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Gli studi non finiscono mai

Il percorso didattico e formativo negli ultimi anni è andato via via allungandosi tanto da rendere pressoché inevitabile la partecipazione di un neolaureato o neodiplomato ad un master. La frequentazione diventa poi indispensabile quando si vuole accedere al nuovo mercato del lavoro generato da Internet e dalle nuove tecnologie. Ne parliamo con Mattia Losi, Chief Content Officer de Il Sole 24 Ore e Net Web, la Internet company de Il Sole 24 Ore

L'iter scolastico e formativo si è allungato, e, dopo la laurea, per accedere a molte professioni, è diventato indispensabile frequentare un master. Questa tendenza è generata dal fatto che il mondo scolastico ed accademico è in affanno rispetto alle esigenze del mondo del lavoro e dall'altro i master vengono spesso utilizzati dalle aziende per allungare il percorso di selezione dei candidati. È così?

Rispetto a qualche anno fa il master è diventato non più un plus, ma quasi un'integrazione necessaria degli studi, soprattutto nei settori legati alle nuove tecnologie e alle discipline economiche. Secondo me, il master tra l'altro è diventato indispensabile da quando le aziende hanno avuto la necessità di fare selezione in modo più approfondito. Credo che negli ultimi anni l'obiettivo principale sia stato proprio di avere la possibilità di controllare, nel senso buono del termine, al meglio i futuri dipendenti, cioè capire se effettivamente sono adatti a svolgere un determinato lavoro all'interno dell'azienda.

Da questo punto di vista il master rappresenta è un'occasione per farsi conoscersi dalle aziende?

Sì direi di sì. Le aziende in effetti hanno la possibilità di capire se una persona ha effettivamente quelle caratteristiche che con un semplice colloquio si possono soltanto intravedere. Nell'ambito di un master, invece, si ha la possibilità di capire in modo più chiaro quali sono le peculiarità delle persone con le quali poter lavorare.

Che differenza tra i master pubblici organizzati in collaborazione con le università e master privati organizzati invece dalle aziende private?

Secondo me, la distinzione da fare non è tra pubblico e privato, ma tra master fatti bene e quelli fatti male. Questo criterio vale sia per il settore pubblico che per il privato. Perché un master sia di buona qualità bisogna valutare principalmente i docenti: bisognerebbe prediligere docenti con esperienze pratiche, cioè che abbiano effettivamente sperimentato sul campo le cose che raccontano in aula. Altrimenti, il tutto si riduce ad una semplice serie di esposizioni che poi dal punto di vista pratico non ti porta quasi nulla.

Quanto dura mediamente un master generalmente?

Assolutamente variabile in quanto dipende dal tipo di approfondimento: un anno, due anni a seconda delle caratteristiche che vengono richieste come formazione al termine del percorso di studio.

Partecipare ad un master può essere una garanzia per trovare lavoro?

Non può dare garanzie in assoluto, ma è sicuramente una marcia in più.

È molto costoso partecipare ai master?

Mediamente sì: andiamo dai 15-20 milioni fino ad oltre 50 milioni per i master più rinomati delle grandi università americane. L'aspetto economico può tagliare fuori molte persone, però è un investimento quasi sicuro per il futuro. Quando arrivi a frequentare master di quei livelli l'inserimento nel mondo del lavoro è pressoché automatico.

Non può essere forse sufficiente, o quantomeno più diretto per inserirsi in una realtà lavorativa, un periodo di stage in azienda rispetto ad un master?

Credo con estrema sincerità che valgano entrambe le cose: i master vengono utilizzati da parte delle aziende soprattutto per fare selezione, cioè per conoscerne al meglio i candidati; anche un periodo come stagisti all'interno di un'azienda può offrire delle ottime possibilità. È chiaro che il master resta nel curriculum vitae, però sinceramente non credo che questo incida più di tanto sulle possibilità di sviluppo della carriera. La carriera si fa in base a criteri completamente diversi, non perché hai frequentato un master: devi dimostrare la tua capacità all'interno dell'azienda per la quale lavori.

In ogni caso, pare che l'università si stia svegliando da questo punto di vista.

È vero, ma siamo ancora ben lontani dalla situazione ideale nel senso che le nostre università continuano a sfornare dei laureati in discipline per le quali poi non troveranno un posto di lavoro. Non so se in questo momento in Italia abbiamo bisogno di tutti i medici che continua a sfornare l'università o di tutti i laureati in Lettere moderne e Lettere antiche. Probabilmente avremmo bisogno più di professioni tecniche.

Se ci sono così tante professionalità richieste, perché non si indirizzano gli studenti verso queste professioni?

Perché non abbiamo ancora la mentalità per capire quali sono le professioni del futuro; non viviamo in una società che ci indirizza in modo chiaro verso le professioni del futuro. La struttura universitaria è ancora impostata con criteri assolutamente tradizionali: ci sono poche realtà di punta mentre la massa dell'università italiana è di tipo molto tradizionale, cioè molto legata ai percorsi di studio che andavamo di moda 30/40 anni fa, con un corpo docente che per quanto possa essere valido comunque ragiona ancora in una chiave che oggi non è più attuale.

In realtà noi siamo in un periodo di formazione continua: un master serve solo per entrare nel mondo del lavoro o bisognerebbe farne tanti altri per tenersi aggiornati?

Serve sicuramente molto al momento di entrare nel mondo del lavoro, dopodiché credo che la cosa più importante sia la curiosità. Io continuo a dire che ogni giorno imparo qualcosa e probabilmente il giorno in cui entrerò in azienda, a "Il Sole 24 Ore" con la presunzione di sapere tutto mi lascerò scappare delle opportunità importantissime. Bisogna avere l'umiltà di volere imparare tutti i giorni.

Qual è invece la situazione delle scuole di riconversione?

Al momento sinceramente non ne vedo. Credo che questo sia un grosso problema perché tra le persone che si sono laureate o sono entrate nel mondo del lavoro 20/25 anni fa, ci sono sicuramente delle professionalità di altissimo livello che quando hanno l'occasione di poterlo dimostrare, ti danno sicuramente la prova di saper fare tanto quanto - se non addirittura meglio - rispetto a persone che magari sono due settimane prima da un master.

Quindi, forse andrà tenuta in considerazione l'idea di riaprire le università.

Sì, riaprire le università, creando però dei percorsi di formazione che possano consentire a persone che magari hanno svolto delle mansioni completamente diverse di transitare all'interno di nuove professionalità. Non credo che sia così difficile, ma è possibile. Basta avere un po' di buona volontà e la possibilità di farlo, ma ti devono dare l'opportunità ovviamente.

Il Sole 24 Ore