INTERVIEW:
Domanda 1
Come impostare la riforma della scuola italiana?
Risposta
Il termine usato è molto caro: è quello di tagli, che rimanda al concetto di
mutilazione. È un vincolo culturale molto importante perché è diffuso sul territorio.
Esiste una scuola che paga quasi esclusivamente gli stipendi che sono di bassa entità e
che non investe in altre attività e quindi è un'istituzione non abituata a possedere
fondi da investire in altri settori. Abbiamo avuto una cultura del cambiamento
profondamente inadeguata poiché ha inseguito idee ed obiettivi diversi da qulli discussi
in questa sede. Se si procede ad una semplice pura opera di collazione tra i concetti
espressi qui, che Guido ha definito riformisti, ci si accorge che esistono diversi modi
per definirli ma l'elemento di fondo rimane uno scarto forte rispetto a quelli che sono
stati e sono oggi gli slogan dominanti. Questo fa si che i cambiamenti sono difficili da
attuare proprio in funzione della presenza di questi elementi difformi che costituiscono
quelle forze di pressione politico-culturali che vanno in una direzione diversa.
Domanda 2
Ma qual è la direzione da prendere per riformare davvero il mondo della scuola e della
cultura?
Risposta
L'Italia è afflitta da una malattia costituita dai cosiddetti opinion makers, i quali
discettano di tutto, presumono di sapere tutto, ai quali si rivolgono i giornalisti, i
proprietari dei giornali e che abitualmente scrivono su ogni argomento di pubblica
discussione possedendo pochi strumenti di analisi. Questo avviene grazie al fatto che
molti di loro hanno frequentato il liceo. La intensa memoria nostalgica di una stagione,
di un tempus actum pieno di felicità, ipoteca tutte le idee su quello che succede nella
scuola come ad esempio il problema dell'istituzione o il problema del proprio adeguamento
alla società. Dico queste cose, perché c'è una forte arretratezza culturale ed è una
constatazione che noi dobbiamo riconoscere. Il mio precedente mestiere mi insegna che non
possono attuarsi dei cambiamenti se non esiste una scienza e una cultura alle spalle. Non
è possibile affidare una cultura dei cambiamenti al solo intuito dei politici. La carenza
più grave che avverto in questo convegno è una carenza scientifica e/o culturale. Il
riferimento all'aspetto scientifico spesso è quello legato alle riviste che producono
articoli o saggi saltuari, ma il concetto di scienza al quale rimando deve spostarsi su
altri piani. Parlo del pensiero profondo dell'analisi scientifica e non dell'opinione
della persona intelligente, che costituisce magari un aspetto importante ma non
fondamentale.
Domanda 3
Quali possono essere i primi passi da realizzare?
Risposta
È necessaria la diffusione di punti culturali, di acquisizioni culturali che facciano
opinione, poiché è necessario possedere un opinione prima di diffonderla. Il nostro
compito è quello di spostare l'attenzione culturale sui temi veri, per evitare di trovare
difficoltà in Parlamento, nel governo, nelle finanze, nel mondo degli operatori, nel
mondo degli enti locali e di tutti coloro che oggi rappresentano un'interfaccia essenziale
della vita della scuola. Un ente locale considera più importante avere una scuola, in
ogni piccola frazione, di bassa qualità piuttosto che scuole di alta qualità, poiché
diventa più importante concentrare i ragazzi in un territorio compreso fra i due o tre
chilometri, non certo di quaranta o cinquanta. Questo è il primo punto. Il secondo
aspetto riguarda la difficoltà derivante dal fatto che noi operiamo facendo i conti con
un male tipicamente italiano che è la pubblica amministrazione, perché altri paesi o di
amministrazione elastica o di amministrazione rigida, hanno una pubblica amministrazione
che funziona molto bene. E per pubblica amministrazione non intendo indicare gli
impiegati, ma l'intero apparato dello stato, dei comuni, delle province, delle regioni. In
Italia, la cosa più difficile è cambiare la pubblica amministrazione, forse più
difficile che uscire dal debito.
Domanda 4
Lei cosa propone?
Risposta
Noi abbiamo fatto una prima scelta che vorrei citarvi perché si capisca la sua ragione;
fra tutte le cose che si potevano fare all'inizio del governo sulla scuola, noi abbiamo
privilegiato, sul piano temporale, l'idea di avere una norma che introducesse l'autonomia
della scuola. La vecchiezza della scuola italiana dipende dal fatto che la sua struttura
ereditata al momento della formazione dello stato unitario, l'ha resa impermeabile alle
novità. Cambiare i programmi scolastici avendo come riferimento la struttura precedente
è una impresa enorme.
Domanda 5
E come dovrebbe procedere questa riforma?
Risposta
Il primo punto, dunque, è quello di rendere le scuole autonome. Naturalmente questo non
vuol dire, come qualcuno scioccamente ha scritto, che si insegna soltanto chi è Grazia
Deledda e non si insegna più Dante, Petrarca e Boccaccio. Queste sono sciocchezze. E'
indubbio, tuttavia, che introdurre elementi di elasticità nell'organizzazione didattica e
nei contenuti didattici, significa aprire fortemente le maglie e creare costanti occasioni
di recupero, di aggiornamento, di rilancio, di permeabilità. Questa è stata la prima
scelta. Devo dire che, nonostante l'improba fatica, noi avremo questa legge sull'autonomia
che nella storia istituzionale italiana e della scuola è una grande novità: avremmo
bisogno di una decina di anni per attuarla, per arrivare al massimo. Il percorso, però,
è sicuramente aperto. Abbiamo anche cercato di cambiare l'esame finale, quello che si
chiama di "maturità", e ciò per introdurre elementi di serietà. Io credo
ancora che a scuola si debba anche studiare, è una mia "arcaica" opinione a cui
sono affezionato. E porre nel traguardo dei paletti è sicuramente una leva forte. Inoltre
abbiamo lanciato un programma di introduzione delle tecnologie, e abbiamo voluto aspettare
che ci fossero i soldi. E i finanziamenti ci sono. Non sono soldi 'Cirinopomicinici', per
così dire, di quelli che entrano in un giorno ed escono l'altro e non si trovano mai. E
noi non vogliamo, in questi tre anni di programma, coprire tutto; copriamo tutte le
quindicimila scuole ma non certamente tutte le classi di ogni scuola. Tuttavia, già ci
sono tremila cinquecento scuole collegate in rete per loro iniziativa. Noi siamo sicuri
che alla fine del triennio gli strumenti saranno in possesso di tutte le classi, ed io
spero che le imprese capiscano che devono diminuire i costi grazie a questa forte
immissione di domanda.
Domanda 6
Quali problemi dovranno affrontare gli insegnanti?
Risposta
Molti giornalisti scrivono che gli insegnanti sono dei cretini, sono degli ignoranti e
così via. Questo non è vero più di quanto non lo sia per tante altre professioni; io
conosco dei medici che fanno un grave danno alla salute pubblica, ma ne conosco anche di
capaci, conosco degli avvocati che perdono le cause, ingegneri che progettano edifici che
crollano. Certo, gli insegnanti sono pagati male e sono amareggiati, non sono stati
abituati ad aggiornarsi costantemente; però io sono convinto che questa 'iniezione' di
tecnologia eserciterà una funzione molto importante anche per quanto riguarda la
professionalità degli insegnanti. Mi è sufficiente, comunque, che in ogni scuola ci sia
un piccolo drappello di persone che si muovano, perché un forte elemento di emulazione è
dato dall'introduzione delle nuove tecnologie nella scuola, e sollecita la domanda
studentesca. Ho avuto la proposta anche in sede parlamentare che questi fondi venissero
stornati nuovamente e restituiti per aumentare il numero delle classi che saranno
soppresse perché inutili in questi mesi. Ho tenuto duro perché vogliamo investire nella
qualità della scuola e non nella sua eccessiva diffusione sul territorio; ci sono anche
zone di sofferenza, però questo è un altro problema. In ogni caso, ripeto,
l'introduzione delle nuove tecnologie nella scuola italiana avrà importanza anche per
quanto riguarda gli insegnanti.
Domanda 7
E per quanto riguarda la riforma dei cicli scolastici?
Risposta
La riforma dei cicli scolastici è un obiettivo molto importante da raggiungere. Noi,
sperimentalmente, dal '97 - '98 e, ad ordinamento, dal '98 - '99, cambieremo tutti i
bienni della secondaria superiore, con decreto senza legge e avvieremo l'accorpamento dei
trienni. Riformiamo l'attuale scuola secondaria superiore, in attesa di realizzare quello
che abbiamo chiamato la scuola secondaria di sei anni nel quadro della legge di riforma
dei cicli; noi ci teniamo che sia di sei anni, perché l'allungamento della secondaria
introduce in essa forti elementi di flessibilità, come la possibilità di cambiare
indirizzo nei primi anni a seguito di un'opera di orientamento curriculare e non -
sottolineo - propagandistico. Credo che in questa prospettiva di cambiamento l'insegnante
divenga l'organizzatore, l'animatore dell'intelligenza collettiva, e aggiungo che al
rinnovamento della scuola occorre una cultura non testuale ma reticolare. L'apprendimento
è costantemente in fieri e non è necessario gerarchizzare i programmi rigidamente come
è stato fatto fino ad adesso e che si può operare il salto.
Domanda 8
Cosa si intende per "classi elastiche"?
Risposta
Le classi rigide oggi hanno fatto il loro tempo. Abbiamo scritto, nella legge sulla
autonomia, che la rigidità sia del numero di studenti in classe, sia dell'orario e dei
programmi non esisterà più e che le scuole organizzeranno classi elastiche: gli studenti
cambieranno classe a seconda del tipo di insegnamento. L'introduzione delle tecnologie è
fondamentale a questo progetto perché consente interattività con sussidi didattici,
tecnologici che permettono al docente di svolgere una funzione diversa rispetto a quella
tradizionalmente esercitata. Sono stato ad Amsterdam, alla riunione del Consiglio dei
Ministri Europeo sulle tecnologie dell'educazione; si è discusso a lungo su questo tema,
e ho colto, in paesi che sono più avanti di noi per quanto riguarda l'introduzione delle
tecnologie, una preoccupazione: l'idea che attraverso questi strumenti possa sparire la
figura dell'insegnante. Questa idea è profondamente sbagliata. Il rapporto tra docente e
discente è un rapporto impari, e tale rimane, perché è il docente a trasmettere la
conoscenza. Per sostenere questa tesi sono costretto a difendermi citando il vecchio
Antonio Gramsci, il quale sosteneva che esiste un elemento di autorità nell'insegnamento
che va conservato, e guai!, a perderlo. Oggi, questo elemento, attraverso l'alta forma di
socializzazione che le tecnologie introducono, attenua questo elemento di autorità,
conserva l'autorevolezza se l'insegnante la guadagna; tuttavia, conferisce maggiore
efficacia al messaggio e all'insegnamento. Noi dovremo cercare di farlo capire agli
insegnanti, e ciò non sarà facile perché ci saranno inevitabili elementi di resistenza
che dipenderanno dal fatto che l'apprendimento delle tecnologie da parte dei ragazzi è
molto più veloce, ed essendo veloce essi accedono a fonti di conoscenza più elevata di
quella dello stesso insegnante. Si rischia di accentuare il processo di crollo del
principio di autorità che oggi è dilagante nella famiglia: i figli comandano noi
genitori e anche nella scuola si sta verificando ciò. C'è, però, un elemento molto
positivo in tutto ciò, offerta dalla grande potenzialità del multimediale.
Domanda 9
Come, dunque, si dovrebbe configurare la scuola "nuova" che Lei propone?
Risposta
Il problema è quello dell'equilibrio da trovare fra il momento curriculare in qualche
misura definito, sia pure attraverso obiettivi e non programmi, e la capacità di andare
oltre, di allargare le fonti di informazione. Il rischio è che in questa scuola non
abituata alla flessibilità, assolutamente non abituata all'autogoverno e abituata ai
libri di testo, ai manuali, alle interrogazioni, operazioni come quelle di una
interconnessione continua e di una socializzazione curriculare e non soltanto
dopo-scolastica, possono risultare difficili da accettare. Oggi qualcuno è entusiasta del
fatto che si apprenda attraverso forme di socializzazione extra-scolastiche, che i ragazzi
abbiano del tempo più lungo a scuola per organizzarsi una parte della giornata scolastica
come vogliono loro. Io credo molto a queste forme di educazione alla responsabilità e
anche di "sfogo", che è estremamente importante per i ragazzi. Noi dobbiamo
dare importanza a questo aspetto e alla possibilità di sfruttamento delle tecnologie per
la loro sostanza innovativa non soltanto come neutro strumento, ma proprio per la novità
del linguaggio e di tutto l'apparato di opportunità che offrono: per gli elementi di
socializzazione curriculare, cioè di apprendimento 'insieme', di interlocuzione continua.
Internet è anche uno strumento importante contro la dispersione scolastica, contro la
caduta dei meno capaci, contro gli elementi di emarginazione che dentro la scuola sono
fortissimi per quelli che non hanno l'ausilio della famiglia acculturata, di una base
culturale di fondo e del reddito necessario per poter accedere a queste nuove tecnologie.
Io sono convinto che questa impostazione sia quella giusta, e per questa ragione si
richiedono sussidi didattici adeguati, e bisogna che si producano questi sussidi
didattici. Non si può arrivare in ritardo nella produzione dei contenuti dei sussidi
didattici, non si può dare agli studenti soltanto la macchina. Quindi, abbiamo bisogno
anche di cultura, di produzione scientifica. E questo aspetto non lo può curare il
Ministero, come scriveva qualcuno, che si voleva che io scrivessi i manuali di testo. La
cultura la devono produrre i liberi pensatori e i competenti di ogni materia. Anche in
questo caso ci saranno le adozioni: saranno le scuole ad adottare il testo A invece del
testo B, perché a quel professore piace più un testo e non un altro. Come abbiamo
scritto nello Statuto, in questo caso gli studenti avranno voce in capitolo nella scelta
del testo. Io ho cambiato libri di testo come professore perché gli studenti mi hanno
detto: "Professore, noi non ci capiamo niente in quel libro, perché ce lo fa
studiare?". Per concludere, noi vogliamo disegnare una scuola molto elastica.
L'ambizione è molto elevata, non so se ce la faremo: è la scuola in grado di fare la
concorrenza alle agenzie educative che stanno fuori di essa, che oggi sono preminenti, e
che sono, prevalentemente, le televisioni. Anzi, con il moltiplicarsi delle possibilità
comunicative - la comunicazione non avverrà più soltanto via etere -, si aprono
prospettive di un rapporto interattivo tra la scuola, gli strumenti di comunicazione di
massa e media molto migliori del passato. Prima c'era il monopolio dell'elettrodomestico
via etere, la baby sitter dominante nelle case: la televisione. Questa è la concorrenza
grave, e la famiglia è impotente nei confronti di questo elettrodomestico. La scuola può
fare concorrenza. Noi siamo intenzionati, con questa operazione, ad aprire una spirale di
iniziative che elevi il tasso di concorrenzialità e questo sarà possibile se la cultura
italiana produrrà sussidi didattici multimediali forti, dentro la cultura dei video game,
dentro la cultura di un rapporto attivo e partecipato. Naturalmente, noi vogliamo un
tavolo, una tastiera a due piazze nella scuola: una per digitare, l'altra per leggere il
libro, o per scrivere il compito. Si può anche scrivere con la tastiera, ma scrivere. Un
altro elemento è quello di evitare che tutto questo faccia sparire dalla cultura, dalla
scuola, dalle forme di apprendimento il vecchio libro, perché non siamo ai tempi
gutenberghiani, non si abbandona effettivamente il manoscritto. Non ho la più pallida
idea di cosa sarà il libro domani, ma certamente oggi è molto importante che il
messaggio che noi vogliamo dare sia quello di un equilibrio forte fra questi due
strumenti: il libro e la nuova tecnologia digitale.
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