Seat-Tmc: il Tar sospende il verdetto dell'Authority

In prima pagina sui principali quotidiani la sentenza del Tar sul caso Seat-Tmc. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sospeso la decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che lo scorso 17 gennaio aveva vietato l'acquisto di Telemontecarlo da parte di Seat, poiché quest'ultima è controllata da Telecom e, secondo la legge, chi opera nel settore delle telecomunicazioni non può possedere un'emittente televisiva. Il Tar, che si pronuncerà sulla legittimità dell'operazione il prossimo 28 marzo, ha per il momento rilevato che Telecom non è più concessionaria del servizio pubblico di telefonia dunque potrebbe procedere all'acquisto, sempre che per l'Antitrust esso sia compatibile con la libera concorrenza. L'Authority per le comunicazioni potrebbe, a questo punto, presentare ricorso al Consiglio di Stato. Sul verdetto del Tar gli schieramenti politici si dividono: aspre critiche dal Polo, soddisfazione nell'Ulivo. 
Di vario tenore anche i titoli dei giornali, da "Il Tar riaccende la tv" del Manifesto a "In Italia comanda il Tar. Riparte la tv della sinistra" di Libero
In prima pagina sulla Repubblica Massimo Riva si sofferma sul conflitto tra poteri: "Da una parte, c'è l'Autorità delle telecomunicazioni la quale in sostanza dice: me ne infischio che la Telecom-Seat oggi abbia una licenza e non più una concessione, di fatto nella telefonia essa gode ancora di riserve monopolistiche, dunque le nego l'autorizzazione ad entrare nel settore televisivo. Dall'altra parte, c'è l'Autorità antitrust, la quale ha vagliato il caso ed ha emesso una pronuncia favorevole all'accordo Seat-Tmc, pur ponendo una lunga serie di rigide condizioni… In mezzo ci sta il Tribunale amministrativo, il quale sostiene che non spetta all'Autorità del professor Cheli giudicare su che cosa sia o no monopolio". Anche per il Messaggero è in atto uno scontro istituzionale "come non si era ancora visto da quando le due Autorità, per la concorrenza quella di Giuseppe Tesauro e, per le comunicazioni quella di Enzo Cheli, sono nate. In dieci anni, insomma, è la prima volta che le competenze dell'una e dell'altra vengono messe alle corde in un modo così evidente. Ed è proprio il Tar ad aver innescato la scintilla". 
"Copione all'italiana" è il titolo dell'editoriale del Sole 24 Ore. "Il caso Seat-Tmc è l'ennesima dimostrazione di un antico male italiano: una regolamentazione antiquata, concepita guardando troppo agli equilibri contingenti e scritta in modo che la sua applicazione non possa far altro che buttare benzina sul fuoco delle polemiche" - scrive Marco Onado - "Questo vizio di fondo si innesta su mali ancora più antichi: l'ipertrofia delle norme e il loro eccessivo grado di prescrittività, retaggio della cultura del controllo pubblico dell'economia e dunque della prevalenza dell'autorità centrale sulle forze di mercato". 
Alla vicenda il Giornale dedica un breve corsivo intitolato "Si può provare con la monetina": "Telecom è diventata un licenziatario. Quindi può acquistare Telemontecarlo. Ma resta un monopolista, come quando era un concessionario. Quindi non può acquistare Telemontecarlo. L'Authority per le tlc, forte di questa interpretazione, dice no all'operazione. L'Antitrust dice nì. Il Tar dice sì. Anzi, no: dice no al no dell'Authority". La conclusione è che siamo "ingarbugliati in un Paese che garantisce tutto e tutti tranne la certezza del diritto". 
"Merita un giudizio favorevole la sospensiva decretata dal Tar del Lazio al no verso l'operazione Seat-Tmc pronunciato dall'Autorità per le comunicazioni" - scrive il Foglio - "un supplemento di esame impedirà a ciascuna delle parti in causa, e anche alla politica, di ridurre al muro contro muro una questione che è invece molto importante… In gioco c'è la possibilità di consentire anche in Italia quegli incroci multimediali che nei mercati avanzati sta diventando la regola". 
La Stampa
intervista il ministro dell'Industria Enrico Letta secondo il quale la sentenza "mette in luce che in campo televisivo c'è un duopolio basato sulla Rai e su Mediaset" e "un conflitto di interessi… che blocca la strada che porta alla creazione di un mercato più aperto". Letta osserva che "l'imprenditore Berlusconi ha una posizione dominante nella televisione ma ha anche una presenza (non importa di quale peso) nelle telecomunicazioni. Ma il politico Berlusconi si batte contro la possibilità di un'azienda di telecomunicazioni di entrare nella televisione" e conclude che "la situazione oggi è troppo confusa" per poter pensare di modificare la legge Maccanico.

Ossa biotech coltivate in laboratorio 

Sono riusciti i primi sette interventi chirurgici in cui sono stati impiantati, su altrettanti pazienti, ossa coltivate in laboratorio a partire da cellule staminali prelevate dai malati stessi. I degenti (un italiano, uno svizzero e cinque russi), uno operato all'istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, gli altri all'istituto ortopedico di Ekaterinburg, stanno bene. Le ossa biotech sono state coltivate in Italia nel Laboratorio di ingegneria dei tessuti dell'Istituto tumori di Genova diretto dal professor Ranieri Cancedda e i risultati ottenuti sono stati pubblicati sul "New England Journal of Medicine". Le cellule staminali vengono prelevate dal midollo del paziente e coltivate con fattori di crescita in grado di moltiplicarle e indirizzarne lo sviluppo. Quindi, vengono inserite in uno scheletro poroso di materiale ceramico compatibile con l'organismo che, per dimensioni e forma, si adatta alle caratteristiche delle lesioni da riparare. Successivamente l'osso biotecnologico viene impiantato nel paziente, dove continua il processo di crescita. Nel corso degli anni il materiale ceramico viene degradato e diviene parte dell'osso. Sul Messaggero e sulla Stampa.

Francia: bufera sull'Umts 

L'asta bandita dal governo francese per l'assegnazione delle licenze Umts (Universal mobil telecommunications system), la telefonia cellulare di terza generazione, va deserta. Solo due concorrenti hanno depositato un'offerta per ottenere una delle quattro concessioni. Si tratta dell'ex monopolista France Télécom (il cui azionista di maggioranza è ancora lo Stato) e di Sfr, del gruppo Vivendi Universal. Tra i probabili motivi del fallimento della gara, primo passo falso dell'amministrazione Jospain, l'elevato prezzo di partenza (32,5 miliardi di franchi pari a quasi 9600 miliardi di lire) e la durata quindicennale della concessione, un tempo di sfruttamento ritenuto troppo breve per consentire una sufficiente redditività. Jean-Michel Hubert, presidente dell'Art, l'autorità di controllo del settore telecomunicazioni, ha annunciato, e il ministro dell'Economia Laurent Fabius ha confermato, che il governo farà appello a ulteriori candidature per favorire, nello spirito delle direttive europee, la concorrenza. In evidenza sul Sole 24 Ore e sul Manifesto.

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