di questo
processo di alfabetizzazione. E' bene capire, infatti, che si
tratta di un processo essenziale per evitare che le
diseguaglianze che già esistono nelle competenze relative
all'uso dei nuovi media e delle nuove tecnologie si trasformino
in gap incolmabili. Gap tra studente e studente, fra insegnante
e insegnante, fra generazioni, fra realtà geografiche e sociali
diverse. L'uso delle nuove tecnologie nella didattica non può
ignorare queste diseguaglianze, come sottolinea in questa
intervista Luciano Gallino, presidente del corso di laurea in
scienze dell'educazione dell'università di Torino.
(Luciano
Gallino) "Se pensiamo che le disuguaglianze, perché questo è il
termine sociologico e sociale da usare, si dissolveranno
automaticamente in presenza delle nuove tecnologie a causa delle
loro potenzialità, commetteremmo un errore che non esiterei a
definire tragico. Perché in questo campo il processo di
differenziazione, che poi diventa disuguaglianza sociale
radicata, è inesorabile. Quindi bisogna contrastare in ogni
modo e fin dall'inizio le disuguaglianze che nascono. Che
nascono sui terreni più ovvi, perché lo scolaro, lo studente
che arriva in una scuola che è finalmente dotata di computer
moderni, di capacità di rete e così via, provenendo da una
famiglia dove fin dalla nascita ha visto e ha giocato con dei
computer, è molto avvantaggiato rispetto allo studente che vede
per la prima volta il computer a scuola. Inoltre lo studente che
ha il computer a casa, quando esce dalla lezione in una classe
elettronica o da una lezione assistita da strumenti multimediali
come si fa ormai in molte scuole che si stanno generalizzando
nelle università, ha la possibilità di rinforzare quelle
conoscenze, quell'apprendimento, di fare esercizio, cosa che chi
non ha l'abbonamento ad Internet, chi non ha la macchina
eccetera, non può fare. Quindi è essenziale che lo sviluppo e
la diffusione dell'informatica nella didattica sia seguito e sia
anche corredato da interventi compensativi per quei soggetti che
per qualche motivo non possono utilizzare come gli altri queste
tecnologie. Altrimenti saremo dinanzi ad una divisione radicale
tra alfabeti tecnologici e analfabeti tecnologici che può
essere una delle più aspre e dure che la storia abbia
conosciuto. Questo vale anche per le differenze tra paesi ricchi
e paesi poveri. Le nuove tecnologie offrono possibilità
impensate ai paesi poveri di avere ad esempio degli strumenti
didattici di primo ordine, perché anche in paesi poverissimi
dove vi sia una linea telefonica almeno qualcuno ha la
possibilità di accedere ai grandi laboratori del mondo, alle
grandi biblioteche del mondo, ai grandi calcolatori del mondo
per fare calcoli che sarebbe inimmaginabile fare sul posto. E
questo a costi bassissimi , ai costi di una telefonata urbana e
poco più. Ma ancora una volta non si può contare sugli
automatismi, perché gli automatismi vorrebbero dire gruppi più
o meno grandi di privilegiati con l'accesso a Internet nei paesi
più poveri del continente nero, ad esempio penso al continente
più povero del mondo, e invece maggioranze che ne sono
escluse."
Necessità di alfabetizzazione, dunque, e di una
alfabetizzazione che tenga conto delle differenze e delle
diseguaglianze esistenti, tentando di colmare gli svantaggi.
Come può concretizzarsi tutto questo sul piano specifico dei
linguaggi? Il discorso, come si è accennato, potrebbe essere
molto generale, e soffermarsi su molti tipi diversi di
competenze linguistiche ed espressive collegate al mondo dei
nuovi media. In questa puntata, tuttavia, vorremmo soffermarci
brevemente su due categorie di linguaggi artificiali che
rivestono un'importanza particolare anche in ambito didattico: i
linguaggi di programmazione, e i linguaggi di marcatura. Due
tipi diversi di linguaggi, che hanno un ruolo fondamentale per
capire da un lato il funzionamento dei computer, dall'altro il
funzionamento e le potenzialità di Internet. Due linguaggi che
spesso fanno particolarmente paura a chi non è proprio
ferratissimo nell'uso del computer.
Ma si tratta davvero cose
così complicate? Cominciamo allora dai linguaggi di
programmazione. Di cosa si tratta? Ebbene, un linguaggio di
programmazione comprende una serie di istruzioni, piuttosto
semplici, che un computer è in grado di capire, e le regole per
utilizzare e combinare fra loro queste istruzioni. Le istruzioni
vengono usate un po' come se fossero le mattonelle del lego:
partendo da queste mattonelle si costruiscono edifici complessi,
ovvero i programmi.
E attraverso i
programmi, spieghiamo al computer come svolgere determinati
compiti; ad esempio, come trasformare la pressione dei tasti
sulla tastiera in lettere che compaiono, in bell'ordine, sul
foglio virtuale rappresentato dallo schermo del computer, e,
volendo, anche sul foglio reale, 'fisico', che esce dalla
stampante.
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