INTERVIEW:
Domanda 1
Non è impressionante poter ricostruire il volto di uomini del passato attraverso le
tecnologie digitali?
Risposta
Sì, è impressionante rivedere il volto degli uomini del passato. Ma quel che più
importa è l'esattezza della ricostruzione. In realtà il principio su cui si basa questa
ricostruzione è abbastanza semplice, nel senso che esiste una corrispondenza,
medicalmente provata, tra le parti dure e le parti molli del viso. Sicché, se si ha un
cranio ben conservato, è possibile ricostruire quanto rimane del volto. Naturalmente
l'interesse di questa ricostruzione concerne soprattutto i personaggi celebri. Così è
stato, per esempio, nel caso di Filippo II di Macedonia, di cui si è trovata la tomba in
Grecia: in essa è stato trovata una salma che, senza ombra di dubbio, è lui. Con questo
metodo si è ricostruito il volto e questo viso è risultato identico sia alle
raffigurazioni che abbiamo di lui, soprattutto nelle monete, sia ai racconti degli antichi
storici. E' stato possibile anche riscontrare la veridicità della notizia, tramandataci
dagli storici antichi, di una cicatrice sul viso a seguito di un colpo di arma da taglio:
questa cicatrice, che aveva inciso sull'osso, è riemersa nella ricostruzione.
Domanda 2
E' molto diffusa anche la ricostruzione di ambienti architettonici e di siti archeologici.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, in che cosa ci può aiutare la realtà virtuale?
Risposta
La ricostruzione virtuale dei monumenti ha naturalmente funzione di conoscenza, ma
soprattutto didattica. Il monumento ricostruito virtualmente, infatti, può essere
studiato nella sua totalità anche se è conservato nella sua parzialità. Naturalmente la
ricostruzione è subordinata a quanto se ne conserva. Non è possibile restituire
virtualmente l'integrità di tutti i monumenti. Anche qui la precisione è totale, perché
esistono delle corrispondenze tecniche tra le parti conservate e le parti decadute o
scomparse e anche qui esistono le narrazioni degli antichi storici o delle fonti
letterarie. Tuttavia va sottolineato il fatto che manca una componente fondamentale, cioè
l'uomo che si muove negli ambienti.
Domanda 3
Quindi Lei concorda con le tesi di Gardin, l'archeologo francese, che ha delineato
un'epistemologia generale dell'informatica umanistica, ritenendo possibile costituire una
nuova epistemologia intorno all'archeologia?
Risposta
Gardin è un vero e proprio genio dell'informatica e, soprattutto, è l'unico che l'abbia
applicata, con metodi avanzatissimi e con esperienze dirette sul campo, all'archeologia.
In sintesi, si può dire che l'avvento dell'informatica costituisce il passaggio dalla
approssimazione all'esattezza. Questa è la grande novità dell'informatica. Noi
ricostruivamo i monumenti del passato, i reperti, gli oggetti, gli ambienti, sempre con
qualche "forse" e qualche "probabilmente". Oggi abbiamo la
possibilità, in tempo reale, di avere dei dati di una precisione straordinaria. Vorrei
dire di più: è l'archeologia che cambia. E' nata come scienza storica, come una scienza
che esplora il passato per ricostruirne la vita, le vicende; ora è diventata una scienza
di frontiera, a metà strada tra l'umanesimo e la tecnologia, con i metodi delle scienze
esatte. L'immagine dell'archeologo che scavava da solo, che andava avventurosamente sui
luoghi appartiene, ormai, ad una visione romantica di questa disciplina. Oggi il lavoro è
svolto da "équipe" tecniche, in cui sono presenti le varie specializzazioni.
Non credo che esista una scienza di frontiera, al convergere dell'umanesimo e della
tecnologia, come è attualmente quella archeologica. L'informatica, comunque, rappresenta
un grande salto di qualità in ogni campo della ricerca scientifica.
Domanda 4
Lei ritiene che tutto questo potrà offrire nuove opportunità di lavoro agli archeologi
o, comunque, a chi lavora nel campo della ricerca umanistica?
Risposta
Dovrebbe offrirle. Naturalmente il problema dell'opportunità di lavoro, è un problema
più vasto e dipende dai Paesi, dalla loro condizione, dalle loro prospettive. Sicuramente
si tratta di una scienza nuova; la varietà delle sue implicazioni, la complessità,
l'originalità possono effettivamente rappresentare dei nuovi sbocchi professionali e di
specializzazione. In alcuni Paesi ci sono più mezzi. In Italia, negli ultimi tempi, il
Consiglio Nazionale delle Ricerche, mantenendo fede alla sua stessa natura, ha avviato,
avvia e sostiene, una serie di imprese dalle varie componenti umanistiche e scientifiche:
tra queste c'è anche l'archeologia.
Domanda 5
Qual è, in sostanza, la Sua opinione su questa nuova, inedita alleanza tra cultura
scientifica e tecnologica e cultura umanistica, soprattutto nel campo dell'informatica,
dove è sempre più evidente questa convergenza?
Risposta
Anzi tutto vorrei dire che l'informatica rappresenta e determina in modo del tutto
naturale e ovvio questa convergenza, dal momento che l'informatica è un metodo di
approccio alla ricerca applicabile a tutte le discipline. Nello specifico, la convergenza
tra umanesimo e tecnologia è un segno del nostro tempo. L'Accademia dei Lincei ne è
un'antesignana, come è dimostrabile attraverso una serie di iniziative sempre più
congiunte tra le due classi dell'Accademia. E così sarà la scienza del futuro: sempre
più interrelata di pari passo con l'aumento delle specializzazioni; in altre parole,
convergeranno sempre più le prospettive, le metodologie. In realtà umanesimo e
tecnologia sono due facce di una realtà unica, ossia la ricerca scientifica.
Domanda 6
Lei pensa anche che una rete come Internet possa giovare alla diffusione della conoscenza
e non essere soltanto un circuito di mero intrattenimento? Per quanto riguarda
l'archeologia, secondo Lei Internet può rappresentare un veicolo in più a disposizione
soprattutto dei giovani ricercatori che, in genere, trovano difficoltà nel reperire
spazio sulle riviste specializzate?
Risposta
Innanzi tutto, ritengo che, probabilmente, la società non si è ancora resa conto di
questa rivoluzione che si sta svolgendo sotto i propri occhi: informare significa
conoscere, vale a dire ottenere in tempo reale quelle informazioni che, fino a poco tempo
fa, si chiedevano per lettera e arrivavano limitate e imperfette. Siamo in un momento di
snodo, di svolta, della ricerca scientifica, perché le tecnologie ci hanno sopravanzato e
le stiamo inseguendo per ricostituire un equilibrio. In effetti la comunicazione del
sapere e dei risultati della ricerca sta assumendo un ritmo talmente vertiginoso che,
torno a dire, ancora non ci rendiamo conto di questo, ma è un momento di trasformazione
profonda verso un futuro che sarà, senza dubbio, diverso e migliore. Resta il problema
dell'utilizzo delle forze umane e della sistemazione dei mezzi per vivere di coloro che
partecipano alla ricerca, un problema grave, particolarmente nel nostro Paese.
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