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Benvenuti a
MediaMente. Una puntata, questa, un po' particolare. Come un po'
particolari saranno anche le altre puntate di questa settimana.
Per tutta la settimana, infatti, MediaMente va in onda in
un'edizione speciale, destinata in particolare al mondo della
scuola.
Si tratta di
un'iniziativa che nasce dalla collaborazione fra RAI Educational
e il Ministero della Pubblica Istruzione. Vorremmo, in queste
cinque puntate, cercare di costruire insieme un percorso
attraverso un settore, quello dell'uso delle nuove tecnologie
per la didattica, che può veramente avere conseguenze di enorme
rilievo sul nostro modo di concepire la scuola, l'insegnamento,
i processi didattici e formativi. Si tratta quindi di un campo
di estremo interesse. Un campo in cui, però, esistono anche
resistenze e timori. Resistenze e timori a volte motivati, e
cercheremo di parlarne insieme. A volte, invece, nati
soprattutto dalla scarsa conoscenza delle tecnologie che possono
essere utilizzate, delle modalità e delle conseguenze della
loro introduzione.
Figura 1 - Una
classe degli anni '50 e una degli anni '90
Proprio per
questo, cercheremo in queste puntate di fornire una breve,
rapida introduzione ad alcuni aspetti fondamentali dell'uso dei
nuovi media per l'insegnamento. Queste puntate naturalmente sono
destinate a tutti, e in particolare a studenti e insegnanti. Ma
proprio agli insegnanti vorremmo rivolgerci in maniera più
specifica e diretta. Molto, infatti, dipende da loro, dalla loro
curiosità, dalla loro capacità di comprendere ed indirizzare
l'uso di strumenti che possono sembrare inizialmente complicati
e un po' esoterici, ma che se affrontati con lo spirito giusto
si rivelano in pratica non solo degli aiuti capaci di arricchire
l'esperienza dell'insegnamento, ma anche strumenti divertenti.
Saprete probabilmente che il Ministero della Pubblica Istruzione
ha lanciato un vasto programma triennale per l'informatizzazione
delle scuole - e in queste puntate ne esploreremo insieme le
caratteristiche fondamentali.
Ma prima di
cominciare, vale la pena sentire insieme dal Ministro Berlinguer
quali sono le linee direttrici principali lungo cui si muove, in
quest'ambito, il lavoro del Governo.
Figura 2 - Luigi
Berlinguer
Società
dell'informazione. È una espressione ormai entrata nell'uso
corrente, e sottolinea l'importanza che le nuove tecnologie
dell'informazione hanno assunto negli ultimi anni. In un certo
senso, è una espressione fuorviante: ogni società, presente o
passata, è anche una società dell'informazione. Infatti
sappiamo bene che la comunicazione fra le persone, e dunque lo
scambio reciproco di informazione, fa parte dell'essenza stessa
di una struttura sociale. Ma gli strumenti e le tecnologie usate
per produrre, elaborare, scambiare informazione mutano col
tempo. E insieme a loro muta il volto della società. Questi
mutamenti hanno, per il mondo della scuola, una duplice
importanza. Da un lato infatti la scuola ha fra i suoi compiti
quello di formare individui consapevoli, capaci di comprendere
il mondo che li circonda e di agire al suo interno. Per
raggiungere questo obiettivo è evidentemente necessario che la
scuola fornisca ai propri studenti le competenze, le capacità
necessarie a capire quali sono, e come funzionano, gli strumenti
che vengono utilizzati per raccogliere, gestire, selezionare,
elaborare e comunicare informazione. Strumenti che non sono mai
mere tecnologie, e che in molti casi possono avere un impatto
sociale diretto.
D'altro canto, lo
stesso dialogo didattico fra insegnante e studenti è una forma
di comunicazione, di scambio di informazione: è dunque
anch'esso direttamente coinvolto nell'evoluzione degli
strumenti, delle tipologie, degli stili di comunicazione. La
possibilità di gestire informazione in forme nuove può insomma
modificare, e in molti casi di fatto modifica, anche il modo di
fare scuola, il modo di insegnare. In parte, questi cambiamenti
sono legati alla rivoluzione digitale: l'informazione, infatti,
è sempre più spesso informazione in formato digitale.
Figura 3 - Il
semaforo può essere un buon esempio
per capire il linguaggio digitale
Ma cosa vuol
dire, esattamente, informazione in formato digitale? Il termine
'digitale' rimanda all'inglese 'binary digit', numeri binari, ed
ha a che fare con la possibilità di rappresentare informazione
attraverso lunghe catene di 0 e 1. Come? Beh, pensiamo, per
iniziare, a un semaforo. Un semaforo, come sappiamo, parla un
suo 'linguaggio', ci dice, a modo suo, quando dobbiamo fermarci
e quando possiamo proseguire. Come rappresentare questo
linguaggio attraverso i nostri '0' e '1'? Ebbene, sappiamo che
un semaforo può essere verde, giallo o rosso, oppure può
essere spento: abbiamo quattro possibilità, e sarebbero ancora
di più se volessimo considerare, ad esempio, il giallo
intermittente, o l'evenienza – decisamente pericolosa - di
guasti che facciano accendere insieme la luce verde e quella
rossa. Limitiamoci alle quattro alternative 'verde', 'giallo',
'rosso' e 'spento'. Per rappresentarle, potremo usare due
caselline ciascuna delle quali può contenere solo 0 o 1. In
termini tecnici, due 'bit'. Possiamo pensare a un bit, infatti,
come a una casellina riempita da uno e uno solo dei due valori
'0' e '1'. In questo modo, un bit esprime una scelta binaria,
una scelta fra due alternative. Come rappresentare gli stati del
semaforo con l'aiuto di due bit? Semplice: la combinazione 1-1
potrebbe ad esempio rappresentare il semaforo verde, quella 1-0
il semaforo giallo, quella 0-1 il semaforo rosso, e quella 0-0
il semaforo spento. La rappresentazione attraverso 0 e 1
dell'informazione relativa allo stato di un semaforo è
abbastanza intuitiva, ma in fondo si tratta di un esempio molto
semplice.
Cosa succede
invece quando abbiamo a che fare, ad esempio, con un testo? Come
si fa a rappresentare un testo usando solo degli 0 e degli 1? Lo
strumento per risolvere il problema c'è, e si chiama codifica
binaria dei caratteri. Vediamo meglio di cosa si tratta. Quando
scriviamo un testo, non facciamo altro che mettere uno dietro
l'altro una serie di simboli, normalmente chiamati caratteri. I
caratteri che compongono un testo scritto sono di vario genere:
innanzitutto le lettere dell'alfabeto, che compongono le parole;
poi i segni di interpunzione: la virgola, il punto, e così via;
e infine le cifre, giacché nel nostro testo potrebbero trovarsi
anche dei numeri, ad esempio delle date. Come codificare questi
caratteri? Da una parte abbiamo un insieme di molti simboli
diversi, e dall'altra lo '0' e l'1' utilizzati dal computer.
Ovviamente lo 0 e l'1 da soli non basterebbero a rappresentare
tutti i simboli necessari per scrivere. Ma possiamo usare il
'trucco' già visto nel caso del semaforo: se noi decidiamo di
associare ad ogni carattere non una sola cifra binaria, ma una
sequenza di cifre binarie, ecco che le possibilità di
rappresentare caratteri aumenta.
Supponiamo di
usare una sequenza di otto cellette, otto bit, a ciascuna delle
quali può essere dato il valore '0' o '1'. Potremmo allora fare
una tabella di associazioni di questo tipo:
00000001
corrisponde ad A
00000010 corrisponde a B
00000011 corrisponde a C
00000100 corrisponde a D
e così via.
Bene, per lavorare su dei testi tutti i computer ricorrono a una
tabella di associazioni di questo tipo. In termine tecnico viene
chiamata tavola dei caratteri. La tavola più usata è basata
proprio su otto cifre binarie, otto bit. Le possibili
combinazioni di '0' e '1' nelle otto cellette a nostra
disposizione sono due all'ottava, ovvero 256: potremo allora
rappresentare fino a 256 caratteri diversi. Se non ci credete
provate a scrivere tutte le possibili combinazioni, e a
contarle. Naturalmente per evitare una vera e propria babele, i
costruttori di computer hanno deciso di mettersi d'accordo e di
usare quanto più possibile la stessa tavola di caratteri.
Altrimenti una lettera di amore scritta sul mio computer di casa
correrebbe il rischio di trasformarsi sul computer della mia
fidanzata in un elenco dei personaggi delle Cosmicomiche
di Calvino: Qfwfq PfWfp Kqwgk. La più diffusa di queste tavole
si chiama American Standard Code for Information Interchange. È
questo il famoso codice ASCII che molti di voi avranno già
sentito nominare. Il codice ASCII non è dunque null'altro che
una tabella che associa sequenze di '0' e di '1' a singoli
caratteri.
Grazie al suo impiego, carattere per carattere,
è possibile trasformare un testo
scritto in una lunga sequenza di 0 e di 1, pronta ad essere utilizzata dal computer. E,
viceversa, è possibile trasformare la sequenza di '0' e di '1' su cui lavora il computer
in un testo da leggere sullo schermo, o da stampare.
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