Tema del 12 novembre 1999
COMMERCIO ELETTRONICO
di Elena Capparelli, Michele Alberico e Antonio Leonardi
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Le nuove tecnologie e, in particolare, Internet sembrano riservare
alcune sorprese per il nostro futuro. Tra queste c'è un nuovo modo di
vendere e comprare. Il World Wide Web è ormai un grande emporio dove
possiamo navigare attraverso negozi virtuali, scegliere i prodotti e i
servizi che ci interessano, ordinarli on-line, pagarli con la carta di
credito e poi attendere che i nostri acquisti ci vengano recapitati a
casa. E negli ultimi mesi anche in Italia sta crescendo un grande
interesse intorno al fenomeno, accompagnato da una sempre maggiore
risonanza sulla carta stampata. Basta sfogliare alcuni titoli di
articoli presi dai principali quotidiani per vedere quanto l'e-commerce,
abbia assunto un ruolo di primo nell'informazione di attualità.
"Quanta pazienza per lo shopping on line. E' boom, ma i tempi di
consegna restano ancora lunghi" ha ad esempio intitolato La
Stampa lo scorso otto ottobre, o il risalto dato dalla Repubblica alla
notizia della nascita a Dubai, di Internet-city quale capitale del
Commercio Elettronico.
I navigatori di Internet che si affidano allo shopping elettronico
sono sempre di più. Se cresce la domanda, cresce anche l'offerta:
ormai in Rete si può acquistare di tutto, anche prodotti che sembrano
molto lontani dal mondo del Web. Come nel caso del sito di Esperya, un
negozio, anzi una bottega, come la definiscono i suoi fondatori,
specializzata nella vendita di prodotti gastronomiche regionali
italiane. Quello tra i prodotti freschi e Internet sembra un connubio
piuttosto inconsueto. Eppure funziona.
I dati sul commercio elettronico
Secondo i dati pubblicati nell'aprile del 1999
dalla Ernst and
Young, nota società
di consulenze e indagini di mercato, i siti di e-commerce, a
livello mondiale, sono passati nello scorso anno da 165mila a
oltre 250mila, con una media mensile di crescita pari all'8,7%.
Si valuta che, prima della fine del 2001, dovrebbero raggiungere
la quota di un milione. Circa la metà degli esercizi censiti
appartengono a Stati Uniti e Canada, ma se all'inizio del '97 i
siti europei non arrivavano al 25% del totale alla fine del '98
erano già il 36%. Quanto denaro muove l'e-commerce? A livello
globale nel 1997 le transazioni commerciali in Rete sono
arrivate a 10 miliardi di dollari, che nel '98 sono diventati 23
e nel '99 dovrebbero oscillare tra i 35 e i 50 miliardi di
dollari a seconda delle fonti.Attualmente in Italia il business
del commercio elettronico è ancora ad uno stadio embrionale.
Anche se sono più di 56 mila le imprese italiane che hanno
realizzato siti di promozione o vetrina, nel '98 non erano più
di 300 i siti a proporre commercio "business to
consumer" cioè dall'azienda al singolo cliente. Alla fine
del '99 si calcola che l'e-commerce avrà un giro d'affari pari
a 2.250 miliardi di lire e che nel duemila raggiungerà i 7500
miliardi Dei circa 2300 miliardi previsti per quest'anno, 2000
verranno dal business to business cioè dalle transazioni
commerciali tra imprese e solo 250 dalla vendita diretta al
consumatore.Tuttavia solo una parte di questo denaro resterà in
Italia. Si calcola infatti che la quota delle transazioni
generate da siti nostrani non supererà il 50%. Stando a queste
cifre, recentemente confermate da una ricerca di mercato
realizzata da una società tedesca, l'Italia si piazza al quarto
posto nella classifica dell'e-commerce europeo dopo la Gran
Bretagna, che vanta un volume di transazioni 5 volte superiore,
e dopo la Germania e la Francia attestate entrambe su un volume
di scambi triplo del nostro.
di Tommaso Russo |
Secondo una ricerca della Nfo
Interactive, più di 27 milioni di famiglie effettuano acquisti
online, sembra che il commercio elettronico stia decollando anche
dalle nostre parti. Coloro che qualche anno fa hanno creduto e
investito nell'e-commerce oggi cominciano a raccogliere i primi
frutti. E anche per le aziende tradizionali il mondo digitale e' ormai
entrato a pieno titolo tra le strategie di marketing e di vendita. Un
mondo in pieno fermento da tenere sotto osservazione. Ed e' proprio
questo il compito dell'Osservatorio
Internet Italia, della Scuola
di direzione aziendale dell'Università Bocconi a Milano.
Che fare per lanciarsi nel mondo del commercio digitale? Prima di
tutto, serve naturalmente un'idea e una buona conoscenza dei
meccanismi della Rete. E poi servono dei capitali per decollare. Fino
a pochi anni fa il Web conservava ancora un aspetto artigianale, in
stile "fai da te". In passato un capitale iniziale
relativamente modesto poteva bastare. Oggi questo e' sempre meno vero.
Il livello tecnologico e di know how minimo per esordire sul mercato
del Web richiede investimenti molto più forti. Negli Stati Uniti
questi capitali vengono spesso forniti dalle cosiddette società di
"venture capital" che selezionano le iniziative più
promettenti e le finanziano. Da noi i venture capitalist sono ancora
piuttosto rari. Uno di loro e' Elserino Piol che attraverso la sua
società Kiwi I ha finanziato parecchie delle nuove realtà di
e-commerce in Italia.
L'esperienza e l'iniziativa, tuttavia, da sole non bastano. Sul
mercato attuale, e ancora di più per le transazioni commerciali in
Rete, contano molto i rapporti e le unioni con altre aziende. Per chi
ha una buona idea è meglio cercare di restare "in proprio"
e conquistarsi una visibilità sul Web oppure cercare alleanze con i
grandi portali e i siti che hanno già visibilità.
Il Web e' un oceano affollato da milioni di pagine e chi vuole fare
affari deve emergere. Bisogna che il proprio marchio sia conosciuto e
riconosciuto. Per questo alcune realtà di e-commerce emergenti
decidono di allearsi o unirsi a siti che garantiscono una visibilità
molto maggiore. Come per esempio i cosiddetti portali. Qui gli utenti
trovano informazioni, servizi, la possibilità di usare un motore di
ricerca e, sempre più spesso, anche le vetrine dei negozi online.Ma
ultimamente c'è un altro fenomeno che emerge nel mondo dell'e-commerce.
Anziché aprire un proprio sito che richiederebbe forti investimenti,
conoscenze specialistiche del funzionamento della Rete e che, inoltre,
correrebbe il rischio di affogare nel mare di pagine del Web, i
privati o i piccoli commercianti che vogliono vendere qualcosa online
hanno oggi una nuova possibilità.
Il caso più eclatante di e-commerce di successo rimane comunque Amazon.com. Il sito di
Amazon, è stato aperto agli utenti nel luglio
del 1995 e si è rapidamente imposto come la più grande libreria
virtuale del mondo. Un particolare curioso e' che la fortuna di Amazon
sono stati proprio i libri, quel medium che secondo alcuni rischia
l'estinzione a vantaggio dei testi elettronici. Oggi Amazon è molto
di più di una libreria. Vi si possono acquistare dischi, giocattoli,
apparecchi elettronici e molto altro ancora. E la società è un
modello per chiunque si affacci nel mondo dell'e-commerce.
Solo quattro anni fa
Jeff
Bezos, il fondatore di Amazon, e i suoi
soci lavoravano in un sottoscala. O quasi. Secondo Bezos, la chiave
del successo è "viziare" i propri clienti. Perché
conquistare la fiducia di un cliente e convincerlo ad inviare in Rete
i propri dati personali e il proprio numero di carta di credito non è
semplicissimo. Ma riconquistare la fiducia dopo che un cliente l'ha
perduta è quasi impossibile. E la fiducia è una questione su cui i
cyber acquirenti sono molto sensibili. Ancora secondo la Nfo
Interactive, il 67 per cento degli acquirenti acquista solo da siti
che garantiscono la privacy dei dati personali. Per il 25 per cento è
fondamentale la possibilità di restituire la merce se non sono
soddisfatti, mentre il 12 per cento è incoraggiato dalla possibilità
di contattare un centro di assistenza. Per contro, a parità di prezzo
e di qualità della merce, i numeri mostrano che i clienti fuggono dai
siti dalla grafica poco chiara e che non riportano indicazioni precise
sui sistemi di pagamento, sulle modalità di spedizione e sulla tutela
dei dati personali. Questi dati sono significativi anche per capire la
situazione italiana, dove l'e-commerce è un settore in crescita anche
se costituisce ancora una fetta di mercato relativamente piccola.
Secondo Giuseppe Turani, giornalista di Repubblica ed esperto di
economia, il problema per l'Italia è principalmente di tipo culturale
e legato ad una mentalità in cui l'acquisto passa ancora attraverso
un rapporto faccia a faccia con il venditore. Le esperienze di cui ci
siamo occupati, dimostrano, tuttavia, che una delle chiavi del
successo è la capacità di sfruttare il valore aggiunto della Rete in
modo che le persone siano disposte a rinunciare all'acquisto di tipo
tradizionale. I siti che hanno saputo cogliere questa esigenza di
mercato si sono immediatamente trasformati in gigantesche fonti di
guadagno. Come dimostra l'ultimo rapporto sulla penetrazione del
commercio elettronico della società di consulenza The Boston
Consulting Group e del sito Shop.org, in Europa il 75% del mercato e'
fatto da 50 siti online e il 43% dei ricavi e' generato da 10 online
retailers. Chi ce la fa, insomma, riesce ad avere un notevole successo
ed il futuro sembra aperto per tutti coloro che sapranno sfruttare in
maniera creativa le risorse della Rete per vendere e comprare. |
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