La Crisi delle Telecom
Telecomunicazioni: il grande cambiamento
Fino a pochi anni fa, il settore delle telecomunicazioni era
caratterizzato da una serie di monopoli nazionali. Dopo le aperture
alla concorrenza, avvenute nel corso degli anni Ottanta, negli Stati
Uniti e in Gran Bretagna, il processo di liberalizzazione si è
esteso anche al resto d'Europa e del mondo. A cambiare non è solo
lo scenario di mercato, ma anche il modello di business delle
società di telecomunicazione: il traffico della "voce"
man mano perde importanza, a partire dagli anni Novanta, a vantaggio
della trasmissione dei dati e di Internet. Ciò ha comportato anche
maggiori investimenti in infrastrutture capaci di supportare i nuovi
servizi per la clientela.
Crescita addio?
La diffusione di Internet ed il successo della telefonia mobile
hanno fatto balzare i titoli delle società di telecomunicazioni
tradizionali, mentre le nuove società che si affacciavano sul
mercato non hanno avuto difficoltà a reperire capitali sia dai
finanziatori, sia dagli investitori, mediante i collocamenti in
Borsa. Ne sono conseguite un'ondata di fusioni ed acquisizioni, che
hanno coinvolto tutti i principali concorrenti, e che sono culminate
nelle enormi somme spese per le licenze Umts. Da questo punto ha,
però, inizio una netta inversione di tendenza: la sfiducia prende
il sopravvento sui mercati mondiali con un conseguente declino dei
titoli delle telecom, mentre il peso dei debiti contratti nei mesi
precedenti comincia a farsi sentire. Secondo alcuni calcoli i debiti
delle telecom ammonterebbero a 250 miliardi di dollari, ossia 2
volte l'esposizione dell'Argentina. A questa cifra si dovrebbero
aggiungere altri 150-200 miliardi per la costruzione delle reti dei
cellulari di terza generazione. Qualche esempio, tra i casi più
recenti, limitati all'Europa: France
Télécom (60 miliardi di Euro di debiti), ha rinunciato ai suoi
progetti di crescita in Europa Orientale e sta studiando in patria
dismissioni e tagli di costi. Il colosso spagnolo Telefónica
(indebitata per 30 miliardi di Euro) ha appena sciolto la joint
venture con Suez Lyonnaise des Eaux dopo aver rinunciato a
concorrere per una delle 2 licenze francesi di Umts. British
Telecom (30 miliardi di sterline di debito) ha promesso di
vendere asset in Europa Continentale e Asia, nonché di procedere
allo spin-off e quotazione di Bt Wireless (mobile) e Yell (pagine
gialle) per cancellare un terzo dell'esposizione.
Costruttori in crisi?
La crisi del settore delle telecomunicazioni ha coinvolto anche
società come Nokia, Motorola ed Ericsson che, oltre a fornire i
terminali, sono coinvolte nella costruzione delle reti per i servizi
di nuova generazione. Il mercato di sostituzione degli apparecchi
versa in una fase di stanca e le loro prospettive di reddito legate
alla costruzione delle infrastrutture di rete risente delle
incertezze delle società telefoniche loro clienti. Tutte e tre le
società hanno assistito ad una netta discesa del valore dei titoli:
per avere un'idea delle conseguenze generali si pensi che Nokia
costituisce da sola gran parte dell'intera capitalizzazione della
borsa di Helsinki. Il gruppo svedese Ericsson, numero tre mondiale,
ha annunciato che nel primo trimestre 2001 prevede una perdita di
4-5 miliardi di Corone, invece dell'atteso pareggio.
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