Spesso
i bambini e gli adolescenti davanti allo schermo di un computer
restano quasi incantanti. Imparano ad usarlo per scrivere, per
studiare, per eseguire operazioni matematiche e soprattutto per
esplorare Internet. Da uno studio realizzato da Telefono
Azzurro, in collaborazione con l'Università di Bologna, risulta
alta ormai la percentuale di bambini italiani tra i 6 e i 14 anni che
sanno navigare meglio dei loro genitori e che lo fanno abitualmente
per fare ricerche e per comunicare con gli amici.
"È ancora presto valutare nel complesso come cresce una
generazione che da subito impara ad utilizzare il computer per ogni
attività di studio o di svago", spiega il linguista Raffaele
Simone, "Certo, gli stimoli intellettivi sono sicuramente
maggiori di quelli ricevuti da una generazione cresciuta soltanto con
i libri. Il computer, per contro, non alimenta affatto la socialità
di questi ragazzi".
Ma
se nella stanza dei computer li si accompagna tutti insieme allora
anche la socialità è stimolata. Questo cerca di fare, per esempio,
Suor Caterina Cangià con i suoi bambini della Bottega d'Europa. Qui
lo studio delle lingue e dell'attività teatrale è supportata dal
computer, e i bambini, da subito, imparano ad usarlo stando l'uno
accanto all'altro. Caterina Cangià dimostra come il computer debba
essere inserito intelligentemente in una architettura didattica ben
definita. Il computer è di grande utilità nello studio di materie
come le lingue straniere, perché mette a disposizione dei bambini la
possibilità di ascoltare ripetutamente una pronuncia corretta. Se i
bambini imparano ad usarlo insieme, diventa uno strumento per
imparare, da condividere e rispetto al quale non si sviluppa alcuna
competizione e che stimola a fare tante altre cose fuori dall'aula.
Per queste finalità la scelta del software è fondamentale perché
deve essere studiato e concepito proprio per sviluppare un uso
collaborativo del computer. I bambini si divertono a studiare, per
esempio l'inglese, insieme, cercando le parole sullo schermo, dopo
aver riconosciuto la loro pronuncia. Si aiutano a vicenda e sono
guidati da programmi ben studiati per farlo, che sono, evidentemente,
di grande utilità anche per gli insegnanti.
Uno dei modi in cui più facilmente, con più naturalezza, il
bambino si lascia affiancare dal computer è quello del gioco e
soprattutto del videogioco. Uno studio recente della Società
Italiana di Pediatria ha riscontrato proprio questo entusiasmo per
i videogiochi su un campione di 1000 bambini tra i 9 e i 13 anni. Non
solo li adorano, ma li considerano importanti soprattutto per imparare
a fare cose pratiche come guidare un'auto o una moto, o per diventare,
in generale, 'una persona in gamba'. Un dato preoccupante, secondo
alcuni, perché denuncerebbe una forte responsabilità dei videogiochi
nel confondere realtà e irrealtà nella mente del bambino, portandolo
ad una forma di isolamento negativa per la sua crescita.
Francesco
Antinucci, dell'Istituto di Psicologia del CNR, sottolinea però
anche le valenze positive dell'uso dei videogiochi:"Gli adulti
sono portati a considerare solo la superficie dell'attività del
videogioco. Si limitano a verificare che il ragazzo, davanti allo
schermo di un computer, è solo. In realtà, però, il videogioco è
un elemento di forte socializzazione, una socializzazione che avviene
in differita ma che è continua ed è quella che si crea nel momento
in cui i ragazzi si confrontano sui videogiochi che più amano, sui
risultati che riescono ad ottenere e sulle abilità sviluppate. E per
capire questo, basta parlare con questi ragazzi che 'videogiocano' e
chiedere loro il senso di quello che stanno facendo".
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