Roma, 24 Ottobre 2000
Sprofonda nel Blu l'asta per l'Umts

 

Per approfondire queste tematiche nella nostra biblioteca digitale vai a:


 

Sprofonda nel Blu l'asta per l'Umts

Con il ritiro di Blu l'asta è chiusa, le cinque licenze Umts vengono assegnate ai cinque concorrenti rimasti in gara (Omnitel, Wind, Andala, Tim e Ipse) e il governo incassa la metà del previsto. Il Presidente del Consiglio Giuliano Amato, dopo ore di discussione col Comitato dei ministri e di consulti con gli esperti giuridici della Presidenza, deve rinunciare a rimettere in discussione l'asta per i problemi che ne conseguirebbero sul bilancio, in quanto i 20 mila miliardi della gara sono già stati inseriti nella Finanziaria 2001. Il Comitato ha comunque deciso l'esclusione di Blu, intende rivalersi sul deposito cauzionale di 4 mila miliardi e varerà un'azione legale per il risarcimento dei danni subiti. Secondo il Comitato, infatti, la rinuncia di Blu appare "irrituale e comunque inidonea a precludere il potere del Comitato di escludere la società stessa per la reiterata violazione degli obblighi di riservatezza". I rappresentanti di Blu, infatti, avevano comunicato ieri al responsabile dell'asta Giorgio Guidarelli una dichiarazione di rinuncia alla prosecuzione, fattispecie non prevista dal regolamento della gara. Sull'accaduto infuriano le polemiche dei politici e si moltiplicano le analisi e i commenti dei quotidiani. "È un'anomalia o una singolarità?" - si domanda Franco Debenedetti sulle pagine del Sole 24 Ore - di fronte "al paradossale esito della gara". "Anomalia è certamente se si guarda al prezzo. Che è risultato inferiore a quelli inglese, tedesco e francese sia in valore assoluto sia in riferimento al numero degli abbonati… Anomalia è se si guarda allo svolgimento della contesa: che un concorrente abbandoni la gara a un prezzo appena del 10 per cento superiore a quello di ingresso è una cosa al limite dell'assurdo". Luigi La Spina, sulla Stampa sostiene che il Comitato dei ministri ha optato per il male minore: "per la credibilità (residua) dello Stato: come si sarebbe potuto giudicare un arbitro che, dopo aver fissato le regole del gioco, avesse fatto rifare la partita perché il risultato non gli garba?", per le aziende e gli azionisti "cui sarebbe stato sottratto un buon affare, legittimamente e correttamente conquistato" e per i "principi di libertà del mercato, tanto facili da enunciare… e tanto difficili da applicare". Massimo Riva sulla Repubblica ipotizza che la vicenda debba interessare "la magistratura, che potrebbe trovare più di una ragione per verificare se la sconcertante defezione di Blu, subito dopo i primi minimi rilanci, non configuri una fattispecie penale assimilabile alla turbativa d'asta". L'ipotesi è condivisa anche da Galapagos, editorialista del Manifesto, il quale aggiunge, tuttavia, che "il ministero delle Comunicazioni avrebbe dovuto sospendere la gara". Guido Gentili, autore dell'editoriale del Corriere della Sera, sottolinea, inoltre, che "la brutta pagina è appesantita dal fatto che il governo era presente anche lui, con il Tesoro, ai nastri di partenza della gara. In Wind, controllato dall'Enel; in Tim, che fa capo a Telecom di cui il Tesoro possiede il 3,46 per cento; in Blu, dove figura Italgas, controllata dall'Eni". Dura la critica al governo da parte di Mario Baldassari, commentatore per il Messaggero, secondo il quale sin dall'inizio, cioè dalla scelta della formula della licitazione privata e dalla decisione di non ridurre a quattro il numero delle licenze per evitare il rischio di una rapida chiusura, "tutta la vicenda è stata gestita in modo pasticciato e contraddittorio". Egli disapprova il tentativo di "scaricare le colpe sul consorzio Blu", che "ha ritenuto, del tutto legittimamente, di uscire dalla gara", e la conseguente escussione della fideiussione. Secondo l'economista Renato Brunetta, che commenta la vicenda su Libero, "per l'assegnazione delle frequenze Umts il governo italiano si è mosso tardi rispetto a quelli degli altri paesi europei" e ha dovuto "fare i conti con la debolezza economica dei partecipanti all'asta, i quali fanno quasi tutti riferimento a grossi gruppi europei, già dissanguati dalle aste degli altri Paesi". A rimetterci saranno i cittadini "i quali riceveranno trenta-quarantamila miliardi in meno, o sotto forma di maggiore debito pubblico… o sotto forma di minori beni di pubblica utilità". "Ancora una volta" - conclude - "l'Italia fa la figura di un Paese da operetta". Sferzante anche Mario Giordano sul Giornale contro "questo tendone da sagra paesana che qualcuno ha chiamato coraggiosamente asta: doveva mostrare le meraviglie della new economy, esibisce sempre invece la solita Italia tutta caciotta&pecorino". "Lo sapevano tutti, fin dalla partenza che organizzare l'asta in questo modo, con cinque licenze e sei partecipanti, era pericolosissimo: bastava che uno dei sei scivolasse su una buccia di banana fuori dal ministero per far saltare tutto. Tanto più che Blu già era barcollante prima del via e Cardinale di certo non lo ignorava. Perché allora non è corso ai rimedi? Perché non ha ridotto il numero delle licenze?" Anche per il Foglio, infine, "l'insuccesso clamoroso della gara per l'Umts è un capolavoro di insipienza, il cui responsabile è senza dubbio il ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale… Dall'asta italiana si è ricavato un quarto di quella tedesca, un terzo di quella britannica… Le conseguenze sono pesanti, sia sul bilancio dello Stato sia sulla credibilità in sede europea, dove era stato garantito che quelle entrate sarebbero state impiegate a riduzione del debito".