INTERVIEW:
Domanda 1
Partiamo da un'affermazione: il futuro sarà digitale. Si tratta di un'evoluzione dei
modelli educativi e culturali?
Risposta
L'evoluzione, in senso digitale è una certezza. Però distinguerei tra l'evoluzione
rispetto ai modelli della didattica da quelli, direi, più ampi della cultura. Credo che
nella didattica, da una parte, si tenda ad uscire dal testo, quindi anche da quella che è
la metafora del libro: sostanzialmente si tenderà a sfogliare, lo dico un po' in senso
metaforico, il computer; dall'altra si deve uscire in modo deciso dalla metafora del
libro. Ciò che ha un senso molto più ampio di tutto quello di cui stiamo parlando, è
proprio la connessione: le reti, per esempio, danno questa enorme possibilità di
istruzione a distanza, di istruzione collettiva e una sorta di autore collettivo, che
viene contemporaneamente ad essere il tutore e lo studente. Credo che questa sia la grossa
differenza rispetto al libro, che mantiene comunque sempre le caratteristiche di un
rapporto a due. Nella dinamica culturale c'è comunque da tener presente la grande
difficoltà di adattamento a ciò che il futuro digitale, come viene qui chiamato,
propone. Esiste, cioè, un grosso "sbilancio", per usare una parola corrente che
proviene da un etologo, Eibl Eibesfeldt; si tratta di uno sbilancio molto forte, che ci
vorranno generazioni, forse, per colmare, che conta biologia e cultura, due velocità
molto diverse. Credo che la cultura di questo debba tener conto, la didattica forse un po'
meno, poiché può essere più tecnica, forse, a ragionare in termini a breve periodo.
Domanda 2
In che modo il multimedia può esprimere una funzione ancora più attiva, più efficace
per l'apprendimento?
Risposta
Leggere il libro è, specie per le culture come la nostra, forse il modo più ortodosso di
acculturarsi; non credo, tuttavia, che sia mai stato, in realtà, l'unico modo per
ricevere cultura. Quello che noi abbiamo sempre chiamato "l'ambiente" in realtà
è un fatto culturale molto importante. E l'ambiente evidentemente tiene conto del libro,
poggia sul libro. Forse la natura, reale e artificiale insieme, è sempre stata la grande
biblioteca da cui noi abbiamo tratto la nostra cultura, anche quella più semplice direi.
Paradossalmente la multimedialità, intesa come un sistema integrato di codici, di
linguaggi, di media e così via, nei suoi aspetti grammaticali che sintattici, credo sia
più "naturale". E' vero che riduce, in una certa misura, l'importanza centrale
del libro, ma è altrettanto vero che ricostituisce più, a parer mio, l'ambiente naturale
nella sua complessità. Naturalmente questo grande rivolgimento culturale in atto, non
può che poggiare su una sorta di fondamenta "instabile", che presenta, però,
un confine fluido tra quella che è la nostra idea, il nostro concetto storico di natura e
quello di artificio. Sicuramente noi stiamo vivendo l'instabilità di questo confine e
questo provoca delle grosse conseguenze sul piano culturale e anche didattico.
Paradossalmente, però, io credo che, attraverso la multimedialità andiamo verso la
natura.
Domanda 3
Di fronte a questo avanzamento tecnologico, in che termini è possibile ripensare e
rilanciare, per riequilibrare le sorti, la domanda culturale?
Risposta
L'offerta tecnologica poggia su una domanda che, secondo me, è extra culturale, nel senso
che non è la cultura, comunque definita, l'agente principale della domanda di genealogia.
La domanda di genealogia è il mercato, a parer mio. E si tratta di un mercato molto
articolato, che va, da quello "spaziale", per così dire, al mercato
dell'"entertainment"; esse rappresentano due enormi domande di tecnologia,
perché son due mercati di genealogia. Direi che la cultura, sotto questo aspetto, - forse
è una delle prime volte nella storia - rincorre il mercato in questo senso; lo rincorre
in un modo in qualche caso drammatico. Io non sono un ottimista tecnologico, tutt'altro:
vedo l'uso massiccio della tecnologia, la sua "evoluzione" (non uso il termine
di "sviluppo" in senso storico-economico), quasi come una sorta di variabile
lontana, per certi aspetti, della cultura; e vedo la difficoltà, da cui lo
"sbilancio" di cui parlavo prima, di adeguamento su questo punto. Fatte però
queste considerazioni, in qualche misura inquietanti su questo fenomeno, c'è però da
aggiungere che questo grande orizzonte che appare, culturalmente parlando, offre la
possibilità di riscrivere tante cose. Quello che la memoria artificiale ci consente,
dunque, è una sorta di rilettura, per esempio, della nostra storia. Se andiamo a vedere
in passato, contrariamente a quanto si crede, ogni volta che ci sono state delle grandi
invenzioni, anche di pensiero o di codice, si è riletta meglio la storia. Quindi,
paradossalmente, viviamo meglio la storia noi di quelli che l'han vissuta sul piano
dell'informazione, in certi casi. Io credo che il vero problema, oggi, sia capire quale
autonomia possibile, maggiore -deve essere maggiore, sono un militante in questo senso
della tecnologia - si possa dare attraverso le tecnologie digitali, non solo alla gente.
Altrimenti siamo semplicemente degli uomini di marketing. E per non essere solo,
onestamente, degli uomini marketing, dobbiamo porci dei problemi di etica, prima ancora
che dei problemi di estetica. Credo che l'autonomia, nel senso greco, antico del termine,
che è quello di darsi le proprie leggi e di aumentare questa capacità di darsi le
proprie leggi, sia sostanzialmente l'origine della domanda culturale. Altrimenti non ci
sarebbe nessuna ragione di fare l'opera, come ultima tecnologia o la penultima. Le
tecnologie, - se partiamo da quelle moderne, dalle fotografie in poi, per capirci, quelle
basate sulla riproduzione oltre che sulla produzione di linguaggi in modo meccanico - sono
una sorta di avanzamento e nostalgia. Il cinema, per esempio, ha rappresentato
l'avanzamento della fotografia ed ha ripristinato, come è stato detto, la nostalgia
dell'immagine in movimento che la fotografia aveva perso. Credo che le nuove tecnologie,
quelle dell'ibridazione tra le reti e la realtà virtuale che vanno sotto la formula delle
VRML, siano, come è stato detto da Mark Pesce - uno degli inventori di questa formula -
il "desiderio sensuale" (uso le parole di Pesce, le trovo bellissime), di dare
tangibilità ad uno spazio concettuale, ad uno spazio freddo sostanzialmente, che era
quello della realtà virtuale. E' ancora un grosso gioco questo ibrido tra virtualità e
reti che sicuramente rappresenta il ripristino di una possibilità fisica, il corpo, o
qualche attitudine del corpo, qualche flusso di sensi del corpo, di qualcosa che si era, a
mio giudizio, troppo allontanato dalla nostra corporalità.
Domanda 4
Quanto è netta la sproporzione tra l'offerta tecnologica e questa domanda
culturale?
Risposta
A mio avviso si tratta di una sproporzione a "geometria variabile", per usare un
termine della politica comunitaria europea. Sono convinto che nei settori di cui parlavo
prima, già è meno sproporzionata rispetto a qualche previsione, forse, leggermente
negativa. Dove c'è una grossa domanda, si giustificano anche gli investimenti. E'
necessario essere realistici su questo punto. Io credo che con uno sforzo di investimento
molto grosso sul piano della didattica diffusa - penso, per esempio, al sistema scolastico
-, questa sproporzione evidentemente si può ridurre enormemente, a livelli forse non di
ricerca estrema, ma di diffusione della tecnologia. Sono convinto che sulla didattica la
multimedialità fornisca delle possibilità assolutamente impensabili fino a non molti
anni fa, perché, per quanto mi riguarda, la didattica deve essere assolutamente basata
sul dialogo. La multimedialità, lo sappiamo tutti, sarà banale, ma, diciamolo, è un
qualcosa che viene molto accresciuto da questo, diciamo, ambiente e sistema integrato, che
la multimedialità consente. La grossa differenza è che queste possibilità che la
multimedialità offre spiazzano i tutori, quindi i docenti ed anche gli studenti.
Bisognerebbe realizzare subito - o quasi subito - una sorta di didattica applicata, in cui
effettivamente usare i media. Credo che l'unico sistema per affrontare questo problema sia
passare attraverso la concretezza dell'uso dei media. Rispetto a questo io mi chiedo quale
possa essere il ruolo delle arti, non solo di quelle visive, ma delle arti in generale, in
particolare di quelle arti che hanno saputo arrivare ad una sorta di grossa interferenza
con i linguaggi dei nuovi media. Oltre a costruire senso, che credo sia una delle funzioni
storiche delle arti, c'è il grosso nodo di come intervenire sulla sensibilità umana, che
è qualcosa che appartiene alla ricerca in generale, degli uomini, ma sicuramente è di
molto analogo tra la didattica e la ricerca estetica. Credo che ci sia una grossa sfida da
cogliere su questo nodo.
Domanda 5
Può fare un riferimento a "Ars Lab"?
Risposta
"Ars Lab" sono una collezione di mostre; come è stata, per esempio, la mostra
ad Ars Lab "I sensi del virtuale", realizzata a Torino nell'autunno del '95,
questa è una mostra in cui ci si è interrogati sui sensi del virtuale. In altre parole,
ci si è interrogati su che tipo di posto il virtuale assegna a quella che è la
sensibilità umana e ai sensi degli esseri umani. Era un po' il superamento, dopo un'altra
mostra che abbiamo fatto, e altre varie iniziative, in quel senso, in Italia e all'estero,
di quella divisione che è tra l'emozionalità, che appartiene ai linguaggi irrazionali o
estetizzanti da una parte, e la presunta razionalità delle scienze dall'altra.
Domanda 6
"Ars Technica" ha promosso questa mostra. Che cos'è "Ars Technica"?
Risposta
"Ars technica" è un'associazione, con sede a Parigi, nata una diecina di anni
fa a La Cité des Sciences di Parigi, e che ha riunito uno dei primi gruppi europei, in
particolare francesi, essendo in Francia, ma anche molti italiani, di provenienza
culturale e disciplinare molto diversa. Quindi scienziati, tecnologi, autori, artisti.
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