Sprofonda
nel Blu l'asta per l'Umts
Con
il ritiro di Blu l'asta è chiusa, le cinque
licenze Umts vengono assegnate ai cinque
concorrenti rimasti in gara (Omnitel, Wind,
Andala, Tim e Ipse) e il governo incassa la
metà del previsto. Il Presidente del
Consiglio Giuliano Amato, dopo ore di
discussione col Comitato dei ministri e di
consulti con gli esperti giuridici della
Presidenza, deve rinunciare a rimettere in
discussione l'asta per i problemi che ne
conseguirebbero sul bilancio, in quanto i 20
mila miliardi della gara sono già stati
inseriti nella Finanziaria 2001. Il Comitato
ha comunque deciso l'esclusione di Blu,
intende rivalersi sul deposito cauzionale di
4 mila miliardi e varerà un'azione legale
per il risarcimento dei danni subiti.
Secondo il Comitato, infatti, la rinuncia di
Blu appare "irrituale e comunque
inidonea a precludere il potere del Comitato
di escludere la società stessa per la
reiterata violazione degli obblighi di
riservatezza". I rappresentanti di Blu,
infatti, avevano comunicato ieri al
responsabile dell'asta Giorgio Guidarelli
una dichiarazione di rinuncia alla
prosecuzione, fattispecie non prevista dal
regolamento della gara. Sull'accaduto
infuriano le polemiche dei politici e si
moltiplicano le analisi e i commenti dei
quotidiani. "È un'anomalia o una
singolarità?" - si domanda Franco
Debenedetti sulle pagine del Sole 24 Ore -
di fronte "al paradossale esito della
gara". "Anomalia è certamente se
si guarda al prezzo. Che è risultato
inferiore a quelli inglese, tedesco e
francese sia in valore assoluto sia in
riferimento al numero degli abbonati…
Anomalia è se si guarda allo svolgimento
della contesa: che un concorrente abbandoni
la gara a un prezzo appena del 10 per cento
superiore a quello di ingresso è una cosa
al limite dell'assurdo". Luigi La
Spina, sulla Stampa sostiene che il Comitato
dei ministri ha optato per il male minore:
"per la credibilità (residua) dello
Stato: come si sarebbe potuto giudicare un
arbitro che, dopo aver fissato le regole del
gioco, avesse fatto rifare la partita
perché il risultato non gli garba?",
per le aziende e gli azionisti "cui
sarebbe stato sottratto un buon affare,
legittimamente e correttamente
conquistato" e per i "principi di
libertà del mercato, tanto facili da
enunciare… e tanto difficili da
applicare". Massimo Riva sulla
Repubblica ipotizza che la vicenda debba
interessare "la magistratura, che
potrebbe trovare più di una ragione per
verificare se la sconcertante defezione di
Blu, subito dopo i primi minimi rilanci, non
configuri una fattispecie penale
assimilabile alla turbativa d'asta".
L'ipotesi è condivisa anche da Galapagos,
editorialista del Manifesto, il quale
aggiunge, tuttavia, che "il ministero
delle Comunicazioni avrebbe dovuto
sospendere la gara". Guido Gentili,
autore dell'editoriale del Corriere della
Sera, sottolinea, inoltre, che "la
brutta pagina è appesantita dal fatto che
il governo era presente anche lui, con il
Tesoro, ai nastri di partenza della gara. In
Wind, controllato dall'Enel; in Tim, che fa
capo a Telecom di cui il Tesoro possiede il
3,46 per cento; in Blu, dove figura Italgas,
controllata dall'Eni". Dura la critica
al governo da parte di Mario Baldassari,
commentatore per il Messaggero, secondo il
quale sin dall'inizio, cioè dalla scelta
della formula della licitazione privata e
dalla decisione di non ridurre a quattro il
numero delle licenze per evitare il rischio
di una rapida chiusura, "tutta la
vicenda è stata gestita in modo pasticciato
e contraddittorio". Egli disapprova il
tentativo di "scaricare le colpe sul
consorzio Blu", che "ha ritenuto,
del tutto legittimamente, di uscire dalla
gara", e la conseguente escussione
della fideiussione. Secondo l'economista
Renato Brunetta, che commenta la vicenda su
Libero, "per l'assegnazione delle
frequenze Umts il governo italiano si è
mosso tardi rispetto a quelli degli altri
paesi europei" e ha dovuto "fare i
conti con la debolezza economica dei
partecipanti all'asta, i quali fanno quasi
tutti riferimento a grossi gruppi europei,
già dissanguati dalle aste degli altri
Paesi". A rimetterci saranno i
cittadini "i quali riceveranno
trenta-quarantamila miliardi in meno, o
sotto forma di maggiore debito pubblico… o
sotto forma di minori beni di pubblica
utilità". "Ancora una volta"
- conclude - "l'Italia fa la figura di
un Paese da operetta". Sferzante anche
Mario Giordano sul Giornale contro
"questo tendone da sagra paesana che
qualcuno ha chiamato coraggiosamente asta:
doveva mostrare le meraviglie della new
economy, esibisce sempre invece la solita
Italia tutta caciotta&pecorino".
"Lo sapevano tutti, fin dalla partenza
che organizzare l'asta in questo modo, con
cinque licenze e sei partecipanti, era
pericolosissimo: bastava che uno dei sei
scivolasse su una buccia di banana fuori dal
ministero per far saltare tutto. Tanto più
che Blu già era barcollante prima del via e
Cardinale di certo non lo ignorava. Perché
allora non è corso ai rimedi? Perché non
ha ridotto il numero delle licenze?"
Anche per il Foglio, infine,
"l'insuccesso clamoroso della gara per
l'Umts è un capolavoro di insipienza, il
cui responsabile è senza dubbio il ministro
delle Comunicazioni Salvatore Cardinale…
Dall'asta italiana si è ricavato un quarto
di quella tedesca, un terzo di quella
britannica… Le conseguenze sono pesanti,
sia sul bilancio dello Stato sia sulla
credibilità in sede europea, dove era stato
garantito che quelle entrate sarebbero state
impiegate a riduzione del debito".