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Petrolio, altalena dei prezzi

La nuova crisi Iraq-Onu preoccupa i mercati del greggio

a cura di Adriano Albano


Inflazione e prezzo della benzina ancora in crescita. I continui aumenti, in Italia, del prezzo dei derivati del petrolio sono determinati, spesso, da fattori internazionali. E in queste ore si profila, all'orizzonte, una nuova crisi petrolifera. La decisione dell'Iraq di chiudere le esportazioni di greggio rischia, infatti, di far impennare ulteriormente i prezzi della benzina, in progressivo aumento già da mesi. Il nuovo braccio di ferro tra Iraq e occidente è cominciato 48 ore fa, quando l'Onu ha deciso di prorogare di soltanto due settimane il programma "petrolio in cambio" di aiuti.
La notizia ufficiale di questa decisione la troviamo all'interno del sito delle Nazioni Unite. Una proroga giudicata dal governo di Saddam Hussein non soddisfacente e tale da determinare la serrata dei terminali petroliferi

Occorre ricordare che l'Iraq è una nazione ancora sotto le sanzioni dell'Onu, nonostante siano passati otto anni dalla fine della guerra nel Golfo. La dura protesta del governo iracheno contro l'embargo internazionale, che di fatto blocca la libera espostazione di petrolio, è affidata al sito Iraqui mission.
Una pagina interna di questo manifesto elettronico racconta al mondo le conseguenze dell'embargo petrolifero imposto al regime di Saddam Hussein.
A pagare le conseguenze della stretta internazionale sui mercati iracheni sono, principalmente, i bambini. Un dato certificato anche da rapporti di organismi non governativi. Questi resoconti sono stati prontamente messi in rete dal governo di Baghdad.

Ma la crisi irachena potrebbe presto aggravarsi per un altro motivo. Il partito d'opposizione in esilio, lo Sciri, annuncia, da Damasco, la ripresa dei combattimenti nel nord dell'Iraq, regione abitata principalmente da curdi, tornati sotto l'assedio delle truppe governative.

Una nuova escalation militare alle porte, quindi. Con l'aviazione anglo-americana pronta a colpire al suolo le truppe irachene. Il pentagono mantiene attivo il sito Desertfox, dove sono contenute tutte le notizie sulla sorveglianza delle aree sotto protezione Onu. Anche se non fanno più notizia gli attacchi ad obiettivi militari iracheni non si sono fermati nemmeno nelle ultime settimane.

E la nuova crisi Onu-Iraq potrebbe avere pesanti contraccolpi sul mercato petrolifero internazionale. Anche se la quota attuale di greggio iracheno sul mercato è davvero esigua rispetto al passato. A decidere i prezzi del petrolio, a livello internazionale, è l'Opec, organismo che unisce i Paesi produttori di petrolio. Il sito lo rintracciamo all'indirizzo opec.org.

Scorrendo l'elenco dei membri dell'organizzazione troviamo la pagina dedicata all'Iraq. Nella scheda sono disponibili i dati sull'attuale potenziale petrolifero di quella nazione. Scopriamo, così, che il Paese di Saddam Hussein ha riserve petrolifere stimate in 100.000 milioni di barili di greggio. Un tesoro secondo soltanto a quello presente nei giacimenti dell'Arabia saudita. Ma quel potere commerciale resta congelato dalle sanzioni. La conferma dalla bilancia commerciale che segna, per l'Iraq, un deficit di 350 milioni di dollari.

Lo stallo iracheno può essere quindi considerato come uno dei principali fattori di condizionamento dei prezzi del petrolio e quindi della benzina. Un sito utile a conoscere le prospettive del mercato petrolifero è Oilonline.com. Le pagine contengono le ultime quotazioni del greggio e le ultime novità politiche ed economiche che possono condizionare produzione e commercializzazione del prezioso combustibile.

Un link ci conduce al capitolo dedicato allo studio dei prezzi. Qui scopriamo una interessante anticipazione. George Clemen, analista economico, prevede il prossimo abbattimento dei prezzi. L'Arabia saudita, secondo recenti studi, sarebbe pronta a immettere sul mercato nuove scorte. Obiettivo dell'operazione: abbassare i prezzi a favore delle nazioni con alti consumi petroliferi. Un segnale positivo anche per l'Italia che in queste ore deve fare fronte a un aumento dell'inflazione, dovuto proprio alla febbre dai prezzi che ha colpito i prodotti come benzina e altri combustibili.

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